Emanuele Gianolio
Università Degli Studi di Bari – Facoltà Di Lettere e Filosofia – Corso di Laurea in Filosofia – Relatore: Giosuè Musca – Anno Accademico 1999
- Capitolo I: Gli ebrei e la diaspora
- Capitolo II: Gli ebrei nell’Italia meridionale
- Capitolo III: Gli ebrei a Trani dalle origini al dominio aragonese
- Capitolo IV: Decadenza degli insediamenti ebraici sotto il governo spagnolo e loro definitiva espulsione dal Mezzogiorno
- Conclusione – Bibliografia
Premessa
La presenza di comunità ebraiche nel Mezzogiorno italiano e particolarmente in numerose località della Puglia è una realtà ormai ben definita ed accertata attraverso una cospicua documentazione, essa si perde in tempi lontani ma sicuramente si era già affermata nel nostro Mezzogiorno anteriormente all’epoca imperiale romana.
Abbiamo ritenuto necessario, prima di descrivere in generale lo stato delle comunità ebraiche pugliesi e più analiticamente quella di Trani nel Medioevo, verificare sia pure in modo sommario lo sviluppo degli avvenimenti che portarono alla disseminazione del popolo ebraico nel bacino del mediterraneo ed in Italia, in modo da poter meglio definire le sequenze temporali di come si siano attuati questi insediamenti che tanta importanza ebbero nello sviluppo dell’economia e della cultura nel Mezzogiorno e particolarmente in Puglia.
Capitolo I: Gli ebrei e la diaspora
1. Gli ebrei nel mondo romano
Parlare della diaspora significa ricordare la dispersione del popolo ebraico dalla sua terra di origine; ciò avvenne alcune volte coattivamente per ragioni belliche o politiche (deportazione in Assiria nel 722 a.C., a Babilonia nel 597 a.C., prima distruzione di Gerusalemme nel 586 a.C., incendio di Gerusalemme da parte di Tito nel 70 d.C.). Troviamo così comunità ebraiche in Mesopotamia, Siria, Persia, Asia Minore, Cirenaica, Grecia, Macedonia e Italia già prima dell’era cristiana; in Egitto esisteva un quartiere di Alessandria riservato agli ebrei e dotato di sinagoghe (1).
I primi rapporti tra ebrei e romani risalgono a circa un secolo e mezzo a.C., quando i Maccabei ebbero contatti amichevoli con Roma, ma non è molto certa la cronologia relativa all’apparire delle prime colonie ebraiche in Roma; probabilmente questo avvenne in concomitanza dell’alleanza con la repubblica e in armonia con la tendenza degli Ebrei a migrare.
È storicamente accertato che fin dall’epoca repubblicana esisteva in Roma una numerosa comunità ebraica in Trastevere; il praetor peregrinus Cn. Cornelius Hispalus, secondo Valerio Massimo (2), ne decretò l’espulsione già nel 139 a.C. col pretesto dei loro riti ritenuti immorali.
L’atteggiamento dei romani nei confronti degli ebrei variò a seconda degli ambienti sociali e nei vari periodi storici; in generale la cultura romana fu loro avversa. Cicerone, Orazio e Plinio il Vecchio li criticarono apertamente, quest’ultimo li definì “Razza che si distingue per il disprezzo degli dei” (3) e Tacito negli Annales (4) ritenne importante la cacciata di quattromila ebrei da Roma voluta da Tiberio, perché questi erano ritenuti fonte di corruzione. Un giudizio negativo sugli ebrei venne dato pure da Strabone, Dione Cassio, Seneca e Rutilio Namaziano.
Diverso nei tempi fu l’atteggiamento del potere politico romano nei confronti degli ebrei. Cesare si dimostrò sempre benevolo nei loro confronti e così pure Augusto, che concesse alla comunità romana di avere un proprio tribunale, il Beth-Din. Nelle Antichità Giudaiche dello storico ebreo Giuseppe Flavio (5) sono riportati molti decreti di Giulio Cesare di Augusto e di autorità municipali, con i quali era consentita agli israeliti libertà di culto e venivano conservati molti loro privilegi; al contrario Tiberio li cacciò da Roma e così pure fece Claudio dopo un primo atteggiamento indulgente, come riferiscono gli Atti degli Apostoli (6).
Pompeo Magno aveva occupato nel 63 a.C. Gerusalemme senza distruggerla e da quel momento la Giudea diventò parte del governatorato romano di Siria. Molti ebrei anelavano alla libertà del loro popolo e sostenevano di dover negare il tributo dovuto a Roma; vi furono ribellioni e rivolte ai tempi di Nerone finchè i ribelli nel 65 d.C. occuparono Gerusalemme. La reazione di Roma fu violenta e la città venne distrutta nel 70 d.C. da Tito: iniziò così la dispersione del popolo ebraico che si completò con la definitiva devastazione di Gerusalemme nel 135 d.C. sotto Adriano; da quel momento la città perse il suo antico nome e venne chiamata Aelia Capitolina.
Dopo questa nuova diaspora, le condizioni degli ebrei, diffusi ormai in tutto l’impero romano, oscillarono a seconda delle diverse situazioni locali, tuttavia in generale gli imperatori adottarono verso di essi una politica molto tollerante che culminò nella concessione anche a loro della cittadinanza romana, proclamata da Caracalla con la Constitutio Antoniniana del 212 d.C. per tutti i cittadini provinciali. In quell’epoca lo stato giuridico e politico degli ebrei era dei migliori in quanto come cittadini romani avevano la possibilità di accedere a tutte le cariche pubbliche e numerose disposizioni imperiali li tutelarono. Solo con l’affermarsi del cristianesimo le loro condizioni peggiorarono, Teodosio istigato da sant’Ambrogio escluse tutti i giudei dall’accesso alle cariche pubbliche civili e militari.
