V. Continuano le persecuzioni – La Comunità di Livorno
Morto papa Paolo IV, venne eletto a papa Pio III, cui succede al soglio pontificio Pio IV, che con una bolla mitiga le restrizioni antiebraiche di Paolo IV. Ma il suo successore, Pio V, (poi santificato) il 26 febbraio 1569 emana la bolla Hebraeorum gens…, con cui ordinava che gli Ebrei fossero cacciati da tutte le Terre del Papa, ad eccezione di Ancona e Roma.
Gli Ebrei di Bologna, città che dal 1506 fa parte dello Stato pontificio, passano allora nel vicino territorio degli Estensi; e siccome la bolla di papa Pio V ordinava anche la distruzione di tutto ciò che potesse ricordare l’esistenza di una Comunità ebraica, compresi i cimiteri, gli Ebrei di Bologna abbandonano la città portando seco anche i loro morti, che seppelliscono nel cimitero di Pieve di Cento. Dell’antico cimitero ebraico bolognese sono stati ritrovati quattro cippi, che si trovano ora al Museo Civico.
In seguito alla bolla Hebraeourum gens…, scompaiono per sempre alcune Comunità ebraiche italiane: quelle di Ravenna, Fano, Camerino, Orvieto, Spoleto, Viterbo, Terracina, non risorgeranno mai più. Gli ebrei abitanti vicino a Roma si rifugiano nel già sovrappopolato ghetto romano; lo attestano ancor oggi i cognomi di molti ebrei romani: Tagliacozzo, Tivoli, Veroli, Frascati, Marino, Di Segni, Di Capua, Di Nola, ecc. Le Comunità di Roma e Ancona vengono quindi oberate della spaventosa tassa di 10 scudi per ciascuna delle 115 sinagoghe distrutte, che erano state a suo tempo tassate con la bolla Cum nimis absurdum a favore della Casa dei Catecumeni.
Le notizie delle tristissime condizioni degli Ebrei viventi nelle Terre del Papa impressionano gli Ebrei degli altri paesi; e Josef Nassì, un marrano portoghese, nipote e genero di Gracia Mendes, il futuro duca di Nasso, si serve della sua influenza presso il Sultano per ottenere da questo il permesso di poter sistemare i profughi ebrei in Tiberiade e in sette villaggi vicini; ma per ragioni a noi sconosciute, il progetto non ebbe l’attuazione sperata.
Anche nel resto d’Italia si sentono le conseguenze della politica antiebraica dei papi. A Milano Carlo Borromeo, poi santificato, propone l’obbligo del marchio giallo per gli Ebrei, e in un secondo tempo ottiene la loro espulsione. (è questa la seconda volta che gli Ebrei sono scacciati da Milano; la prima erano stati espulsi per ordine di Sant’Ambrogio).
Anche Venezia, dopo la vittoria sui Turchi a Lepanto (1571), decide di cacciare gli Ebrei allo spirare della condotta; a ma poi, quest’ordine viene revocato, e la Comunità veneziana, dopo un breve periodo di angoscia e incertezze, torna ad essere una delle più fiorenti Comunità ebraiche d’Europa.
Papa Gregorio XIII (il bolognese Ugo Boncompagni) rimette in vigore la “predica coattiva” (già nel XIII secolo un papa aveva pensato di obbligare gli Ebrei ad ascoltare prediche che dovevano indurli alla conversione) con due bolle: del 1577 e del 1584.
Gli Ebrei dovevano andare il sabato pomeriggio in una chiesa vicina al ghetto: quelli di Roma nella chiesa di S. Paolo alla Regola, quelli di Lugo nella chiesa delle Stimmate, attigua al portone verso l’esterno della città; e così in tutti i centri dello Stato dove vivevano Ebrei. Ma prima di andarci, molti di essi si turavano le orecchie e turavano quelle dei loro figli con della cera; oppure, simulando mal di denti, si fasciavano la testa. E facile comprendere quale risultato potessero avere tali prediche.
Nel 1586 papa Sisto V, con la sua bolla: Christiana pietas concede agli Ebrei di rientrare nelle città dello Stato pontificio, verso pagamento di una forte somma. Anche a Bologna quindi tornano ad insediarsi Ebrei; ma per breve tempo, perché nel 1593 papa Clemente VIII li scaccia di nuovo dal piccoli centri.
Nel 1598 anche Ferrara, estintosi il ramo principale della famiglia degli Estensi, cade sotto la dominazione pontificia (e fino al 1859 questa città sarà governata da un Legato pontificio, di solito un cardinale, come nelle altre tre Legazioni delle Romagne); e gli Ebrei, che, protetti dagli Estensi, avevano goduto di un Periodo di benessere, sono sottoposti ora a tutte le interdizioni cui devono soggiacere gli Ebrei residenti nelle Terre del Papa: già nel 1598 viene imposto l’obbligo del “segno giudaico” ; nel 1624 a Ferrara è’ istituito il ghetto; e infine nel 1639 viene l’ordine che tutti gli Ebrei del territorio che era appartenuto agli Estensi siano riuniti in tre soli centri: Ferrara, Cento e Lugo, e che in queste due ultime città sia istituito il ghetto. In seguito a quest’ordine tutte le Comunità ebraiche romagnole, di cui alcune molto antiche, scompaiono, ad eccezione di Lugo, destinata a diventare importante centro di studi e ad avere una storia gloriosa, fino ai tempi moderni. Degli antichi centri romagnoli rimane il ricordo nei cognomi degli ebrei italiani: Ravenna. Rimini, Forlì, Cesana (da Cesena), Castelbolognesi (da Castelbolognese), Soliani (da Soliano), Modigliani (da Modigliana), Russi, Meldola.
Ma nello stesso anno in cui papa Clemente VIII ha cacciato gli Ebrei dai piccoli centri del suo Stato, è sorta un’altra Comunità italiana, che diventerà col tempo sempre più numerosa e importante e non avrà mai l’obbligo della reclusione nel ghetto: Livorno. Il 10 giugno 1593 il Granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici promulga una legge che fu poi affettuosamente chiamata “la Livornina”. Desiderando fare di Livorno un importante centro commerciale, il porto del Granducato cui trasferire la funzione che aveva avuto Pisa, ormai da tempo inefficiente come porto di mare, Ferdinando I con questa legge concede ospitalità a tutti gli stranieri, anche agli Ebrei. L’art. 20 del bando suona così: “… vi concediamo che possiate tenere in detta città di Pisa e terra di Livorno una sinagoga per luogo, nella quale possiate usare tutte le vostre cerimonie, precetti et ordini ebraici et osservare in essa et fuori tutti i riti, nelle quali non vogliamo che alcuno sia ardito di farvi alcuno insulto, oltraggio o violenza” .