Capitolo II: Gli ebrei nell’Italia meridionale
1. Gli insediamenti ebraici nel Mezzogiorno continentale
Si è potuta accertare, attraverso numerose fonti storiche, l’esistenza di colonie ebraiche in Italia meridionale già al tempo della Roma repubblicana. Gli ebrei sbarcavano di solito a Brindisi ed a Pozzuoli e restavano in terra d’Otranto, in Puglia, in Sannio e in Campania, sia come liberi cittadini che come schiavi impiegati nella coltivazione dei latifondi romani.
A seguito dell’occupazione di Gerusalemme da parte di Pompeo nel 63 d.C., molti ebrei furono portati in Italia come prigionieri di guerra aggiungendosi ad altri giunti precedentemente al tempo di Annibale (1). Inoltre, come attestato da Giuseppe Flavio nelle Antichità giudaiche (2), esisteva a Pozzuoli ai tempi di Erode il Grande una numerosa e florida colonia ebraica e così pure a Pompei, verosimilmente di origine anteriore alla conquista di Gerusalemme del 70 d.C. (3).
Ma fu proprio dopo la distruzione di questa città da parte di Tito in quella data, con la conseguente dispersione del popolo ebraico, che si determinò lo stabilirsi in Italia meridionale di un grande numero di ebrei. Ne parla Josiffon o Pseudo Giuseppe nel X secolo, asserendo che Tito ordinò il trasferimento di cinquemila prigionieri di guerra a Taranto ed in Terra d’Otranto: da questi sarebbe nata la comunità giudaica di Oria, come afferma il cronista Ahimaaz nel secolo XI. Il numero degli ebrei deportati come schiavi nell’Italia meridionale aumentò ancora considerevolmente a seguito delle rivolte del 115 e 135 d.C., entrambe soffocate nel sangue. Non è possibile stabilire, sia pure approssimativamente, il numero degli ebrei giunti in Italia meridionale a seguito di queste deportazioni, tuttavia è certo che essi furono molti e determinarono il rafforzamento delle colonie già esistenti o la creazione di nuovi insediamenti.
A riprova di quanto sopra, va detto che quando l’imperatore Valentiniano II nel 383 d.C. abrogò l’immunità dagli oneri curiali concessa da Costantino ai capi delle colonie ebraiche, privilegio poi ripristinato da Arcadio in Oriente ma negato da Onorio in Occidente, (4) gli ebrei di Puglia e Calabria protestarono vivamente richiamando l’attenzione dell’imperatore sulla questione, questo perché forti del loro numero e della loro potenza economica.
Esistevano infatti in tarda età imperiale numerose comunità ebraiche nel Mezzogiorno italiano, ed è documentata l’esistenza di una sinagoga a Reggio Calabria (5) nel IV secolo, come pure di resti di un complesso sinagogale del IV/V secolo a Bova Marina, mentre fonti letterarie ci parlano di sinagoghe nei secoli VI/VII a Terracina, Palermo e Cagliari.
La verifica di questa floridezza economica ci è data dalla posizione assunta dagli ebrei della comunità di Napoli, i quali durante l’assedio posto dai Bizantini di Belisario nel 537 d.C. si schierarono a fianco dei Goti assediati e li sostennero economicamente fino alla capitolazione della città, in quanto le leggi emanate da Teodorico re dei Goti erano molto favorevoli alle loro comunità. Dopo la caduta di Napoli e con l’unione dell’Italia all’Impero di Oriente si verificò un mutamento della situazione, in quanto l’imperatore Giustiniano che già taglieggiava le comunità ebraiche orientali (6) promulgò la Novella 37 De africana ecclesia, che imponeva la trasformazione in chiese cristiane di tutte le sinagoghe (7). Probabilmente questa disposizione non venne mai attuata per una serie di ragioni politiche e belliche, come la calata dei Longobardi in Italia avvenuta poco dopo l’annientamento del regno gotico e la conseguente divisione del territorio italiano in due parti, quella bizantina e quella longobarda. Questi eventi permisero agli ebrei di osservare solo in minima parte le disposizioni emanate nei loro confronti.
Con il pontificato di Gregorio Magno la situazione mutò: da parte del nuovo pontefice si volle una stretta applicazione delle leggi romane riguardanti gli ebrei. Tuttavia è necessario chiarire che questo non peggiorò la loro posizione, infatti Gregorio cercò di far osservare con maggiore giustizia i diritti dei giudei contro le sopraffazioni dei cristiani, come nel caso del vescovo Pascasio, che venne aspramente rimproverato per le sue violenze nei confronti degli ebrei. Nonostante ciò, l’insofferenza dei cristiani nei rapporti con le comunità ebraiche continuò, per cui la situazione diventò per queste insostenibile sia in alcune città del territorio bizantino che di quello longobardo per le continue malversazioni cui venivano sottoposte.
Nei secoli seguenti al pontificato di Gregorio Magno, si perdono le tracce dell’insediamento di Pozzuoli e quasi nulla si sa di quello napoletano; certamente la colonia ebraica di Napoli non riprese l’antica importanza anche se esisteva intorno al secolo X il Vicarius Judeorum, mentre invece nelle città a dominio longobardo, Benevento, Salerno e Capua, aumentò l’importanza degli insediamenti ebraici.
Proprio a Salerno è accertata la presenza di una comunità ebraica nel IX, X e XI secolo che operava in una sua giudecca (8); ciò è verificabile attraverso una serie di documenti che riguardano vari atti giuridici fra ebrei (9) ed è significativo che quanto sopra corrisponda al periodo di istituzione della famosa scuola medica salernitana che, se non fu effettivamente fondata (10) da ebrei, sicuramente fu fortemente incentivata dai suoi insegnanti.
In definitiva si può concludere che, per grandi linee, i rapporti delle comunità ebraiche con i nuovi regni sorti dopo la caduta dell’Impero d’Occidente furono sempre notevolmente influenzati in maniera più o meno negativa, dall’intolleranza dimostrata in generale dai cristiani nei loro confronti. In ogni caso è necessario chiarire che solo per quanto riguarda la Puglia si hanno prove manifeste della presenza di colonie ebraiche continuative dall’età imperiale fino al 1000, non determinate da nuove migrazioni ma residue di stanziamenti più antichi, come a Brindisi, Venosa, Lavello e Matera. Questo argomento sarà oggetto di più approfondita analisi nel prossimo paragrafo.