Concludendo, bisogna riconoscere che la posizione degli ebrei, salvo alcune eccezioni come quella di Giuliano l’Apostata, non godette di particolari favori presso il potere politico di Roma. Infatti essi professavano una religione autorizzata che però non era ben vista, poiché proprio dal suo culto derivava il loro atteggiamento d’intransigenza nei confronti dello Stato romano. Tuttavia proprio per le sue intriseche caratteristiche di chiusura verso gli altri popoli l’ebraismo e la religione giudaica non vennero considerati particolarmente pericolosi dallo Stato romano (cosa che invece avvenne per il cristianesimo che ne minava le basi politiche), e quindi nel loro complesso gli ebrei godettero di buone condizioni di vita e di sviluppo nell’età imperiale.
2. Le condizioni degli ebrei in Italia dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente
Dopo la caduta nel 476 d.C. dell’Impero Romano d’Occidente, sotto il dominio di Teodorico re dei Goti le condizioni degli ebrei furono buone: infatti questi intervenne in diverse occasioni per difenderli dai loro persecutori; di fronte alle ingerenze ecclesiastiche nei loro confronti egli rispose ponendoli sotto la sua tuitio ed autorizzandoli a valersi nei confronti del clero della prescrizione trentennale (7).
Quando nel secolo seguente l’Italia passa sotto l’Impero Romano d’Oriente, vengono applicate agli ebrei le norme del codice giustinianeo che riprendeva quelle degli imperatori precedenti, in particolare di Teodosio. Viene quindi stabilito un canone fisso da pagarsi all’imperatore; le norme contenute nel Codex (8) se da una parte sono restrittive, in quanto ad esempio vietano i matrimoni fra giudei e cristiani ed impediscono agli ebrei le carriere civili e militari, d’altro canto tutelano gli usi ed i riti ebraici.
Sotto la dominazione longobarda la condizione degli ebrei risulta poco conosciuta, infatti negli editti dei re longobardi non si accenna mai ai giudei. Con ogni probabilità poiché gli ebrei erano cittadini, furono applicate ad essi le norme imposte ai romani e cioè la perdita dei diritti politici con la conservazione di quelli civili; solo Jassuda Bedarride accenna all’esistenza di leggi particolari emesse dai re Longobardi nei confronti degli ebrei e particolarmente vessatorie nei loro riguardi (9).
Con il sopraggiungere dei Franchi, l’intolleranza del clero cristiano si fece sempre più aspra ed i nuovi dominatori, che avevano assunto il titolo di protettori della Chiesa, se ne fecero interpreti fino a giungere alla cacciata generale di tutti i giudei dal regno italico con un capitolare di Ludovico II dell’855 d.C.; tuttavia probabilmente questo bando non venne mai applicato vista l’enorme importanza che avevano acquisito i ricchi mercanti ebrei per il commercio fra Oriente e Occidente.
Nel secolo X le sopraffazioni nei confronti degli ebrei subirono una pausa in quanto il mondo cristiano si concentrò nel fronteggiare l’invasione araba; ciò fece aumentare notevolmente il loro numero in Italia e proprio in quel periodo sorse la scuola medica di Salerno cui collaborarono attivamente professori e medici ebrei.
In conclusione, nell’alto Medioevo italiano la situazione degli ebrei non subì mutamenti politici di grande rilievo: sia nei rapporti con gli Stati sia nell’ambito religioso la loro posizione fu sempre in equilibrio precario. Infatti, se tutto sommato sotto Giustiniano ed i Goti ottennero buone condizioni per svolgere le loro attività commerciali, con l’avvento dei Franchi, molto sensibili ai voleri della Chiesa cattolica da sempre fortemente avversa agli ebrei, le loro condizioni peggiorarono sensibilmente. Di fronte ad un atteggiamento generale del clero apertamente contrario ai giudei l’unica posizione più tollerante ed equilibrata fu quella di papa Gregorio I, che rigettò ogni comportamento negativo derivante dalla tradizione antigiudaica.
Note al Capitolo I
1. Enciclopedia italiana, XII, Roma 1949, p. 749, alla voce Diaspora: “tutta la terra e tutto il mare erano pieni di ebrei”, orac. sybill., III — 271.
2. VALERIO MASSIMO, Detti e fatti memorabili, a cura di R. Faranda, Torino 1976, I.3,2., cit. da G. SUMMO, Gli ebrei in Puglia dall’XI al XVI secolo, Bari 1939, p. 11.
3. PLINIO IL VECCHIO, Historiae, a c. di S. Ferri, in Storia delle arti antiche, Roma 1946, XIII, 9,5, pp. 285 — 286.
4. TACITO, Annales, ed. H. Bornecque, Paris 1965, II, 85, p. 130.
5. GIUSEPPE FLAVIO, Antichità giudaiche, Torino 1998, XIV, cap.10— 9 — 16, XVI, cap. 6 — 2 — 7.
6. Atti degli Apostoli, in La Sacra Bibbia, a c. di G. Alberione, Roma 1966, XVIII — 2, p. 1176.
7. CASSIODORO, Variae, ed. T. Mommsen, in M. G. H., Scriptores Antiquissimi, XII, cit. da Summo, op. cit., p. 26.
8. Codex Justinianeus, tit. VIII libro I, Venezia 1836, cit. da Summo, op. cit. p. 29.
9. J. BEDARRIDE, Les juifs en France, en Italie et en Espagne,Paris 1867, p.63.