Reportage. La profetessa che preannunciò la distruzione di Gerusalemme
I ritmi gioiosi di corni e tamburi sono suoni familiari per chi è solito percorrere i vicoli del quartiere ebraico nella città vecchia di Gerusalemme. Sono gli “araldi” che accompagnano le celebrazioni verso il Kotel, il Muro occidentale del Bar Mitzvah, il passaggio nell’età matura per gli ebrei; 12 anni per i maschi, 13 per le ragazze.
I musicisti si fermano all’esterno dell’area dedicata alla preghiera nel luogo più sacro per l’ebraismo, ai piedi del muro del Pianto, l’unica parte rimasta del Secondo Tempio, distrutto da Tito nel 70 dopo Cristo.
Ai tempi di Erode il Grande, autore del più imponente ampliamento del Tempio di Gerusalemme, l’ingresso principale era nella parte meridionale delle mura, attraverso la porta di Hulda. Per vederle oggi da vicino bisogna accedere al parco archeologico, accanto al Kotel e alla passerella che conduce alla Spianata delle Moschee, che gli ebrei chiamano ancora Monte del Tempio.
Quando sono state costruite le fondamenta della Moschea di Al Aqsa, la porta di Hulda è stata murata. Consisteva in un ingresso duplice e in uno triplice, di cui si vedono bene ancora i tre archi, era stata costruita da Erode il Grande, nel primo secolo dopo Cristo, ma era stata dedicata alla profetessa che nel 600 a.C. preannunciò al re Giosia la distruzione di Gerusalemme.
«Non è una attribuzione certa» spiega Amirit Rosen, rabbina a Gerusalemme. «Ci sono almeno tre etimologie con cui si è interpretato il nome della porta. Secondo alcuni, Hulda in ebraico significherebbe «talpa» e indicherebbe i tunnel scavati, in epoca erodiana, sotto il Monte per accedere all’interno dell’area del Tempio. Secondo altri le porte sarebbero dedicate alla profetessa Hulda («donnola» o «mondo» il significato del nome) nel luogo dove avrebbe insegnato e dove sarebbe stata sepolta. Nell’ebraismo ci sono sette donne considerate profetesse, ma solo due sono definite così nella Bibbia: Deborah e Hulda. Hulda vi compare due volte, per pochi versetti: nel secondo libro dei Re (22,14-20) e nel secondo delle Cronache (34, 22-28). Vive al tempo di re Giosia, il re che ha combattuto l’idolatria e riparato il Tempio. Ed è durante i lavori di ristrutturazione, che viene ritrovato un libro della legge, probabilmente il Deuteronomio. Quando il re ne ascolta il contenuto, geme e si strappa le vesti in segno di umiliazione, perché si rende conto che tutto ciò che ha fatto fino ad allora per salvare il suo popolo non è sufficiente: occorre un oracolo che interpreti quel libro. Viene scelta la profetessa Hulda, che annuncia la collera di Dio sul popolo idolatra, una collera che avrebbe dovuto risparmiare il re devoto». Il primo oracolo si avvera, il secondo no.
«Diversi autorevoli commentatori si sono chiesti perché il re abbia scelto Hulda e non Geremia, suo contemporaneo — spiega la rabbina Rosen — Una ragione potrebbe essere la discendenza comune: erano parenti e per questo non sarebbe stato un affronto per Geremia, che magari neppure si trovava in città in quel momento. Per altri, invece, il re Giosia avrebbe scelto volutamente una donna per avere una profezia, diciamo, più morbida. Ma non fu così».
Dalla Bibbia non si conoscono molti dettagli di Hulda, se non il fatto che era sposata con Sallum, guardarobiere del Tempio, e che abitava col marito nel «secondo quartiere» di Gerusalemme. Recenti scavi archeologici ne hanno fatto emergere alcune tracce nel cuore del quartiere ebraico della città vecchia.