È innegabile che, sia pure attraverso tutta una serie di vicissitudini le comunità ebraiche nel Mezzogiorno italiano continuarono a svilupparsi economicamente e culturalmente fin dopo l’XI secolo, migliorando le loro condizioni con l’affermarsi del dominio normanno. Si ha notizia di comunità ebraiche in Abruzzo, specificamente a Lanciano, che verso il 1156 si schierarono con re Guglielmo I contro la sedizione del conte Roberto Bassavilla, come pure si narra di un sacrilegio compiuto da un gruppo di ebrei ad Aterno presso Pescara il giovedì santo del 1062 (11).
Nelle colonie Campane la situazione era diversa: molte passarono dalla giurisdizione civile a quella ecclesiastica, come a Salerno dove gli ebrei si dedicarono prima e dopo il 1090 ai commerci ed all’industria realizzando forti guadagni, così pure a Capua e ad Avellino dove da lungo tempo venivano pagate le decime al vescovado (12). Intorno al 1165 dimorava in Benevento una folta comunità ebraica, come pure esistevano in quel periodo fiorenti insediamenti ad Amalfi e Gaeta. Probabilmente prima delle conversioni forzate del 1294 gli ebrei dovevano abitare a Caserta , Sessa, Aversa, Teano, Sorrento, Alife, Sanseverino, Nocera, Eboli (13). Numericamente le fonti ci indicano 300 ebrei a Capua nel 1165, sempre nel 1165 a Benevento erano circa 200, 20 ad Amalfi e 500 a Napoli (14).
Non possiamo dimenticare le comunità di Calabria, che alcuni autori ritengono si formassero intorno al 1200 nei territori di Corigliano, Cosenza, Belcastro, Taverna la Montana, Simmari, Tropea, Squillace, Reggio e Catanzaro (15), mentre invece è provata la loro esistenza in quella regione prima del 1000, infatti già prima del 1200 quelli di Cosenza, Reggio, Rossano e forse Catanzaro erano passati alle dipendenze degli episcopati.
Un discorso particolare merita il risveglio della cultura ebraica nel Mezzogiorno avvenuto fra il IX e il X secolo con il ritorno all’uso della lingua madre ed il passaggio dalla cultura giudaica ellenistico-romana e palestinese alla cultura talmudica di Babilonia (16) dovuta soprattutto ai più frequenti rapporti delle comunità, in particolare di quelle pugliesi, con il Medio Oriente e l’Egitto. Questo tipo di cultura si diffuse progressivamente: nel X secolo il medico e filosofo di Oria Donnolo Shabbetai è ancora vincolato al mondo greco-romano come pure l’autore anonimo della cronaca detta Sefer Yoseffon, la cui fonte è principalmente Giuseppe Flavio. Tuttavia lentamente si verifica una perdita di interesse per la cultura non giudaica con l’affermarsi del Talmud ed il concentrarsi sullo studio della tradizione e della normativa espresse dalla Misnah (17).
I centri dove fiorirono questi studi furono Bari, Otranto, Trani e Siponto, mentre sul Tirreno precipuamente a Salerno si affermava la filosofia e la teologia del grande Mosè ben Maimon, nome italianizzato in Maimonide, il quale era nato a Cordova in Spagna nel 1135 e morto in Egitto nel 1204.
Si può quindi parlare di una generale ripresa culturale ebraica intorno al 1000 in tutto il Mezzogiorno italiano, tuttavia intorno alla metà del secolo XII, a partire da Salerno, questa cultura assume una nuova dimensione determinata dall’arrivo di dotti dalla Spagna e dal Mezzogiorno di Francia, per cui in questa fase si assisterà al declino dell’antica tradizione giudaica locale sostituita da quella di origine arabo ebraica.
A conclusione di quanto sopra esposto, bisogna rilevare che il mutare dei vari governi succedutisi dopo il 1000 nel Mezzogiorno, determinò condizioni di maggiore o minore libertà con il sovrapporsi continuo di provvedimenti più o meno restrittivi nei confronti degli ebrei, a seconda della convenienza dei singoli Stati, sempre restando ferma la tendenza ad una volontà persecutoria da parte del clero cattolico, che tuttavia il potere civile cercò spesso di ostacolare nella sua globalità.
Varie dinastie governarono il Mezzogiorno italiano dall’XI al XV secolo: i Normanni, gli Svevi, gli Angioini e poi gli Aragonesi, in questo lungo lasso di tempo le condizioni delle comunità ebraiche mutarono notevolmente, in alcuni periodi peggiorarono in altri migliorarono, tuttavia è necessario prendere atto che nella seconda metà del secolo XV, mentre in Germania, Francia, Portogallo, Spagna, Sicilia, Sardegna ed in diversi altri Stati italiani si verificarono persecuzioni ed avvenivano espulsioni degli ebrei, il regno aragonese ne accolse ed ospitò un gran numero provenienti da tutta Europa, diventando per questi punto d’incontro e sospirato angolo di salvezza in cui trovare accoglienza e possibilità di fare fortuna (18).
2. Le comunità ebraiche pugliesi nell’età normanno – sveva
Abbiamo accennato nel precedente paragrafo all’esistenza di comunità ebraiche in Puglia già prima dell’anno 1000, e in effetti esistono tracce di stanziamenti in questa regione all’inizio dell’era cristiana e proprio la Puglia è l’unica regione del Mezzogiorno in cui si abbiano testimonianze certe di una continuità di colonie ebraiche dall’età imperiale fino al 1000 d.C.
Questa documentazione ci perviene soprattutto da una serie di epigrafi funerarie ritrovate a Brindisi, Venosa, Lavello, Taranto e Matera (19) come pure da quelle, probabilmente dei primi secoli dopo Cristo, rinvenute in un ipogeo presso Bari nel 1925 in cui si accenna a personaggi di nome David, Mosè ed Elia. È interessante notare che queste lapidi funerarie sono tutte in lingua ebraica, a dimostrazione che fin da tempi antichi le comunità ebraiche pugliesi si servivano della loro lingua originaria. Questa singolarità si rivela importante in quanto ci mostra come in Puglia gli ebrei molto prima che nelle altre regioni italiane, avevano abbandonato l’uso del greco e del latino per ritornare a servirsi del loro idioma (20), il che si può spiegare accettando l’ipotesi di una grande intensità di rapporti fra la Palestina e la Puglia (21).
I centri di questo risveglio culturale furono le più antiche comunità ebraiche pugliesi e cioè Bari, Oria, Venosa e Otranto. In particolare, l’importanza di Bari e Otranto è dimostrata da quanto fra i dotti ebrei europei si diceva delle due città: “da Bari esce la legge e la parola di Dio da Otranto”; questo detto ci è stato tramandato da Rabbenu Tam, famoso rabbino francese del XII secolo, tuttavia ben poco ci è dato sapere di questi due fari del sapere giudaico, di Otranto non rimane nulla mentre in Bari, i cui traffici con l’Oriente mediterraneo senz’altro agevolarono la presenza di una comunità giudaica, si hanno notizie di presenze ebraiche solo nel secolo X; si è poi anche ipotizzato che Melo di Bari fosse di stirpe ebraica (22), tuttavia la figura più importante della cultura ebraica di quel tempo rimane Donnolo Shabbetai medico e filosofo di Oria.
