Disse Rabbàn Shimòn ben Gamlièl: non vi furono giorni festivi per Israele come il 15 di Av e il giorno di Kippur, nei quali le ragazze di Gerusalemme uscivano con abiti presi in prestito per non imbarazzare chi non ne aveva. … le ragazze di Gerusalemme uscivano e ballavano tra le vigne. E che cosa dicevano? Ragazzo, alza i tuoi occhi e guarda ciò che scegli per te … TB Ta’anit 26b
Dopo Tishà Beav, il digiuno che ricorda i peggiori disastri accaduti al popolo ebraico, Tu Beav – il 15 del mese di Av – è la giornata che nella tradizione ebraica veniva dedicata, tra l’altro, anche all’organizzazione di fidanzamenti, la base per la costruzione di nuove famiglie, e che oggi, dopo l’intervallo delle tre settimane di lutto in ricordo della distruzione del Tempio e altri eventi catastrofici, viene utilizzato per celebrare matrimoni. Qualcuno usa definire Tu Beav come il San Valentino del calendario ebraico, la giornata dedicata all’ amore di coppia. In realtà, per quanto veda con favore l’amore romantico (si pensi all’amore a prima vista scoppiato tra Giacobbe e Rachele), la tradizione ebraica pone la propria attenzione soprattutto allo stadio della costruzione di una famiglia. Proprio in questi giorni la Camera ha approvato il Family Act, la legge che cerca di porre lo sviluppo della famiglia tra le priorità della società, stabilendo contributi rilevanti per la famiglia, con l’intento di favorire la formazione di nuove famiglie e incentivare così l’incremento demografico che in Italia viaggia verso valori inferiori allo zero. Il Governo si sta muovendo in ritardo per affrontare il problema dell’invecchiamento che ha già prodotti gravi guai in vari settori della società
La Comunità ebraica è ovviamente uno specchio della società nazionale: le gravi perdite dovute alla Shoà prima all’abbandono poi di molti ebrei, a causa dei matrimoni misti, hanno eliminati alcune comunità e la mancanza di matrimoni ebraici e la denatalità hanno finito con il ridurre la presenza ebraica sempre più a rischio. Un tempo un ebreo che voleva formare una famiglia ebraica si muoveva dalla propria città e faceva anche molti chilometri per cercare un partner. Per molti anni la Federazione Giovanile Ebraica d’Italia e successivamente l’Ugei hanno creato attività per i giovani di tutte le Comunità.
Il “Campeggio estivo” era il Tu Beav dell’ebraismo italiano, perché era lì che giovani di piccole comunità potevano incontrare il proprio partner. Oggi si aspetta che questi incontri possano accadere per caso, ma dato l’esiguo numero di giovani ebrei nelle piccole comunità la probabilità di matrimonio endogamico è molto bassa: alla fine anche i più determinati finiscono per rinunciare a trovare un partner ebreo.
Anche le Comunità e l’Unione che le rappresenta dovrebbero creare un Family Act, investendo tempo, energie e fondi per creare attività e formazione giovanile, creando incentivi per formazione di gruppi con la creazione di giovani leader.
I Consigli delle Comunità dedicano molto più tempo a creare attività culturali e musei, dedicati a celebrare i fasti del passato, piuttosto che a escogitare nuovi format che possano attrarre i giovani. Queste attività dovranno essere organizzate direttamente dai giovani, in quanto come per il passato, sono i primi a conoscere come attirare i propri coetanei e incidere sul futuro di tutta la comunità (vi ricordate le sardine?). La responsabilità della situazione di degrado è certamente dei Consigli, ma anche delle guide spirituali (in senso lato) che dovrebbero avere a cuore il futuro delle Comunità e dell’ebraismo italiano in sé e della sua permanenza nel panorama culturale e religioso italiano.
L’ebraismo italiano per le sue caratteristiche rappresenta una cellula importante e unica nella sua specie tra le Comunità della Diaspora. Per salvarlo, qualcuno ha proposto di trasferirlo in blocco in Israele: sapranno gli ebrei italiani accettare la sfida e trovare una soluzione dignitosa rimanendo in Italia?