Francia – radiografia della comunità ebraica
“Nonostante una importante secolarizzazione nella comunità ebraica francese c’è un ritorno verso la pratica religiosa”, dichiara la sociologa Régine Azria al quotidiano parigino Le Figaro che poche settimane fa ha pubblicato un’inchiesta sull’ebraismo d’Oltralpe. Tuttavia, questo ritorno alla fede non costituisce un fenomeno di massa. Anzi, secondo alcuni dati, difficili da accertare, solo 100 mila tra i circa 700 mila ebrei di Francia sarebbero praticanti. Anche su questo punto le cose non sono molto chiare. Di quale “pratica” si tratta? Di coloro che vivono quotidianamente nel rispetto delle regole religiose o di chi frequenta la sinagoga una o due volte l’anno?
L’ebraismo francese, come quello del resto del mondo, è composto di un mosaico di movimenti e pratiche talvolta lontani uno dall’altro.
Dietro l’espressione “comunità ebraica” si nasconde una grande diversità di posizioni politiche, ideologiche o religiose. La prima linea di spartizione non riguarda però le diverse correnti all’interno della religione, bensì la questione essenziale dell’identità ebraica, tra chi la rivendica pubblicamente e chi, al contrario, ha scelto la via della completa integrazione nella società francese.
Il politologo Jean-Yves Camus, collaboratore della rivista Actualité juive conferma questa divisione: “Ci troviamo davanti a una vera bi-polarizzazione: da una parte ci sono gli ebrei che affermano, come mai prima, la loro identità, dall’altra ci sono coloro che si assimilano e scompaiono”. È difficile misurare questa realtà perché da noi le cifre costituiscono un tabù: “Sia la Torà sia la Repubblica francese vietano i censimenti degli ebrei”, dice Jean-Yves Camus. Ciò nonostante, alcune cifre ci permettono di capire la composizione della comunità e i cambiamenti che vi sono intervenuti. Più del 60 per cento sono sefarditi che si sono stabiliti in Francia a partire dagli anni Sessanta. Circa il 48 per cento dichiara di avere un solo contatto all’anno con la comunità e il 45 per cento dice di mangiare kasher. Le sinagoghe – circa 200 – e i rabbini, anch’essi duecento, sono sparsi in tutta la Francia, da Marsiglia a Strasburgo, ma la metà degli ebrei francesi abita l’Ile-de France (Parigi e i dintorni). Qui si è fortemente sviluppato negli ultimi sessanta anni. Nel 1945 c’erano quattro scuole ebraiche e nel 1976 ottantotto con 16 mila allievi. Nel 2002 ben 28 mila bambini e ragazzi frequentavano le scuole ebraiche.
Da duecento anni, la comunità ebraica francese è organizzata intorno al Concistoro (Consistoire), nato l’11 dicembre 1808 per volere di Napoleone. Il Concistoro assicura tra l’altro l’insegnamento religioso, s’occupa della formazione dei rabbini, tutela lo sviluppo delle associazioni che vi aderiscono, garantisce la permanenza della funzione del Gran Rabbino.
A parere di molti, però, questa vecchia istituzione è lontana dalla realtà sociologica in cui vivono gli ebrei francesi. “L’organizzazione centralizzata e piramidale del culto ha lasciato la Francia al di fuori dei movimenti di diversificazione che hanno attraversato l’ebraismo nel XIX secolo in Europa e negli Stati Uniti”, ha spiegato recentemente la storica Rita Hermon-Belot al quotidiano Le Figaro. Di fatto, la linea ortodossa del Concistoro non è condivisa da una buona parte degli ebrei praticanti. “Il Concistoro non ha più una posizione d’arbitro né di rappresentatività” ha dichiarato il rabbino Daniel Farhi confermando l’analisi della storica. Molti ebrei vanno a cercare una risposta proprio nel movimento liberale che in Francia conta anche una donna rabbino e che è diviso in tre tendenze.
All’opposto dei liberali ci sono gli ultraortodossi e in primo luogo la comunità dei Lubavitch che ha circa 25 mila membri di cui 15 mila a Parigi. E anche il movimento Massorati, i conservatori, è presente Oltralpe. I rappresentanti del Concistoro sottolineano che l’istituzione rimane aperta a tutte le correnti, a tutti i tipi di ebrei. Lontano da costituire una comunità monolitica, gli ebrei francesi – almeno coloro che s’identificano in un modo o in un altro con le sue istituzioni – rappresentano un puzzle di idee e di pratiche religiose pluraliste ed estremamente varie.
Masha Teitelbaum
http://www.mosaico-cem.it/mostra_bollettino_att2.php?id=27
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Purim insieme
Pronto, è la comunità? Chi? La comunità ebraica di Milano. Lanciata in gran fretta, con molto entusiasmo e accolta favorevolmente, è partita nelle ultime due settimane di marzo una nuova iniziativa del Rabbinato Centrale: il Mishlòach manòt comunitario, cioè lo scambio di cibi di Purìm. Da un’idea di Rav Yishai Hochman, capo del Kolèl della Comunità, grazie all’aiuto di un pugno di volontari ben determinati e di molti madrichim dei due movimenti giovanili che hanno fatto migliaia di telefonate, per una volta ancora fianco a fianco, l’iniziativa ha permesso a molti iscritti di regalare un piccolo pacco di dolci a uno o più correligionari per la festa di Purìm. In questa festa infatti la halakhà prescrive quattro precetti: La lettura della Meghillà di Ester, il pranzo festivo, la tzedakà ai bisognosi e appunto lo scambio di cibi con altri ebrei. Ma la di là della mitzvà è certamente importante che la Comunità sia stata impegnata nel rafforzamento dei contatti trasversali tra gli iscritti facendo prevalere i valori che ci uniscono a quelli che troppe volte sembrano dividerci.