Non si può dimenticare, fra le più famose scuole di cultura ebraica pugliesi, quella di Siponto, infatti da questa località agli inizi del secolo XI si recarono in Mesopotamia, per seguire le lezioni di Talmud Babilonese, numerosi giovani ebrei che al loro ritorno fondarono un centro di istruzione talmudica con a capo rabbi (23) Leon ben Elhanan (24).
Alla discesa dei Normanni in Puglia esistevano, come si è già chiarito, numerose e rigogliose comunità giudaiche, di cui proprio a partire da quel periodo abbiamo notizie più certe; fra queste particolarmente importanti quelle delle città marinare di Bari, Barletta, Brindisi, Gallipoli, Giovinazzo, Monopoli, Taranto e Trani. Di questa situazione ci riferisce il mercante Beniamino da Tudela (25), il quale riporta che durante il suo viaggio esistevano 500 ebrei a Otranto, più di 300 a Taranto, 200 famiglie ebraiche a Trani mentre vi erano a Brindisi 10 famiglie che si dedicavano alla tintoria.
Tralasciando per il momento l’importante comunità di Trani (26) di cui si parlerà più analiticamente nell’apposito capitolo, bisogna ricordare quella antichissima di Taranto, su cui però non esiste alcuna documentazione nell’alto Medioevo mentre era sicuramente assai numerosa al tempo dei Normanni. A Brindisi si hanno prove documentate da alcune iscrizioni su lapidi (27) di insediamenti ebraici dall’800 al 1600 d.C.
Durante la dominazione normanna si determinò un fatto molto importante destinato ad avere notevoli conseguenze sulle comunità ebraiche: il passaggio degli ebrei dal dominio diretto dei principi a quello dei vescovi, con la conseguente cessione a questi dei redditi e della giurisdizione sui giudei. A tale proposito bisogna ricordare che i diplomi emanati nelle diverse realtà politiche consideravano gli ebrei come “affidati”; questi erano uomini liberi, specialmente stranieri, che si ponevano sotto la protezione del principe per ottenere una particolare tutela, ed in corrispettivo gli versavano un contributo in denaro. Questo è detto in un diploma barese del 1109: “Censum quod affidati suis dominis faciunt” (28) e naturalmente anche gli ebrei erano sottoposti a questa normativa; la parificazione di ebrei ed “affidati” era quindi determinata dal reddito che il fisco traeva da ambedue le categorie.
Premesso quanto sopra, fondamentalmente questo passaggio di giurisdizione fu determinato dal fatto che i Normanni si erano appropriati dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici ed in cambio di ciò cedettero ai vescovi i redditi fiscali sugli ebrei (29). Tuttavia esiste un’altra ragione: poiché fin dai tempi di Giustiniano era stata proibita la costruzione di nuove sinagoghe, a pena di trasformarle in chiese cattoliche, questo permise ai vescovi di intervenire direttamente negli affari giudaici con la scusante di impedire agli ebrei di molestare il culto cristiano e in tal modo gli ebrei ricaddero, per tempi successivi, sotto la giurisdizione ecclesiastica per motivi religiosi oltre che fiscali. Una ulteriore causa di questo passaggio sarebbe stata l’intromissione dei vescovi nelle cose ebraiche dovuta al fatto che spesso gli stessi ebrei si ponevano sotto la protezione dei vescovi ad evitare guai peggiori, creando quindi essi stessi una tale posizione di dipendenza (30).
Una situazione del tutto particolare che peraltro dimostra il notevole sviluppo della comunità ebraica di Bari si determinò quando il duca Roberto il Guiscardo ne incluse i redditi nella dote di sua moglie Sigelgaita. Gli ebrei allora misero la giudecca nelle mani della loro signora e questa, alla morte di Roberto, sotto la probabile pressione dell’arcivescovo Ursone gli cedette la giudecca barese con tutti gli ebrei che l’abitavano con i relativi stabili e pertinenze. La cessione fu motivata dal fatto che i proventi annuali così incassati dall’arcivescovo dovevano andare a suffragio del duca Roberto.
Con il passaggio dalla giurisdizione civile a quella ecclesiastica iniziò per gli ebrei un periodo di grande soggezione: essi vennero esclusi dai diritti politici e dai pubblici uffici come pure dalla possibilità di esercitare talune arti e professioni.
A seguito dell’odio alimentato dalla Chiesa nei loro confronti, cominciarono ad essere perseguitati dai cristiani e s’indussero a vivere volontariamente in quartieri separati e raccolti intorno alle sinagoghe chiamati giudecche, da non confondere con i “ghetti” (31) che vennero istituiti da papa Paolo IV con la bolla Cum nimis absurdum nel 1555: il ghetto infatti consisteva in un quartiere separato cinto da mura e chiuso di notte per impedire l’entrata o l’uscita di ebrei e cristiani.
Tuttavia possiamo concludere che, nonostante le angherie e le sopraffazioni, nel periodo normanno le colonie ebraiche di Puglia aumentarono di numero e d’importanza a seguito della protezione loro accordata da questi prìncipi sotto cui gli ebrei ebbero a godere molteplici vantaggi sia pure in condizioni d’inferiorità rispetto agli altri cittadini.
All’avvento degli Svevi le comunità ebraiche di Puglia erano importanti e fiorenti: fra le altre, basterà ricordare Andria, Barletta, Corato, Foggia, Molfetta, Trani e Troia; sotto Enrico VI queste migliorarono ancora le loro condizioni, infatti l’imperatore nel 1195 sottopose a particolari limitazioni l’atto di passaggio degli ebrei sotto la giurisdizione ecclesiastica emesso nel 1155: egli osservò essere suo dovere dare protezione ai sudditi, dichiarando sotto la sua tutela anche coloro che professavano una fede diversa dalla cristiana per cui disapprovava le violenze e le sopraffazioni esercitate su costoro, per forzarne la conversione (32).
L’ascesa al trono di Federico II, il figlio di Enrico VI, comportò per gli ebrei di Puglia un periodo molto favorevole: egli si rese conto che gli ecclesiastici facevano sentire in maniera eccessiva il loro intervento sulle giudecche ed inaugurò una politica completamente diversa da quella attuata dai Normanni, riportando gli ebrei sotto l’unica e diretta giurisdizione da parte dello Stato (33), infatti l’influenza del clero cattolico aveva portato alla sanzione di nullità per il giuramento e la testimonianza degli ebrei contro i loro persecutori cristiani espressa nelle Consuetudini Baresi (34). Constatato poi che la diversa religione faceva apparire gli ebrei “infestos omnique alio auxilius destitutos” ai cristiani, l’imperatore estese nel 1231 a tutte le comunità ebraiche del regno la sua speciale protezione.
