III. Dall’espulsione degli Ebrei dalla Sicilia e dalla Sardegna al Rinascimento – Il primo Ghetto – Un movimento messianico
Nel 1492 gli Ebrei sono espulsi dalla Spagna; e il 18 giugno dello stesso anno viene l’ordine di espulsione anche dalla Sicilia e dalla Sardegna (appartenenti alla Spagna); ordine che viene eseguito, dopo una breve dilazione, entro il 1492. Neppure un Ebreo rimane in Sicilia; la maggioranza degli Ebrei siciliani si rifugia nelle città dell’Italia Meridionale. Né in Sardegna: delle Comunità ebraiche di Sassari, Cagliari e Alghero non rimane più traccia.
Ma anche le Comunità ebraiche dell’Italia Meridionale sono destinate a scomparire. Nel 1500, con il Trattato di Granada, il Regno di Napoli viene diviso fra Luigi XII di Francia e ~ Ferdinando il Cattolico di Spagna; nella lotta che ne segue fra Francesi, e Spagnoli, questi ultimi prevalgono: nel 1505 gli Spagnoli entrano a Napoli; da questo momento le Comunità ebraiche del Regno di Napoli (Napoli, Trani, Nola, Bari) antiche e un tempo cosi fiorenti, vanno rapidamente scomparendo. Una parte degli Ebrei provenienti da queste Comunità si stabilisce a Roma, dove sorgono in tal modo piccole Sinagoghe (siciliana, aragonese); altri si rifugiano nel Levante, in Turchia; altri ancora prendono stanza a Corfù (ancora oggi gli Ebrei corfioti parlano un dialetto pugliese misto a veneto).
Nel 1516 fu istituito a Venezia il ghetto; e fu, questo, il primo ghetto del mondo. La stessa parola “ghetto” è di origine veneta; così si chiamava il quartiere, poi destinato ad abitazione per gli Ebrei, perché era situato accanto a una fonderia; il nome poi si diffuse in tutta Europa, prendendo il significato di quartiere dove gli Ebrei dovevano vivere rinchiusi. I portoni del ghetto venivano chiusi al tramonto e custoditi durante la notte da guardiani cristiani, pagati dagli Ebrei; e all’alba si riaprivano. Di giorno i Cristiani potevano entrare nel ghetto per fare acquisti o portare pegni in cambio di prestiti. li secondo ghetto fu quello di Roma, istituito nel 1555 per ordine di papa Paolo IV.
Verso la metà del secolo giungono in Italia dalla Spagna gruppi di marrani. Questi cripto-ebrei erano chiamati dagli Spagnoli marranos, ossia maledetti o maiali; gli Ebrei li chiamavano anussim. Si erano convertiti nel 1492, per poter rimanere in Spagna; e sei anni dopo, in seguito al decreto d’espulsione che colpiva gli Ebrei del Portogallo, c’erano stati pure Ebrei di quel paese che si erano convertiti.
Ma, la loro conversione era solo apparente, perché erano rimasti profondamente ebrei, nei sentimenti e nelle abitudini. Professavano la religione cristiana di fronte al mondo e continuavano a vivere da ebrei rinchiusi nelle loro case; ma se venivano scoperti e denunciati all’Inquisizione, erano condannati al rogo. Dopo qualche decennio di questa duplice, pericolosa esistenza, comincia esodo dalla Penisola Iberica dei marrani che vogliono ritornare pubblicamente alla fede avita. Molti si rifugiarono nei Paesi Bassi, dove la Lega di Utrecht aveva proclamato nel 1579 libertà di culto; ed ancor prima gruppi di marrani erano giunti in Italia, dove avevano preso dimora soprattutto a Roma, a Ferrara, che era sotto la Signoria degli Estensi, e ad Ancona, che faceva parte delle Terre del Papa.
