Tempio di via Eupili – Milano
Nella Parashà di Haazinu, composta come una shirà, un cantico, c’è un versetto in cui è scritto: “Ricorda i tempi antichi, considera gli anni di ogni generazione”. (32:7). I Chachamim insegnano che la storia è parte integrante della vita ebraica. La Torà ci dice: “Ricorda i giorni antichi, considera gli anni (shenot) di ogni generazione; chiedilo a tuo padre e te lo dirà, ai tuoi anziani e te lo diranno”. Un ebreo deve sempre ricordare l’Esodo, il giorno in cui abbiamo ricevuto la Torà sul Monte Sinai, il pellegrinaggio durato quarant’anni nel deserto e tutti gli altri eventi importanti della nostra storia che costituiscono il fondamento della nostra fede e delle nostre mitzvot. Un ebreo deve vedere la mano di D-o negli eventi del passato e nelle loro conseguenze. Come disse una volta un filosofo laico: “Coloro che non riescono a ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”.
Rashi offre un’interpretazione midrashica del versetto. La prima parte del versetto, “ricorda i tempi antichi” è un ammonimento generale per ricordare ciò che accadde ai nostri predecessori che fecero arrabbiare D-o: La seconda parte del versetto “considera gli anni di ogni generazione” si riferisce alla generazione di Enosh che fu inondata dalle acque dell’oceano e alla generazione del Diluvio Universale. “Quando il D-o diede alle nazioni del mondo ciascuna la propria porzione, quando separò i figli dell’uomo” si riferisce alla generazione della Dispersione quando le persone cercarono di costruire la Torre di Babele.
La realtà, in questo caso, è che anche il significato chiaro del versetto è sempre significativo. La semplice interpretazione di questi versetti, unita all’interpretazione di Rashi, rappresenta un monito per noi a comprendere la storia e ad apprenderne le lezioni. Come ebrei, crediamo che l’Onnipotente non sia solo il Creatore ma che sia anche la Guida della storia, sia personale che globale. Vediamo la Sua mano negli eventi storici di cui siamo testimoni
Questo versetto ha attirato l’attenzione dei Chachamim in quanto sembra essere ridondante. Partendo dal presupposto che la Torà non usa parole senza che abbiano un senso e che nella Torà quindi non esistono ridondanze inutili, i Chachamim offrono alcune interpretazioni riguardo questa apparente ripetizione. Il Ramban dice che “Zechor Yemot Olam” è un messaggio che Moshe dà alle generazioni future. L’ammonimento di Moshe è paternalistico: Nella vita potremo avere molti momenti alti ma anche molti momenti bassi, e questi momenti dipenderanno anche dal nostro comportamento: Questa è la storia ebraica ma anche la nostra storia personale; Sappiamo che l’ultima Mitzva della Torà è di scrivere un Sefer Torà. Dice il Ramban, questa è la storia ebraica, uno dei segreti della sopravvivenza del nostro popolo. Impariamo dai nostri genitori e dai nostri nonni, trasmettendo la Mesora, la nostra tradizione alla generazione successiva. Rav Menachem Tzion risponde alla nostra precedente domanda sulla ridondanza nel versetto interpretando una parola specifica. “Shenot” viene tradotto come anni, ma può anche significare cambiamenti, perché la vita cambia continuamente. Una persona non può applicare ciecamente alla situazione attuale le stesse regole che funzionavano in passato. Se ci prova, fallirà. Ogni generazione è diversa. Una persona non può dire con disinvoltura “Così è stato; quindi così deve essere”. Binu Shenot Dor Vador, considera i cambiamenti che avvengono di generazione in generazione, accetta la lezione della storia, ma tieni in pugno i cambiamenti che avvengono inevitabilmente al passare delle generazioni. I tempi cambiano, le persone cambiano e le circostanze cambiano. A volte una persona deve modificare e reindirizzare la barra e non limitarsi a seguire ciò che era. Comprendere i cambiamenti (“shenot”) in ogni generazione, comprendere che ogni generazione ha la propria serie di problemi, il proprio insieme di regole ed il proprio insieme di circostanze. Dobbiamo ricordare i giorni passati, ma nel contempo applicare quel ricordo attraverso la comprensione dei cambiamenti che avvengono in ogni generazione. Tutto cambia, ma l’unica cosa che non cambia è D-o e la Sua Torà, perché la Torà è un libro per capire e per tenere la barra dritta. Se non abbiamo la Torà She Be’al Pe, la tradizione orale, avremo dei versetti, ma non saremo in grado di conoscere tutte le complessità e i dettagli della Halachà.
Rav Soloveichik, partendo dal fatto che questa Parashà si legge sempre nei giorni vicini a Kippur porta una bella interpretazione. Nella Parashà di Haazinu c’è un versetto, “Ki Shem Hashem Ekra Havu Godel Le ELokeinu” “Per il nome di Hashem io proclamo; Date gloria al nostro D-o!” (32:3). Secondo Rav Soloveichik questo versetto si riferisce a quando il Kohen Gadol si inchinava e diceva “Baruch Shem Kevod” e anche noi facevamo lo stesso. Al giorno d’oggi, l’unico giorno in cui proclamiamo questo atto di fede ad alta voce è Kippur. Questo versetto rappresenta la relazione tra noi e Hakadosh Baruch Hu, che avviene attraverso la Torà. Quando andiamo a inchinarci davanti a D-o, rendiamo la Torà preziosa.
“Zechor Yemot Olam” dobbiamo imparare dai nostri errori e guardare al futuro. Non dobbiamo fermarci agli errori commessi in passato, dobbiamo renderli in qualche modo utili, dobbiamo usarli per imparare dal passato e per crescere. Ci saranno momenti bui, momenti di difficoltà, ma dobbiamo sempre ricordare che D-o ci dà il modo di superarli, riconoscendo la Sua mano, proclamando la Sua grandezza e utilizzando le nostre capacità per cambiare in meglio