Chiarita questa nuova impostazione generale, nell’atteggiamento imperiale nei confronti degli ebrei bisogna distinguere due periodi: il primo, nel tempo in cui egli fu sotto la tutela di papa Innocenzo III in cui tutto sommato si esprime ancora per una certa adesione ai voleri ed ai princìpi della Chiesa di Roma, ed un secondo in cui l’imperatore assume un atteggiamento completamente indipendente dai suggerimenti ecclesiastici. In questo quadro procede ad emanare provvedimenti per la tutela della vita e dei beni ebraici (35) e non riconferma alcuna delle concessioni fatte dai Normanni agli episcopati, diminuendone anzi i redditi che questi ricevevano dalle giudecche. L’unico provvedimento restrittivo che si ricordi emanato da Federico II nei confronti degli ebrei è quello dell’obbligo di esibire in pubblico un segno distintivo; risulta evidente che questa disposizione venne presa per motivi politici, al fine di non scontentare la Chiesa, da cui egli aveva già subito pesanti attacchi, mentre invece nel regno veniva disposto il rispetto del sabato festivo e delle festività giudaiche con il permesso per gli ebrei di lavorare nei giorni di riposo per i cristiani.
Da parte di Federico II si era intuita l’enorme importanza economica delle comunità ebraiche pugliesi che già precedentemente avevano acceso mutui e concesso rilevanti prestiti nel regno. Fra questi ricordiamo quello di 500 aurei accordato all’abbazia di Montecassino contro il pegno di una tovaglia preziosa dell’altare di S. Benedetto, poi riscattata dall’imperatore Enrico II nel 1022 (36). Per questi motivi egli ritenne necessario, attraverso i disposti emanati, dare sicurezza a coloro che disponevano di grandi capitali, chiamando presso di sé uomini di cultura ed amministratori ebrei. A questo punto proprio basandosi su queste considerazioni emanò un decreto in cui si stabilì la possibilità per i giudei di prestare denaro con l’interesse del 10% annuale senza incorrere in alcuna pena (37), giustificandolo con il fatto che, essendo gli ebrei di altra religione, non erano tenuti ad osservare quelle leggi morali contro l’usura che portavano a salvezza l’anima dei cristiani; gli ebrei iniziarono quindi ad operare come banchieri del regno percependo un interesse del 10% annuo (38).
Anche dopo la morte di Federico II, cui gli ebrei manifestarono sempre grande riconoscenza, si protrassero i risultati della sua lungimiranza, infatti sia Corrado IV che Manfredi ricevettero notevoli finanziamenti dagli ebrei. Tuttavia dopo questo periodo fecondo si preparavano per le comunità giudaiche tempi duri nel regno ed in Puglia dopo la definitiva sconfitta degli Svevi e l’invasione del regno da parte degli Angioini.
3 . Gli ebrei di Puglia sotto Angioini e Aragonesi
Con la decapitazione di Corradino di Svevia, Carlo I d’Angiò si assicurò durevolmente il possesso del regno di Napoli conquistato con l’appoggio del favore popolare, pertanto intraprese una politica di forte intransigenza nei confronti degli ebrei appoggiando il clero nel suo rinnovato impegno per le conversioni, più o meno forzate, dei giudei alla religione cattolica. Per prima cosa fu ripristinato l’obbligo del segno distintivo per chiunque professasse la religione ebraica; questo consisteva in un cerchio di colore giallo cupo tagliato orizzontalmente per gli uomini, mentre le donne dovevano portare un “amictum” di colore indaco sul capo (39). Inoltre vennero appoggiati e sovvenzionati numerosi inquisitori come Giovanni da S. Martino e fra Guglielmo de Tacco che accusarono gli ebrei di Lucera di favoreggiamento agli eretici. Molti furono processati e condannati, molti preferirono fuggire all’estero abbandonando tutte le loro proprietà; si usarono ogni sorta di pressioni e di espedienti per favorire le conversioni come per esempio l’esenzione da ogni pagamento fiscale; nel 1294 furono esentati in Puglia numerosi neofiti di cui 75 a Manfredonia, 10 a Foggia, 2 a San Severo, 33 a Troia, 6 a Gravina, 34 a Casalnuovo, 310 a Trani, 72 a Bari e 172 a Taranto (40), come pure venne dato il cognome di illustri famiglie cristiane agli ebrei battezzati. Tuttavia queste conversioni di solito non duravano a lungo, in quanto gli ex ebrei continuavano ad essere taglieggiati ed angariati. Per esempio: poiché gli ebrei possedevano notevoli quantità di denaro liquido, venivano obbligati a concedere prestiti forzosi, per cui molti ritornavano alla loro fede primitiva.
La rapacità del clero divenne sempre maggiore nei confronti degli ebrei, a Bari la curia non fu più soddisfatta di ricevere dalla giudecca quattro once d’oro, due libbre di pepe e un’oncia di seta all’anno ed usò metodi coercitivi, richiudendone molti in prigione e tenendoli a pane ed acqua fino a maggior pagamento avvenuto (41). A Brindisi i giudei erano aggrediti dai cristiani “Cum fustibus seu lignis et armis” ed i loro figli venivano strappati violentemente alle famiglie per essere forzatamente battezzati (42).
Poiché questa situazione voluta ed appoggiata dalle gerarchie ecclesiastiche portava allo spopolamento ed all’impoverimento delle giudecche con conseguente riduzione degli incassi tributari, Carlo I riprese la protezione sovrana nei confronti degli ebrei riducendo l’ammontare delle imposte in vari luoghi e situazioni. Diversa fu la posizione di Carlo II, che ebbe una speciale predilezione per i neofiti del cristianesimo, infatti in un editto del 1294 li esentò dal pagamento di collette e sovvenzioni, stabilendo inoltre che gli eredi dei convertiti non dovessero pagare imposte per valori superiori a quelli cui erano assoggettati i cristiani, mentre invece nei confronti dei perseveranti nel loro antico credo sviluppò una politica di soprusi e maltrattamenti, obbligandoli a portare il segno distintivo e facendoli allontanare da numerose abitazioni per fare posto ai nuovi convertiti.