«È stata trovata una parte del muro esterno del quartiere che, nell’ottavo secolo avanti Cristo, fu allargato per accogliere la popolazione in fuga dalle campagne per la minaccia assira» spiega don Stefano Vuaran, biblista friulano, che alla Gerusalemme dei tempi di Hulda ha dedicato parte del suo dottorato. «Il regno di Giosia rappresenta l’ultima fase felice del regno di Giuda, prima della distruzione definitiva. Il fronte esterno vede il declino della Siria, il sorgere del regno di Babilonia e il tentativo di risollevarsi dell’Egitto: Giosia cerca di destreggiarsi, ma morirà a Meghiddo, per un calcolo politico sbagliato. Sul fronte interno, il re cerca di compattare il regno con una riforma religiosa. Estirpa i culti politeisti, per ristabilire il culto di Jahve in un unico Tempio a Gerusalemme. Hulda abitava di sicuro lì vicino, perché suo marito Sallum era un levita, “custode delle vesti” al Tempio. Hulda era una “profetessa di corte”, non faceva parte dei profeti presi dal popolo, con una sensibilità spiccatamente sociale». Qualche dettaglio in più sulla vita a Gerusalemme della coppia, sicuramente agiata e parte dell’estabilishment del tempo, lo si trova nei testi dei commentatori ebrei. Qualcuno descrive Hulda come una profetessa che insegnava agli anziani la Torah, fatto molto raro anche all’epoca di Giosia, un ruolo acquisito grazie alle opere caritatevoli del marito.
«C’è una tradizione che dice che Sallum era solito stare all’ingresso della città per dare da bere alla gente che arrivava, una carità quotidiana grazie a cui la moglie avrebbe ottenuto da Dio il dono della profezia: è una bella immagine di inversione dei ruoli a cui non siamo abituati. Non è l’uomo a studiare e ad insegnare ed è lui, non la donna, a fare opere di bene. Saremmo davanti a una coppia che lavora insieme a ruoli invertiti, un modello interessante» riflette Amirit Rosen, che appartiene a una corrente liberale dell’ebraismo e guida una comunità col marito, rabbi David. «Qualcosa sta cambiando a Gerusalemme, seppur piano piano e con molta fatica. La nostra comunità, che si chiama Kehilat Morshet Avraham, ha accettato la nostra guida condivisa. La storia di Hulda ci insegna che si può lavorare insieme e supportarsi a vicenda. Un’antica promessa citata in un’opera rabbinica afferma che la Porta di Choen (dei sacerdoti) e la Porta di Hulda non sono mai state distrutte e Dio le rinnoverà».
Il percorso sulle tracce di Hulda a Gerusalemme conduce ad un’ultima tappa, sul Monte degli Ulivi. Ai piedi della cappella dell’Ascensione. I cristiani possono celebrarvi la messa solo una volta all’anno, perché dai tempi del Saldino è di proprietà musulmana. Il complesso comprende la cappella, una moschea e una cripta con una tomba. Bisogna chiedere chiavi e permesso allo sceicco del quartiere per accedere a questo luogo sacro alle tre religioni, grazie a tre donne. Per i cristiani è il luogo di sepoltura di santa Pelagia, per i musulmani quello di Rābiʿa alʿAdawiyya, la madre del sufismo, e per gli ebrei quella della profetessa Hulda. «La cripta ha struttura crociata — spiega don Stefano Vuaran — ma fu costruita sul luogo originario della devozione a santa Pelagia, che visse in epoca bizantina nel monastero costruito intorno alla chiesa dell’Eleona, la chiesa del Pater noster».
La venerazione per santa Pelagia era tale, che anche le altre religioni monoteistiche di Gerusalemme si appropriarono della narrazione della tomba sacra di una donna. Quando divenne proprietà dei musulmani, la memoria di Pelagia è stata sostituita con quella di una mistica musulmana, tardiva è anche la tradizione ebraica che, fino al diciannovesimo secolo, vi ha venerato Hulda.
«Dal punto di vista storico è impossibile che Hulda sia stata sepolta sul Monte degli Ulivi perché era troppo lontano dal Tempio e la moglie di un levita non sarebbe mai stata trasportata fin qui — spiega don Stefano — Troppo vicine erano invece le porte di Hulda, l’area delle tombe di epoca monarchica è davanti alla città di Davide.
Si sa, di fatto, molto poco della profetessa Hulda.
È una figura che, se guardata coi criteri della letteratura occidentale, pare poco più di una comparsa. Secondo la tradizione orientale, invece, gioca un ruolo importante, perché il valore sta nella funzione. Hulda annuncia la distruzione di Gerusalemme, che avverrà puntualmente 50 anni dopo. Compare in pochi versetti e poi scompare. Come la parola di Dio, ma è il segno della sua potenza».
di Alessandra Buzzetti
Corrispondente da Gerusalemme di Tv2000
https://www.osservatoreromano.va/it/news/2022-10/dcm-009/alla-porta-di-hulda.html