Le recenti dichiarazioni del Ministro della Giustizia Nordio hanno scatenato un grande dibattito in tutte le sedi. Il problema non è nuovo e la Halakhà se n’è occupata in passato anche quando i sistemi di comunicazione erano diversi: naturalmente quelli nuovi rendono più urgente l’intervento della tradizione su un sistema che ha invaso la vita quotidiana e la privacy di ogni persona.
Il Hèrem di Rabbènu Ghershòm
La proibizione o meno di intercettare una conversazione telefonica rientra nel Hèrem (interdizione dalla vita pubblica) di rabbènu Ghershòm, l’ uno dei grandi maestri ashkenaziti, vissuto in Francia tra il 950 circa e il 1028, cui vengono attribuiti molti decreti (takkanoth) atti a regolamentare la vita delle comunità. Particolarmente famosi sono quelli che riguardano lo status della donna: la proibizione della poligamia e il divieto di dare un divorzio alla moglie contro la sua volontà. Meno nota, ma non meno importante, è la takkanà relativa all’obbligo di rispettare la segretezza della corrispondenza, disposizione che ci è giunta in varie formulazioni. In realtà la paternità e l’esatta formulazione delle takkanoth attribuite a Rabbènu Gershòm è fonte di discussione (si veda in proposito Enciclopedia Talmudit, vol. 17, Hèrem derabbènu Ghershòm e l’appendice relativa a pag. 557).
Prima di essere consegnata al destinatario, la corrispondenza passa da una mano all’altra (oggi da un sms all’altro) e vi è il serio pericolo che possa essere “intercettata” da altre persone. Una comunicazione scritta ha un valore probante assai superiore a quella orale, che può essere facilmente distorta e quindi contraddetta: è chiaro quindi il danno che può derivare dal fatto che qualcuno possa venire a conoscenza di segreti contenuti in una lettera che il mittente non intenda divulgare a terzi.
Per esempio, la lettura di una lettera che contenga indiscrezioni di ordine economico e finanziario oppure personali, può produrre gravi effetti economici a chi l’ha scritta o ad altre persone o società, avere conseguenze devastanti sulla vita privata e coniugale. A tale ultimo riguardo, nel rapporto tra marito e moglie, il timore di ferire la privacy della coppia non può essere applicato in quanto nelle condizioni prematrimoniali è scritto: “che non celino nulla l’uno all’altra, e viceversa, ma che vivano con amore e affetto” ed è quindi necessario siano resi al corrente se vi sono notizie che non gli sono note (Responsa Maarik Colon 57).
Le sanzioni del Herem
Ribadire una semplice proibizione non era sufficiente; era necessario stabilire una sanzione dura ed efficace contro questo abuso e il hèrem, che è una sorta di interdizione dalla vita pubblica, poteva costituire un deterrente ben più forte. Rabbènu Ghershòm così definisce la sua takkanà: “Hèrem per chi vede la lettera scritta da una persona e inviata a un suo compagno, senza che egli lo sappia; ma se getta la lettera, è permesso (leggerla”). L’effetto del hèrem è quello di produrre un vero e proprio isolamento della persona dalla vita sociale e religiosa. In mancanza di un’autorità statale che abbia capacità coercitiva, il hèrem rappresentava l’arma in possesso della comunità per combattere gli abusi.
Ascoltare una conversazione telefonica di un’altra persona senza il suo permesso, rientra nel hèrem di rabbènu Ghershòm? L’opinione prevalente in proposito (rav A. Sherman, Piskè din rabbaniim, XIV, 292; Piskè din rabbaniim XIV, 307) è che si tratti di un’azione chiaramente proibita, anche se non tutti sono d’accordo che possa essere inclusa nel hèrem. Rav S. Dikhovsky (Tehumin XI, 299) sostiene che l’intercettazione di una conversazione rientra nel hèrem in quanto, in sostanza, poca importanza ha il sistema con cui viene svelato un segreto, e oggi l’uso del telefono e della trasmissione dei messaggi via internet o cellulare è diventato il modo consueto per comunicare.
Intercettazioni di persone che svolgono attività criminali
Senza entrare ora nelle motivazioni che hanno indotto Rabbènu Ghershòm a istituire queste takkanoth (si veda in proposito rav Hajim Palagi in Chik’kè Lev, vol. 1, YD 49), e fermo restando che di norma le intercettazioni sono proibite, veniamo ora al caso in cui le intercettazioni siano effettuate per scoprire se una persona svolga attività o abbia intenzioni criminali.
