Martedì 30 luglio, l’Unione dei giovani ebrei italiani (Ugei) ha accolto una delegazione di giovani musulmani dell’Istituto Tevere (di nazionalità algerina, turca e albanese) per una visita guidata al Museo ebraico e alla Sinagoga di Roma. Un’occasione per “approfondire la storia e la cultura ebraica e rafforzare il percorso di reciproca conoscenza intrapreso insieme. Con l’augurio di incontrarci ancora e ribadire la centralità del dialogo interreligioso”
La pace è già realtà nel cuore dei giovani. Ci sono spazi silenziosi nelle città dove l’incontro è possibile e i pregiudizi cadono come foglie al vento perché si combattono con il confronto diretto e la conoscenza reciproca. Ad esserne testimoni sono giovani ebrei e musulmani di Roma. Martedì 30 luglio, l’Unione dei giovani ebrei italiani (Ugei) ha accolto una delegazione di giovani musulmani dell’Istituto Tevere (di nazionalità algerina, turca e albanese) per una visita guidata al Museo ebraico e alla Sinagoga di Roma. I ragazzi musulmani sono entrati nel Tempio Maggiore indossando il copricapo in segno di rispetto. I ragazzi ebrei li hanno accolti prima nel Museo ebraico dove si sono ripercorsi gli anni bui delle leggi raziali e della Shoah, poi in Sinagoga per un momento di “contemplazione e preghiera” ciascuno secondo le proprie tradizioni e nel rispetto del luogo sacro.
Un piccolo segno della voglia che i ragazzi hanno dentro di abbattere le barriere. L’incontro infatti – si legge in una nota dell’Ugei – “è stato occasione per approfondire la storia e la cultura ebraica e rafforzare il percorso di reciproca conoscenza intrapreso insieme. Con l’augurio di incontrarci ancora e ribadire la centralità del dialogo interreligioso”. L’iniziativa – spiega al Sir Cenap Aydin, giovane direttore dell’Istituto Tevere – è il frutto di “una amicizia nata da tempo e fondata sul comune impegno per il dialogo interreligioso”. Il 27 gennaio, il Giorno della Memoria, l’Istituto Tevere aveva ospitato nei suoi locali un gruppo di giovani dell’Ugei per un evento di commemorazione, insieme a Religions for Peace e alla Fondazione Scholas Occurrentes. Poi, durante il mese del Ramadan, i giovani ebrei erano stati invitati a condividere con i giovani musulmani il pasto di rottura del digiuno, “Iftar” e in quella occasione l’Istituto Tevere ha predisposto un menù interamente kosher. “Se ci si conosce veramente e ci si rispetta, possiamo creare spazi e momenti condivisi in cui possiamo interagire, dare una testimonianza insieme di convivenza pacifica, in un tempo in cui il dialogo tra ebrei e musulmani è spesso vincolato da problemi politici e in cui sta diventando sempre più urgente dimostrare che le differenze religiose non ci dividono”.
Ad accogliere i giovani musulmani e guidarli nei locali del Museo e della Sinagoga c’era anche la presidente dell’Ugei Keren Perugia. I giovani sono così stati condotti per mano lungo la storia e il presente della “gente del Libro”, alla conoscenza della Torah e del popolo di Israele, “ricco di profeti scelti da Dio per illuminare la storia”. Nel Tempio Maggiore hanno ripercorso la prima storica visita di Giovanni Paolo II, e poi quelle di papa Benedetto XVI e due anni fa di papa Francesco. “Vogliamo camminare sulle loro orme – dicono oggi i giovani – per creare vie di riconciliazione e di pace”. E’ una generazione nuova che nasce. “Siamo feri – dicono – di essere cittadini italiani e vogliamo offrire al nostro Paese un esempio, piccolo ma significativo, di dialogo possibile e di incontro autentico. Vogliamo dire che le nostre fedi ci incoraggiano ad incontrarci, a collaborare insieme, a lavorare per il bene comune. Le nostre appartenenze religiose e le nostre diversità non sono ostacoli che impediscono la pace e fomentano la violenza. Al contrario, come diceva il cardinale Tauran, sono la soluzione ai problemi della storia di oggi”.
Ruben Spizzichino, vice presidente dei giovani ebrei italiani, parla del principio di “Tikkum Olam” insito nella tradizione ebraica. “E’ il principio della riparazione del mondo, dell’essere presenti nella storia dell’umanità per svolgere un’opera benevola e correggere per quanto umanamente possibile le ingiustizie. La conoscenza reciproca fa parte di questa riparazione per generare una società fraterna, un mondo dove non c’è spazio per i pregiudizi. Siamo consapevoli dell’importanza del dialogo e siamo consapevoli che senza un confronto diretto ed una conoscenza sincera non ci possa essere rispetto”.