Con re Roberto d’Angiò sul trono si verificò un mutamento di situazione, i cui indizi si mostrarono quando il sovrano autorizzò alcuni ebrei tranesi a portare armi per difendersi dai ladri (43). Il re fece inoltre rispettare i loro usi, le loro consuetudini e le loro credenze, per cui essi continuarono ad essere “Sub protectione principis” e ad esercitare l’usura dietro interessamento degli stessi cristiani. A seguito dei numerosi servigi prestatigli e dei consistenti prestiti ricevuti in diverse occasioni, re Roberto intercedette presso papa Giovanni XXII a favore di quegli ebrei colpiti da editto di espulsione dall’Italia, mostrando loro gratitudine fino alla sua morte (44).
L’opera di questo sovrano fu proseguita da Giovanna I, infatti sotto il suo regno gli ebrei potettero “Conversari, mercari et praticari” coi cristiani “Et alia facere more hebrehorum” (45). Basti poi ricordare che questa regina aveva come suo medico di fiducia un ebreo; la situazione delle comunità ebraiche migliorò ancora in Puglia durante il governo di Ladislao che fu il più importante sovrano della dinastia degli Angioini — Durazzeschi. Questi, supplicato dagli abitanti di Brindisi, autorizzò gli ebrei ad esercitare l’usura senza alcun pericolo di incorrere nelle pene imposte dai canoni della Chiesa e dalle leggi dello Stato, stabilendo l’interesse di un tarì al mese per ogni oncia, il che è pari al 40%, quanto sopra a dimostrazione dell’utilità sociale dei banchieri ebrei. Tuttavia non si può dimenticare che proprio sotto il regno di Ladislao scoppiò a Taranto una sommossa determinata da antisemiti nei confronti degli ebrei, cui non si volevano riconoscere i loro crediti verso i cristiani dimenticando che questi usurai avevano una funzione di calmiere rispetto ai prestiti concessi dai banchieri fiorentini e veneziani. Ladislao concesse poi un’amnistia generale a tutti i partecipanti a quei fatti, d’altro canto in questo clima turbolento la regina Maria d’Enghien fece ripristinare a Lecce l’obbligo del segno distintivo per tutti i giudei di ambo i sessi (46).
Giovanna II nel 1427 permise ancora un aumento del tasso di interesse per i prestiti su pegno portandolo ad un tarì (47) e due grani e mezzo per ogni oncia (48) al mese, il che significò il 45% annuo (49). Questo provvedimento, accompagnato da alcuni altri privilegi, pure essendo al limite del credibile è senz’altro vero e fu certamente dettato dalla grave crisi economica e dalla mancanza di denaro liquido cui solo gli ebrei potevano far fronte con i loro ingenti capitali; era quindi fondamentale, per i governanti, evitarne l’emigrazione ed attirarne dei nuovi per questo furono abbandonate le leggi restrittive e tutti i detentori del potere politico fecero a gara per garantire loro sempre nuovi benefici. Una valutazione approfondita dei provvedimenti emanati da re Roberto e dei privilegi a favore degli ebrei emessi da Giovanna I, Ladislao e Giovanna II, pone in evidenza che se i primi erano diretti ad impedire i soprusi dei cristiani i secondi annullavano tutte le limitazioni stabilite nei confronti degli ebrei nei secoli precedenti dalle leggi civili e canoniche. I privilegi emessi sebbene riguardassero inizialmente determinati gruppi, si estesero gradatamente a tutti coloro che li domandarono e si generalizzarono gradualmente in tutto il regno, trovando applicazione in tutte le giudecche, particolarmente in quelle pugliesi.
Al tempo della conquista aragonese esistevano numerose e fiorenti comunità ebraiche in Puglia: le più importanti erano quelle di Bari, Barletta, Bitonto e Trani; in terra d’Otranto, Brindisi, Gallipoli, Lecce e Miglionico. Inoltre nella seconda metà del secolo XV si trovavano ebrei in numerose altre località pugliesi; basta citare Andria, Conversano, Foggia, Gravina, Lucera, Manfredonia e Taranto; solo in quest’ultima città, da poco incorporata nel regno, si erano verificati, come già detto, nel 1411 violenti tumulti antisemiti determinati dalle solite ragioni: l’esercizio dell’usura da parte degli ebrei e la volontà da parte dei cristiani di non pagare i debiti accumulati nei confronti di questi (50). L’aumento della popolazione ebraica in questi luoghi era dovuto alla forte immigrazione da paesi come Francia, Germania e Spagna in cui era stata attuata una continua politica antisemita in contrasto con la relativa tranquillità per cui prosperavano le comunità ebraiche pugliesi. I primi a stabilirvisi furono artigiani, commercianti e banchieri italiani: nel 1450 troviamo a Bitonto Jacobo de Abram da Bologna (51) e nel 1457 Crisci Ben Bajl di Verona ed ancora a Molfetta “Jacobo de Argentero judeo habitator Molfecti ” nel 1491 (52). Vi è la certezza che molti ebrei italiani operarono nel regno durante la seconda metà del secolo XV, alcuni di essi fra cui Josep de Jacob e Masello abitarono a Bitonto dal 1446 in poi, Benedicto fu ad Atella nel 1459 tassatore delle giudecche della Basilicata, e troviamo la vedova Bonella ad Ascoli nel 1468, Abramo a Reggio nel 1475, i tipografi Jacob Baruch figlio del rabbino Giuda Lando, Joseph figlio del rabbino Jacob, Chaiim figlio di Isacco Levita ed altri ancora a Napoli nel 1487 e 1488, Hemanuel e Masello a Troia nel 1490, Samuele con donna Denora a Lecce nel 1495 ed infine a Trani, Musce “Facultoso de bona quantità de dinari” di cui parleremo ancora. Alcuni di essi prima del 1494, come riporta Ferorelli, esercitavano in Terra di Bari “Mercancie, negociaciume et uxure” insieme a “Todischi et provinciali” (53). Numerosi furono pure i tedeschi ed i provenzali a partire dal 1467 come Joseph de Jacob e Masello a Bitonto, come pure Christio di Angelo di Marsiglia e Masello di Elia, ultimo da ricordare fra gli emigrati in Puglia e il celebre rabbino Berachia ben Natronai ricordato da Bedarride come l’Esopo degli ebrei (54).
I tedeschi ed i provenzali migrarono in Puglia in primo luogo per sottrarsi all’intolleranza dei popoli fra cui vivevano, ma anche perché in questa regione trovarono le migliori condizioni per esercitare le loro attività.
La politica degli Aragonesi, pur in un quadro di generale tolleranza fu sempre oscillante, da una parte accettarono e sollecitarono prestiti e sovvenzioni in denaro come quella di 250 ducati donati ad Alfonso nel 1442 dalle comunità di Trani e Barletta, dall’altra, sempre combattuti fra la loro avidità e la ragion di Stato, concessero privilegi poi subito ritirati; elevarono gli ebrei ad importanti cariche per poi deporli immediatamente; permisero loro i prestiti su pegno salvo poi ad annullare i loro crediti.