Il problema non è nuovo: se lo erano posto già i Maestri della Mishnà (Sanhedrin 7, 10). Il caso è quello di una persona sospettata di voler commettere o indurre altri a fare idolatria, un reato molto grave e per il quale è prevista la pena di morte. La Mishnà stabilisce che in tal caso si ha l’obbligo di tendere un agguato al sospettato: si manda una persona a porre domande all’indiziato, in modo che possa esprimersi liberamente sulla sua volontà di compiere idolatria o di indurre altri a farla. Si inviano nel contempo, a sua insaputa, due persone che si appostano dietro un cespuglio in modo che, al momento opportuno, possano uscire dal loro nascondiglio e cogliere in flagrante il sospettato.
Dato che compiere atti idolatrici è colpa molto grave, si potrebbe pensare che questo sia l’unico caso in cui sia consentito derogare dal hèrem. A questo dubbio risponde Josef Babad (Minchat chinnuch mizvà 462), operando una distinzione: nel caso dell’idolatria, la Mishnà afferma che si ha l’obbligo di intervenire, mentre negli altri casi in cui è prevista la pena di morte, pur non avendo il dovere di farlo, è comunque consentito ricorrere all’agguato, e questo in quanto lo scopo è quello di sottoporre il trasgressore al giudizio di un tribunale, a vantaggio della collettività.
E’ noto che, secondo la Torà, per comminare una pena è necessaria la testimonianza diretta di almeno due testimoni: in che misura può essere presa in considerazione e accettata come capo d’accusa una dichiarazione registrata? Il hèrem di rabbènu Ghershòm può essere applicato anche all’ascolto di una conversazione telefonica, dalla quale possono poi esserci rilevanti conseguenze per il diritto civile e matrimoniale, oltre che penale? Problemi complessi sui quali esiste già una vasta letteratura e che non può essere riassunta in poche righe.
Per quanto riguarda la discussione che si svolge oggi in Italia sulle intercettazioni, più rilevante è esaminare ciò che afferma la Halakhà in merito all’applicabilità del hèrem ai casi in cui l’intercettazione (l’apertura delle lettere) possa produrre un giovamento per la società: possibili danni o trasgressioni, vantaggi di natura educativa, segreti commerciali e professionali.
Intercettazioni per il bene della collettività
In linea di massima, possiamo affermare che l’intercettazione può essere consentita laddove sia effettuata per il bene della collettività e per portare poi davanti al giudice la persona che ha commesso o sta per commettere una grave trasgressione o sta per fare un danno alla collettività. E’ fondamentale però che i giudici e coloro che sono preposti al controllo delle conversazioni non travalichino i loro compiti, diffondendo i contenuti anche al di fuori delle persone competenti (Tribunale e stretti collaboratori dei giudici), perché in tal caso potrebbero incorrere nel hèrem. Possiamo concludere, come di consueto in tutti i casi di dubbio, che è consigliabile rivolgersi a un’autorità rabbinica competente.
Come creare una società in cui venga rispettato il diritto alla privatezza?
A poco giovano trasmissioni televisive, quale ad esempio il Grande Fratello, o gli articoli comparsi sulla stampa nazionale in cui vengono svelati gossip sulla vita privata di questo o quel personaggio politico con dovizia di fotografie. Il cambiamento deve iniziare dall’alto, e solo allora potrà essere seguito e rafforzato con un altrettanto irreprensibile comportamento della base. Se la segretezza della corrispondenza è rigorosamente rispettata e la privatezza mantenuta (senza dover far ricorso a inutili intercettazioni), allora le persone saranno più libere.
Quanto fosse importante e vitale questo concetto per la formazione di una società migliore, è messo in evidenza dalla benedizione che dette Bil’àm, profeta e nemico d’Israele, al popolo ebraico. Nell’ultima delle sue benedizioni egli afferma “Quanto sono belle le tue tende Israele”. E i Maestri commentano che questa benedizione era dovuta al fatto che Bil’àm aveva osservato che le porte delle tende di una famiglia non si affacciavano sulle porte di altre tende. Il rispetto della privatezza è la migliore delle benedizioni per una società.
Scialom Bahbout (Il testo si basa in parte su: Nahum Rakover, Haaganà ‘al zin’at haprat, Protection of Privacy in Jewish Law, Jerusalem 2006)