Rav Scialom Bahbout
Ogni festività non ebraica, definibile come religiosa o meno, richiede da parte di ogni ebreo una riflessione sull’opportunità o meno di parteciparvi. Mentre vi sono alcune date che sono chiaramente civili (il 25 aprile e il 2 giugno, un tempo anche il 4 novembre), ve ne sono altre che hanno un’origine che è religiosa anche se ha in gran parte perso questo significato: mi riferisco ad esempio al 1° gennaio e al 15 agosto (Ferragosto) che sono date che la cultura laica occidentale ha fatto proprie. L’attenzione ebraica è rivolta anche alle date che sembrano avere un significato neutrale: la partecipazione a eventi e feste in quelle date non è del tutto riducibile a qualcosa di “civile”, ma ha una grande valenza sociale che per forza di cose ha un’influenza sulla vita di coloro che vi partecipano.
La recente festività di Halloween rientra in quelle date che hanno una chiara origine religiosa e che si è trasformata nel corso del tempo, diventando una festa che ha connotati simili per certi versi al Carnevale e a Purim. Il problema fondamentale è che Halloween è una festa che parla soprattutto ai ragazzi e ai giovani e quindi festeggiarla è ulteriormente poco indicato, perché sono proprio i giovani che sono sottoposti all’influenza più penetrante di questa festa. Halloween è particolarmente diffusa in paesi come gli Stati Uniti, ma oramai si sta diffondendo rapidamente anche in Italia.
Cosa ha da dire l’ebraismo in merito?
L’Ebraismo non mancherebbe di strumenti per rendere “kasher” Halloween e in questo si sono cimentati alcuni rabbini americani: l’assimilazione ha diverse armi a sua disposizione e la partecipazione a una festa non ebraica è tra gli atteggiamenti che vanno evitati, anche se sembrano del tutto “innocui”.
Alcuni hanno osservato che l’uso ebraico in queste feste di gioia è piuttosto quello di dare, ma non di chiedere per ricevere: a Purim si fanno doni ai bisognosi e si mandano cibi alle persone. Il contrario di ciò che avviene in questa festa. Come deve reagire un ebreo se qualcuno bussa alla sua porta dicendo “Dolcetto o scherzetto”? In questo caso partecipare dall’esterno, dando anche un dolcetto, è opportuno perché i rapporti con i vicini devono essere improntati alla pace (Darkhè shalom) e può essere un’occasione per combattere l’antisemitismo (‘evà), che potrebbe nascere in caso di rifiuto.
Come per il caso della richiesta di certificazione per Impossible pork (la cui kasheruth non è stata approvata), il problema è come sempre dove porre il limite tra ciò che è chiaramente permesso e ciò che va evitato per evitare facili scivolamenti.
L’ebraismo è rispettoso delle feste degli altri, ma insegna che siamo tenuti a non assumere atteggiamenti che potrebbero portare a un allontanamento progressivo dai comportamenti corretti secondo la tradizione.