Herbert Pagani era un ebreo di Tripoli, era un cantautore di sinistra, ma era anche ebreo e sionista, morto nel 1988. Questa la sua arringa per la sua terra, bellissima e vera, uscì in francese Plaidoyer pour ma terre. La scrisse nel 1975 quando l’Onu con una sua risoluzione paragonò il sionismo al razzismo.
Tragicamente attuale.
Di passaggio a Fiumicino sento due turisti dire, sfogliando un giornale:
“Fra guerre e attentati non si parla che di ebrei, che scocciatori…”
È vero, siamo dei rompiscatole, sono secoli che rompiamo le balle all’universo.
Che volete. Fa parte della nostra natura.
Ha cominciato Abramo col suo Dio unico, poi Mosè con le Tavole della Legge,
poi Gesù con l’altra guancia sempre pronta per la seconda sberla,
poi Freud, Marx, Einstein, tutti esseri imbarazzanti, rivoluzionari, nemici dell’ordine.
Perché? Perché l’ordine, quale che fosse il secolo, non poteva soddisfarli,
visto che era un ordine dal quale erano regolarmente esclusi;
rimettere in discussione, cambiare il mondo per cambiare destino,
questo è stato il destino dei miei antenati;
per questo sono sempre stati odiati da tutti i paladini dell’ordine prestabilito.
L’antisemita di destra rimprovera agli ebrei di aver fatto la rivoluzione bolscevica.
È vero. C’erano molti ebrei nel 1917.
L’antisemita di sinistra rimprovera agli ebrei di essere
i proprietari di Manhattan, i gestori del capitalismo…
È vero ci sono molti capitalisti ebrei.
La ragione è semplice: la cultura, la religione, l’idea rivoluzionaria da una parte,
i portafogli e le banche dall’altra sono stati gli unici valori mobili,
le sole patrie possibili per quelli che non avevano una patria.
Ora che una patria esiste, l’antisemitismo rinasce dalle sue ceneri,
o meglio, scusate, dalle nostre, e si chiama antisionismo.
Prima si applicava agli individui, adesso viene applicato a una nazione.
Israele è un ghetto, Gerusalemme è Varsavia.
Chi ci assedia non sono più i tedeschi ma gli arabi
e se la loro mezzaluna si è talvolta mascherata da falce
era per meglio fregare le sinistre del mondo intero.
Io, ebreo di sinistra, me ne sbatto di una sinistra che vuole liberare
gli uomini a spese di una minoranza, perché io faccio parte di questa minoranza.
Se la sinistra ci tiene a contarmi fra i suoi non può eludere il mio problema.
E il mio problema è che dopo le deportazioni in massa operate
dai romani nel primo secolo dell’era volgare, noi siamo stati ovunque
banditi, schiacciati, odiati, spogliati, inseguiti e convertiti a forza.
Perché? …perché la nostra religione, cioè la nostra cultura, erano pericolose.
Qualche esempio?
Il giudaismo è stato il primo a creare il sabato, il giorno del Signore,
giorno di riposo obbligatorio. Insomma il week-end.
Immaginate la gioia dei faraoni, sempre in ritardo di una piramide.
Il giudaismo proibisce la schiavitù.
Immaginate la simpatia dei romani,
i più grossi importatori di manodopera gratuita dell’antichità.
Nella Bibbia è scritto: “La terra non appartiene all’uomo, ma a Dio”;
da questa frase scaturisce una legge, quella della estinzione automatica
dei diritti di proprietà ogni 49 anni.
Vi immaginate la reazione dei papi del medioevo e degli imperatori del Rinascimento?
Non bisognava che il popolo sapesse.
Si cominciò quindi col proibire la lettura della Bibbia, che venne svalutata come Vecchio Testamento.
Poi ci fu la maldicenza: muri di calunnie che divennero muri di pietra: i ghetti.
Poi ci furono l’indice, l’inquisizione e più tardi le stelle gialle.
Ma Auschwitz non è che un esempio industriale di genocidio.
Di genocidi artigianali ce ne sono stati a migliaia.
Mi ci vorrebbero dieci giorni solo per fare la lista
di tutti i pogrom di Spagna, Russia, Polonia e Nord Africa.
A forza di fuggire, di spostarsi, l’ebreo è andato dappertutto.
Si estrapola il significato e eccoci giudicati gente di nessun posto.
Noi siamo in mezzo ad altri popoli come gli orfani affidati al brefotrofio.
Io non voglio più essere adottato, non voglio più che la mia vita
dipenda dall’umore dei miei padroni di casa, non voglio più affittare una
cittadinanza, ne ho abbastanza di bussare alle porte della storia
e di aspettare che mi dicano: “Avanti!”.
Stavolta entro e grido; mi sento a casa mia sulla terra e sulla terra ho la mia terra.
Perché l’espressione terra promessa deve valere per tutti i popoli
meno che per quello che l’ha inventata?
Che cos’è il sionismo?
…si riduce a una sola frase: l’anno prossimo a Gerusalemme.
No, non è lo slogan di qualche club di vacanza;
è scritto nella Bibbia, il libro più venduto e peggio letto del mondo.
E questa preghiera è divenuta un grido, un grido che ha più di duemila anni,
e i padri di Cristoforo Colombo, di Kafka, di Proust, di Chagall, di Marx,
di Einstein, di Modigliani, e di Woody Allen l’hanno ripetuta, questa frase,
almeno una volta all’anno: il giorno della Pasqua.
Allora il sionismo è razzismo?
Ma non fatemi ridere.
Il sionismo è il nome di una lotta di liberazione
e come ogni movimento democratico ha le sue destre e le sue sinistre.
Nel mondo ciascuno ha i suoi ebrei.
I francesi hanno i còrsi, i lavoratori algerini; gli italiani hanno i terroni e i terremotati;
gli americani hanno i negri, i portoricani; gli uomini hanno le donne;
la Società ha i ladri, gli omosessuali, gli handicappati.
Noi siamo gli ebrei di tutti.
A quelli che mi chiedono: “e i palestinesi?”
Rispondo “io sono un palestinese di duemila anni fa,
sono l’oppresso più vecchio del mondo,
sono pronto a discutere con loro ma non a cedergli la terra che ho lavorato.
Tanto più che laggiù c’è posto per due popoli e due nazioni”
Le frontiere le dobbiamo disegnare insieme.
Tutta la sinistra sionista cerca da trent’anni degli interlocutori palestinesi,
ma l’OLP, incoraggiata dal capitale arabo e dalle sinistre europee,
si è chiusa in un irredentismo che sta costando la vita a tutto un popolo,
un popolo che mi è fratello, ma che vuole forgiare la sua indipendenza sulle mie ceneri.
C’è scritto sulla carta dell’OLP:
“Verranno accettati nella Palestina riunificata solo gli ebrei venuti prima del 1917”
A questo punto devo essere solidale con la mia gente.
Quando gli arabi mi riconosceranno, mi batterò insieme a loro contro i nostri comuni oppressori.
Ma per oggi la famosa frase di Cartesio “penso, dunque sono” non ha nessun valore.
Noi ebrei sono cinquemila anni che pensiamo e ci negano ancora il diritto di esistere.
Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire “mi difendo, dunque sono”