Alfonso I, grande protettore degli ebrei, dispose nei loro confronti molte liberali riforme: la più significativa fu la dispensa dal portare il segno distintivo accordata a tutti coloro che avessero pagato un tributo annuo (55), inoltre sottrasse alla giurisdizione ecclesiastica gli ebrei concedendo loro di avere propri giudici per la trattazione delle cause riguardanti gli interessi ebraici.
Ad Alfonso I succedette il figlio naturale Ferdinando I, che confermò con un privilegio del novembre 1458 un precedente provvedimento emanato da Alfonso I per cui gli ebrei erano posti sotto la giurisdizione del baiulo giudeo Giuseppe Martorel. Questo su istanza della giudecca di Bitonto cui si accodarono tutte le giudecche pugliesi (56); tuttavia in un secondo tempo, a seguito di reclami contro la giurisdizione del baiulo, il re avocò a sé la giurisdizione sugli ebrei con un provvedimento del 24 maggio 1465.
Esiste però un privilegio emesso immediatamente dopo, in data 26 maggio 1465, con cui Ferdinando I rimetteva sotto la giurisdizione ecclesiastica gli ebrei di Bari. Il provvedimento, emesso in evidente contraddizione con la politica fino allora seguita dal sovrano, non viene considerato un’eccezione a questa, ma il documento viene considerato generalmente aprocrifo (57); autentico invece è il documento dello stesso tenore emesso solo per la comunità di Nardò, ma di esso non è assolutamente certa l’applicazione (58).
Diversa è la situazione a Lecce, dove nel 1463 la giudecca venne saccheggiata e incendiata, gli ebrei fuggirono a Gallipoli, ma vennero poi richiamati per volere di Ferdinando d’Aragona. Tuttavia l’odio per gli ebrei non venne sopito anche se i loro usurai prestavano il denaro a tassi inferiori dei banchieri cristiani, infatti l’Università di Lecce nel 1468 ottenne la revoca regia delle garanzie che godevano contro le rappresaglie cittadine (59).
Re Ferdinando ebbe spesso bisogno di ricorrere a prestiti e donativi da parte degli ebrei, nel 1465 gli fu promessa dai sindaci delle giudecche di Terra di Bari la somma di 610 ducati.
La politica di Ferdinando verso le comunità ebraiche, che in definitiva era abbastanza liberale, talvolta diventava più restrittiva: nel 1463 ordinò che tutti i giudei non potessero abitare con i cristiani, mentre in un privilegio del 22 giugno 1466, su richiesta dell’Università di Barletta stabilì che gli ebrei di quella città non potessero acquistare carne nei mercati dei cristiani, ma solo in luoghi ad essi riservati; inoltre veniva regolato il lavoro dei servi cristiani presso gli ebrei e vennero limitati gli interessi dovuti per i prestiti allungando i tempi di vendita per eventuali pegni (60).
Con la morte di Ferdinando I la situazione degli ebrei peggiorò notevolmente, aumentarono i disordini ed i soprusi in loro danno, si volle riesumare il segno distintivo nei loro confronti, i debitori rifiutarono di restituire le somme prese a prestito.
Alla notizia della guerra di Carlo VIII contro gli Aragonesi gli ebrei, conoscendo la sua avversità agli israeliti, fuggirono all’estero per paura di subire saccheggi (61). Intanto Alfonso II abdicava a favore del figlio Ferdinando II e durante la guerra contro i Francesi il parlamento del Regno propose al sovrano una serie di provvedimenti fortemente vessatori nei confronti degli ebrei, come l’eliminazione delle giudecche e il ripristino del segno distintivo, insieme con altre disposizioni di secondaria importanza, ma Ferdinando aderì solo alle richieste meno nocive per le comunità.
A Lecce i giudei furono costretti a rifugiarsi nel castello ma non riuscirono a salvare i loro beni, inoltre venne incendiata e saccheggiata la giudecca (62); a Brindisi gli ebrei rinunziarono a tutte le somme loro dovute dai cristiani mediante atto pubblico del notaio Nicola De Lacu e in tal modo riuscirono a salvarsi (63), la stessa cosa avvenne a Barletta. Di fronte a tanta ferocia lo stesso Carlo VIII non approvò la richiesta di espulsione degli ebrei dalla città pervenuta dall’Università di Barletta, anzi ordinò la restituzione dei beni sottratti, di pagare i debiti ad eccezione degli interessi e di non espellere nessun ebreo (64).
La posizione assunta da Carlo VIII fu molto ambigua nei confronti delle comunità ebraiche, infatti se da una parte richiese il pagamento delle tasse non pagate agli Aragonesi, d’altro canto permise loro di vivere e commerciare nel regno promettendo di non molestarli (65).
Nonostante ciò, esplose l’odio contro i giudei con gravi ripercussioni in Puglia, dove si cercò in ogni modo di distruggere le prove dei debiti contratti e di appropriarsi dei pegni depositati.
Nel 1495 Ferdinando II scacciò da Napoli Carlo VIII, ma dovette cedere a Venezia, in cambio dell’aiuto ricevuto, numerose città marinare della Puglia come Trani, Monopoli, Brindisi, Otranto e Gallipoli. Peraltro le molestie contro gli ebrei continuarono in queste città e non vennero saldati i debiti nei loro confronti, anche se il sovrano aveva ripristinato il tribunale speciale a tutela dei giudei e sospesa l’esazione delle imposte nei loro confronti (66).
Con Federico III d’Aragona la vecchia politica a favore degli ebrei riprese: questi ne ostacolò l’emigrazione ed ordinò di concedere ampia ospitalità agli espulsi dal Portogallo. Sotto il suo regno cominciò a ritornare in Puglia la pace e la serenità nelle comunità ebraiche che in quella regione erano state sempre particolarmente numerose ed attive; il rinnovato dominio aragonese protesse le comunità ebraiche di Puglia e queste aumentarono di numero trovando nel favore del sovrano le condizioni per svilupparsi e riprendere le loro occupazioni.
Le persecuzioni antiebraiche che si protrassero per quasi tutto il XV secolo furono dettate da un settario spirito religioso non sufficientemente frenato dall’autorità civile, a quel tempo troppo ossequiosa nei confronti degli ecclesiastici. In effetti non furono le città a scagliarsi contro le comunità israelitiche: vogliamo ricordare l’esempio di Gallipoli, dove l’Università protesse i suoi ebrei ospitando pure quelli di Nardò e permettendone la civile convivenza. Fu soltanto una piccola fazione popolare aizzata da sobillatori e fanatici che agivano per i propri interessi a determinare i continui tumulti e le persecuzioni nei confronti dei singoli insediamenti.
