Da domani la mostra «Prima di tutto italiani» sulla partecipazione degli ebrei romani alla Grande Guerra
Edoardo Sassi
Quell’aura struggente tipica di un passato non poi così lontano, dunque ancora in grado di «rivivere» anche attraverso carte familiari, vecchie foto, testimonianze appena sbiadite epperò capaci di riannodare i fili di esistenze, di drammi umani e collettivi, mettendo insieme pezzi di piccola e grande Storia: «Caro fratello Ricevei a suo tempo tue cartoline, e mi scuserai tanto si fino ad ora non t’abbia risposto, causa che dove mi trovo fino ad oggi non si trovava carta per scrivere…»; «…voglio augurarmi che come Bersagliere saprai fare il tuo dovere da vero seguace di Lamarmora. Sempre Avanti!!! Non mi va di perdermi in chiacchiere il grido è uno solo: Viva l’Italia!»; «Carissimo Gabriele Ricevo sempre tue notizie e te ne ringrazio anche a nome della tua cara mamma»…
Belli, poco conosciuti e intensi i materiali esposti nella mostra «Prima di tutto Italiani. Gli Ebrei Romani e la Grande Guerra», che si inaugura domani alle 15 nel Museo Ebraico di Roma (fino al 6 marzo). Una mostra curata da Lia Toaff e che attraverso foto, lettere dal fronte, libri di preghiera, cartoline, onoreficenze intende appunto raccontare l’importante contributo ebraico alla Prima Guerra; un contributo italiano, composto da storie di uomini che di lì a non troppo saranno declassati dalle leggi razziali del loro Paese (1938), perseguitati e in tanti casi sterminati nei campi nazisti.
Uomini che furono sulla linea del fronte, tante storie diverse, tra cui quelle di rabbinati militari e di migliaia di ebrei che difesero la loro patria; storie in particolare di ebrei romani, in buona parte militari di truppa. Gli ufficiali tra loro rappresentavano una minoranza. Legati giocoforza al commercio per via di secoli di obblighi pontifici e di segregazioni nel Ghetto, gli ebrei di Roma avevano infatti, non di rado, caratteristiche sociologiche diverse dalla popolazione ebraica del resto d’Italia, legata invece a una tradizione di pensiero e con un’istruzione di gran lunga superiore a quella della media nazionale in generale.
Su 38 milioni di italiani e una comunità ebraica che contava allora 35 mila persone, circa 5 mila furono gli ebrei al fronte e 42o i caduti. Tra le tante possibili storie nella storia, spicca in mostra il «racconto» della famiglia Anticoli, di papà Prospero, classe 1865, pasticcere in Largo Argentina, di sua moglie Flaminia Di Nepi e dei loro i3 figli. Quattro – Gabriele, Adolfo, Giorgio, Renato – combatterono durante la Grande Guerra. Adolfo durante l’occupazione nazista finirà ad Auschwitz. Saranno soprattutto le donne di famiglia a conservare gelosamente le tante lettere, foto, album e oggetti degli anni del conflitto ora parte di questa esposizione che domani sarà inaugurata, tra gli altri, dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, dal Presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, dal Rabbino Capo Riccardo Di Segni e dalla direttrice del Museo Alessandra Di Castro.
Corriere della Sera, 15 dicembre 2014