Banalizzazione 1: L’eccidio di omosessuali nei campi di sterminio diventa Homocaust (con l’aiuto di intellettuali ebrei). Domanda: Visto che nei campi morirono anche comunisti e criminali comuni ora avremo anche Kommuncaust e Krimicaust? DP
Ebrei ed Omosessuali per ricordare insieme la Shoà e l’Homocaust: evento non stop organizzato dall’Associazione “Ecad” in occasione del GIORNO DELLA MEMORIA 2009.
“La memoria degli altri” – questo il titolo dell’iniziativa culturale ideata da Vittorio Pavoncello – giunge qui alla sua terza edizione, dopo gli eventi degli anni precedenti dedicati rispettivamente ad “Ebrei e Rom” (Auditorium Ara Pacis, 2006) ed “Ebrei e Disabili” (Auditorium Parco della Musica, 2007). Nella cornice multipiano del Qube, lunedì 26 gennaio, dalle 11 alle 24, la Shoà sarà così ricordata attraverso testimonianze parlate, discusse, filmate, raffigurate e interpretate che oltre a tracciare la storia passata, cercheranno di disegnare più civili modi di comprensione, analisi e dialogo per le persone e gruppi che da sempre hanno costituito fonte e stimolo per l’identità europea.
Tra gli argomenti affrontati negli incontri-dibattito Gianfranco Goretti tratterà delle politiche discriminatorie nei confronti degli omosessuali durante la seconda guerra mondiale. Si parlerà anche di Genetica e Sessualità, a partire dalle riflessioni di Magnus Hirschfeld, una delle figure dominanti nell’ambito della difesa dei diritti politici degli omosessuali (1868-1935): ebreo, omosessuale e social–democratico, Hirschfeld si occupò di studi di sessuologia, espresse il concetto di terzo sesso e fondò il “Comitato scientifico-umanitario” e l’“Istituto di Scienze Sessuali”. Tra i relatori si segnalano le presenze di Luigi Attenasio, Imma Battaglia, Anna Foa, Pupa Garribba, Franco Grillini, Enrico Oliari, Angelo Pezzana, Rossana Praitano, Marcello Pezzetti, Marco Reglia e Franco Siddi.
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Banalizzazione 2: David Bidussa stigmatizza l’evocazione della Shoah quando si parla di aborto.
David Bidussa
Il passato diventa un racconto docile non perché fondato sull’oblio, ma sull’indifferenza e sull’irrilevanza. Oppure sulla retorica che dice “Mai più!”. E’ bene sapere che in quella retorica scompaiono molte cose: il contesto, l’analisi degli atti, lo scavo nella mentalità. In sostanza la società concreta. Se intorno a tutto questo prevale – come su molte altre questioni della storia – il sensazionalismo, alla fine il risultato è che il passato diventa banale. La banalizzazione si consolida soprattutto nel linguaggio collettivo. Riguarda non un argomento, ma la diffusione di un sentimento che costruisce una convinzione. E’ intorno a quel sentimento, caricato di retorica, che occorre lavorare culturalmente. Così: se diventa pratica comune definire con la parola olocausto qualsiasi atto che colpisce la vita; se l’aborto o la distruzione di embrioni vengono intesi come l’equivalente della Shoah; se “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci viene assimilato a “Se questo è un uomo” di Primo Levi, allora la banalizzazione ha vinto sotto i panni della falsa assolutizzazione. La sensazione è che già alla data di oggi essa abbia segnato grossi punti a suo favore. Per questo dire “Mai più!” rischia di essere l’aiuto più consistente ed efficace alla banalizzazione.
Dalla newsletter Unione Informa del 25 gennaio 2008