4 . Le comunità giudaiche nel periodo spagnolo
Per convenzione si fa formalmente finire il Medioevo nel 1492, quindi le vicende degli ebrei dopo quella data appartengono alla storia moderna e la saga delle comunità ebraiche che avevano popolato la Puglia si concluse dopo quella data. Tuttavia riteniamo necessario descriverne brevemente l’esito: in seguito al patto di Granada, concluso nel 1500 tra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII il ducato di Puglia venne assegnato alla Spagna. Questo fatto nuovo destò gravi timori nell’animo dei giudei che ben ricordavano le precedenti espulsioni dalla Spagna del 1492 e 1497, infatti l’11 ottobre 1501 Ferdinando il Cattolico ordinava al gran capitano Consalvo da Cordova di espellere gli ebrei dal ducato di Puglia, ma questi ad evitare nuovi tumulti non eseguì l’ordine, ed il sovrano sollecitò nuovamente il provvedimento nel 1503 (67). Inoltre il 13 novembre 1506 venne emanato un bando con cui si stabiliva che i giudei “Dovessero portare in pecto lo signo del tundo rosso e la pena deonze dece, deperdere i vestiti, ed altra pena reservata” (68). Ma il provvedimento più vessatorio fu quello del 30 gennaio 1507, con cui vennero annullati tutti i debiti verso gli ebrei fino alla morte di Ferdinando II e non ancora pagati, inoltre si prescrisse di “Non confirmare né concedere privilegi ingiusti a li iudei ” (69).
Il 23 novembre 1510 fu emanato l’editto di espulsione dal Regno per tutti gli ebrei ed i convertiti, furono concessi quattro mesi di tempo per alienare i loro beni e migrare con ogni loro avere eccettuati l’oro e l’argento (70). Carlo V, a seguito di un’istanza delle popolazioni che ritenevano invece necessaria la presenza degli ebrei in quanto facevano circolare ingenti somme di denaro incrementando i commerci, emanò il 23 novembre 1520 un editto che li richiamava nel ducato al fine di arginare l’usura ora esercitata dai cristiani.
La posizione degli ebrei non migliorò con l’arrivo del vicerè don Pedro da Toledo che il 5 gennaio 1533 concesse loro sei mesi di tempo per uscire dal regno; chi non avesse ubbidito sarebbe diventato schiavo con la conseguente perdita di ogni suo avere; seguì una proroga a tale termine ed il 28 febbraio 1535 fu concluso un accordo tra il vicerè ed i giudei per cui si concedeva a questi ultimi di abitare nel regno per altri dieci anni. Il vicerè emise il 1° dicembre 1540 un nuovo provvedimento di espulsione con proroga di quattro mesi ed il giorno 31 ottobre 1541 avvenne il loro definitivo allontanamento dalla Puglia e da tutto il regno di Napoli.
Le ragioni addotte dal governo spagnolo per giustificare l’espulsione furono l’eccessiva pratica dell’usura da parte degli ebrei. In realtà, come dice Ferorelli, quanto sopra fu dovuto in parte all’intolleranza politica e religiosa dei nuovi governanti spagnoli ma soprattutto si trattò di una vendetta nei confronti della nobiltà, infatti questo autore riporta il parere del ministro marchese De Salas che nel 1740 sostenne, avendone certamente le prove, che il vero motivo per cui il vicerè don Pedro da Toledo accelerò l’espulsione degli ebrei fu una vendetta di questo nei confronti della nobiltà che era debitrice di fortissime somme nei loro confronti, per cui all’atto dell’espulsione fu costretta a saldare i suoi debiti od a rinunciare ai pegni prestati.
Note al Capitolo II
1. Cfr. P. MANFRIN, Gli ebrei sotto la dominazione romana, Torino 1902, III, pp. 315 —320.
2. FLAVIO GIUSEPPE, Antichità giudaiche, Torino 1998, XVII, cap. XIV, cit. da N. FERORELLI, Gli ebrei nell’Italia meridionale, Torino 1915, p. 2.
3. FERORELLI,op. cit., p. 4.
4. Il privilegio di esenzione dagli oneri curiali fu negato con una costituzione promulgata a Milano nel 388 d.C. che recitava: “Omnes qui quolibet modo curiae iure debentur cuiuscunque superstitionis sint, ad complenda suarum civitatum munia teneantur”.
5. Cfr. C. COLAFEMMINA, Archeologia ed epigrafia ebraica nell’Italia meridionale, in Italia judaica I [Atti del I convegno internaz., Bari, 18-22 maggio 1981], Roma 1983, p. 206.
6. PROCOPIO, Anecdota, c. 28, cit. da FERORELLI, op. cit., p. 17, nota 5.
7. La novella 37 è inserita nella collezione di Novellae che costituiscono il complesso delle leggi emanate da Giustiniano e fanno parte del Corpus iuris civilis. Cfr. pure N. TAMASSIA, Stranieri ed ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana alla sveva, Venezia 1904, LXII, p. 47.
8. Le giudecche erano zone delle città in cui le comunità ebraiche vivevano liberamente e si raggruppavano per praticare le loro consuetudini ed esercitare i propri commerci.
9. Cfr. FERORELLI, op. cit., p. 26.
10. Cfr. S. DE RENZI, Storia documentata della scuola medica di Salerno, Napoli 1857, pp. 121 ss.
11. Cfr. G. PANSA, Studi di leggende abruzzesi, Teramo 1905, p. 24.
12. Cfr. F. SCANDONE, Storia di Avellino. Dalle origini alla fine della dominazione longobarda, Napoli 1905, p. 157.
13. Cfr. FERORELLI, op. cit., p. 39.
14. BENIAMINO da TUDELA, Itinerarium ex hebraico latinum factum, London 1907, cit. da FERORELLI, op. cit., p. 40.
15. Cfr. G. FIORE, Della Calabria illustrata, Napoli 1691, I, p. 82, cit. da FERORELLI, op. cit., p. 44.
16. Cfr. R. BONFIL, Tra due mondi, prospettive di ricerca sulla storia culturale degli ebrei nell’Italia meridionale nell’alto Medioevo, in Italia judaica I [ atti del convegno internaz., Bari, 18-22 maggio 1981], Roma 1983, pp. 135 — 158.
17. La Misnah riproduce le tradizioni e la prassi civile-religiosa sviluppatasi specialmente in ambito farisaico accanto al testo biblico, mentre il Talmud (in ebraico “studio”), è la raccolta delle tradizioni rabbiniche costituite dallo sviluppo della Misnah: si distingue un Talmud palestinese da quello babilonese a seconda delle scuole da cui proviene ed il suo contenuto è estremamente vario, le materie trattate spaziano dal diritto alla medicina.