Ma già nella prima metà del secolo era avvenuto in Italia, ad opera soprattutto di un marrano portoghese, un movimento messianico. Nel 1524 arriva dall’Oriente David Reubeni, che si dice inviato da suo fratello, re della tribù di Reuven; è un uomo che si fa notare: cavalca un cavallo bianco, cinge la spada (agli Ebrei era proibito portare armi); si presenta a papa Clemente VII e gli propone di armare gli Ebrei per la conquista della Palestina.
Clemente VII non respinge la proposta, e lo manda con una sua lettera di presentazione dal re del Portogallo. David Reubeni compie un giro trionfale attraverso l’Italia, e poi si reca a Lisbona e si presenta al re. Il suo arrivo nel Portogallo ridesta tutte le speranze nei cuori dei marrani. Uno di questi, di nome Diego Pires, è ministro del re; all’arrivo di Reubeni egli, si dichiara, subito apertamente ebreo, e prende il nome di Salomone Molho. Il re lo fa imprigionare;, ed egli in carcere, in un momento di esaltazione, si circoncide con un coccio provocando un’emorragia mortale. Ma egli guarisce. Espulso dal Portogallo, arriva in Italia e comincia a predicare; va a Roma, dove si intrattiene con dei mendicanti alle porte della città. Il suo prestigio si afferma quando, dopo avere vaticinato al papa un’inondazione del Tevere, questa realmente avviene. In Italia egli si incontra con Reubeni; tutti e due si recano dall’imperatore Carlo V per indurlo a combattere i Turchi con un esercito composto da Ebrei; poi Molho va in Palestina, dove continua la sua predicazione; quindi ritorna in Italia. Ma gli Ebrei italiani cominciano a temere che questa strana figura di fanatico comprometta la loro posizione; essi stessi lo denunciano all’Inquisizione, e Molho è arso vivo a Mantova. Quando, al momento in cui saliva sul rogo gli viene chiesto, come si chiedeva a tutti i marrani condannati al rogo, se fosse disposto a ritornare al cristianesimo, egli risponde: “Mi rammarico di essere vissuto per un periodo della mia vita da cristiano” , e rifiuta la benda con cui venivano coperti gli occhi dei condannati. Pochi anni dopo David Reubeni morì in carcere in Spagna.
Durante tutto il periodo del Rinascimento, essendo vivissimo l’interesse per lo studio delle lingue antiche, anche la lingua ebraica trova i suoi cultori tra non-ebrei; e di questi ricorderemo due celebri umanisti: Pico della Mirandola e Giovanni Reuchling.
Del rifiorire degli studi sente una benefica influenza anche l’ambiente ebraico. Nelle Signorie, si sviluppano fiorenti Comunità ebraiche; i Signori hanno bisogno di prestiti frequenti perché conducono vita dispendiosa, e di prestiti ha pure bisogno, per sopperire alle necessità della vita, il popolo minuto, sul quale appunto si appoggia il potere dei Signori; e i banchieri ebrei, analogamente a quanto avviene nelle Corti, proteggono i dotti ebrei. I più famosi manoscritti ebraici sono infatti di quest’epoca e di origine italiana. A Bologna si conserva nella Biblioteca Universitaria il Codice di Avicenna, tradotto in ebraico da Ibn Tibbon; ed è uno dei codici più famosi del Rinascimento, ornato di pregevolissime miniature.
Anche il teatro ha i suoi cultori tra gli Ebrei; per Purim si allestiscono spettacoli teatrali, e risale a quest’epoca, a imitazione delle gioiose feste carnevalesche del tempo, l’usanza di vestirsi in maschera in questa ricorrenza. Dall’Italia quest’uso passerà poi in Germania e quindi negli altri Paesi; usanza viva ancor oggi.
Gli Ebrei coltivano anche altre arti. Sono orafi: tra questi ricorderemo Graziadio di Bologna, maestro di Benvenuto Cellini. Eccellono nella medicina, che hanno appreso all’Università di Padova. A Soncino, in Lombardia, si stabilisce una famiglia ebrea, proveniente dalla Germania, che prende il nome dal posto, e vi fonda una stamperia ebraica; un’altra stamperia ebraica sorge a Venezia per iniziativa di Daniele Bomberg, non ebreo.