18. Cfr. FERORELLI, op. cit., pp. 71—72, nota 1: nel 1469 si riconfermava che “A tucti iudei extra regnum che veneranno et practicaranno mercantia et altre loro facende intra lo regno, in loro venire et demorare possano gaudere tutte quelle grace che gaudeno li iudei del predicto regno”.
19. Cfr. SUMMO, op. cit., pp. 35-36.
20. Cfr. G.I. ASCOLI, Iscrizioni inedite o malnote, greche, latine, ebraiche di antichi sepolcri giudaici del Napoletano, Torino 1880, cit. da SUMMO, op. cit., p. 36.
21. Idem, p. 91.
22. Cfr. G. DE BLASIIS, La insurrezione pugliese e la conquista Normanna nel secolo XI, Napoli 1864, p. 36 ss.
23. Rabbi in ebraico significa maestro.
24. Cfr. C. COLAFEMMINA, La cultura delle giudecche e delle sinagoghe, in Centri di produzione della cultura nel Mezzogiorno normanno-svevo [Atti delle XII giornate normanno—sveve, Bari 17-20 ottobre 1995], a c. di G. Musca, Bari 1997, p. 98.
25. BENIAMINO da TUDELA, op. cit., p. 24.
26. SUMMO, op. cit., p. 39.
27. ASCOLI, op. cit., pp. 66—67.
28. Codice Diplomatico Barese, V, Bari 1902, p.54.
29. Cfr. O. DITO, La storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla metà del secolo XVI, S. Casciano 1916, p. 63.
30. Cfr. N. TAMASSIA, Stranieri ed ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana alla sveva, Venezia 1904, estratto degli “Atti del R. Ist. Ven. di scienze, lettere ed arti”, 1903 —1904, tomo LXIII, parte II, p. 67.
31. Il termine ghetto indicava a Venezia l’isoletta assegnata come dimora coatta agli ebrei nel 1516 e deriva dal veneziano gheto, getto, usato per designare una fonderia ivi esistente. Cfr. Nuovissima enciclopedia generale De Agostini, Novara 1990, vol. 9 alla voce ghetto.
32. FERORELLI, op. cit., p. 49.
33. TAMASSIA, op. cit., p. 83.
34. Cfr. G. PETRONI, Storia di Bari, I, Napoli 1858, p. 503.
35. Historia diplomatica Friderici secundi, privilegia, IV – 1, Plon, Paris 1852.
36. Cfr. LEO OSTIENSIS, Cronica Sancti Monasteri Casinensis, in R.I.S. IV, II, Città di Castello 1904, c. 43, p. 231.
37. Historia diplomatica Friderici secundi sive constitutiones, privilegia, IV – I, H. Plon, Paris 1852.
38. Cfr. G. YVER, Le commerce et les marchands dans l’Italie meridionale au XIII et au XIV siecle, Paris 1903, p. 58.
39. FERORELLI, op. cit., p. 53, e G. MINIERI RICCIO, Studi storici sopra 84 reg. ang., Napoli 1876, p. 109. Si chiarisce che l’”Amictum” era una specie di scialle che copriva la testa.
40. FERORELLI, op. cit., p. 55.
41. SUMMO, op. cit., p. 58.
42. Cfr. G.B. BELTRANI, Sugli antichi ordinamenti marittimi della città di Trani, Barletta 1873, p. 83, nota 16.
43. SUMMO, op. cit., p. 60.
44. Cfr. J. BEDARRIDE, op. cit., pp. 260—261.
45. N.F. FARAGLIA, Codice diplomatico sulmonese, Lanciano 1898, p. 263.
46. Cfr. G. GUERRIERI, Gli ebrei a Brindisi ed a Lecce 1409 — 1497. Contributo alla storia dell’usura nell’Italia meridionale, Torino 1900, documento II in app.
47. Tarì, moneta di origine araba in argento e oro diffusa in Italia meridionale al tempo degli Aragonesi.
48. Oncia, antica misura di peso pari a 1/12 di libbra uguale a circa 27 grammi.
49. FERORELLI, op. cit., p. 67, nota 2. Sabatino de Moise, banchiere in Cosenza , domandava nel 1469 la conferma di tutti i privilegi accordati antecedentemente dai sovrani “Et signanter privilegium serenissime regine Johaine secunde concessum iudeis esistentibus in provincia Aprucii datum in castello civitatis Aversi die ultimo mensis Augusti, V indictionis MCCCCXXVII”.
50. Cfr. N. VACCA, Un tumulto antisemita nel 1411, in “Rinascenza salentina”, III (1936), pp. 221 ss.
51. Cfr. F. CARABELLESE, La Puglia del secolo XV, Bari 1901, p. 115.
52. Protocolli del notaio Antonello de Thomacello — 1490 — archivio notarile di Trani, f. 11, tergo 13, 18, 31, 40.
53. FERORELLI, op. cit., p. 76.
54. BEDARRIDE, op. cit., p. 303.
55. SUMMO, op. cit., p. 85.
56. CARABELLESE, op. cit., p. 54.
57. SUMMO, nella sua opera citata a p. 88 ritiene anch’essa che il provvedimento del 26 maggio 1465 sia apocrifo.
58. Cfr. G. ZUCCARO, Gli ebrei a Nardò nel secolo XV, Nardò 1901, p. 36.
59. Cfr. GUERRIERI, op.cit., documenti VIII e IX in appendice.
60. Repertorio delle pergamene di Barletta, doc. CXLVII, Napoli 1904, pp. 170—174.
61. Cfr. O. MASTROIANNI, Sommario degli atti della cancelleria di Carlo VIII a Napoli, in “Arch. Stor. Nap.”, XX , 4 maggio 1495.
62. Cfr. A. CONIGER, Cronache, in Raccolta di varie croniche, diari ed altri opuscoli così italiani come latini appartenenti alla storia del regno di Napoli, V, Napoli 1780, p. 31.
63. Cfr. E. VERNOLE, Gli ebrei nel Salento, in “Rinascenza salentina”, 41
( 1933 ), pp. 17—24.
64. Cfr. S. LOFFREDO, Storia della città di Barletta, Trani 1898, II, pp. 492 ss.
65. SUMMO, op. cit., pp. 100—101.
66. FERORELLI, op. cit., pp. 206—207.
67. SUMMO, op. cit., p. 107.
68. Cfr. Notar GIACOMO, Cronaca di Napoli, Napoli, stamperia reale 1845, IV, p. 294.
69. Privilegi et capitoli etc. di Napoli etc., Milano 1720, XLIII ss., p. 96.
70. SUMMO, op. cit., p. 110.