Capitolo 5 – Gli Ebrei negli altri paesi d’Europa e in America fino alla metà del secolo XVII
Le fonti
Ebrei e Marrani nella Penisola iberica: a) Espulsione degli Ebrei dal Portogallo e dalla Navarra; b) I Marrani in Spagna e Portogallo.
Ebrei e Marrani in Francia e Provenza
Belgio e Olanda
Germania e altri paesi tedeschi: a) Gli Ebrei in Germania fino alla riforma luterana; b) Lutero e gli Ebrei; c) Persecuzioni degli Ebrei per opera dei Protestanti; d) Austria e Boemia; e) La Comunità di Amburgo; f) Gli Ebrei durante la guerra dei trent’anni; g) Le Comunità di Vienna e di Praga
Ungheria
Polonia e Lituania
Russia
America
Le fonti
Oltre alle fonti consuete, si hanno, specialmente per quel che riguarda la penisola iberica, una grande quantità di documenti dei tribunali dell’Inquisizione, con relazioni particolareggiate delle indagini e dei processi e con indicazione delle sentenze dei tribunali stessi.
Ebrei e Marrani nella Penisola iberica
a) Espulsione degli Ebrei dal Portogallo e dalla Navarra
Un numero notevole degli Ebrei espulsi dalla Spagna (vedi vol. II pag. XXX) vennero autorizzati dal re del Portogallo Juan II a stabilirsi provvisoriamente in quello Stato, dietro pagamento di forti tasse e impegno ad abbandonare il paese entro otto mesi: solo ad alcuni facoltosi e artigiani specializzati venne concesso di restare oltre tale termine. Per qualche tempo questi Ebrei, alla pari di quelli che già in precedenza risiedevano in Portogallo, vissero tranquilli, ma questo stato di cose non durò a lungo. Scoppiata una pestilenza (1493), si diffuse la credenza che questa fosse punizione divina per l’asilo dato agli Ebrei, e questi furono costretti a lasciare il paese anche prima del termine fissato, e nelle navi che li trasportavano in nuove sedi furono sottoposti a vessazioni e violenze di ogni genere, mentre d’altra parte il timore del diffondersi della peste rese loro difficile il trovare luoghi che li accogliessero. Coloro che rimasero in Portogallo furono ridotti in schiavitù e i loro figli mandati alle isole di Sao Tomé, in Africa, per esservi educati al Cattolicesimo. I più vi morirono per le cattive condizioni del clima.
Morto Juan (1495), il suo successore Manuel dimostrò negli inizi del suo regno disposizioni più benevole verso gli Ebrei e liberò quelli che erano stati resi schiavi. Ma ben presto le cose cambiarono perché, avendo Manuel chiesto in moglie una figlia di Ferdinando re di Spagna, fu posta, come condizione all’accoglimento della sua richiesta, l’espulsione degli Ebrei anche dal Portogallo; Manuel, che sperava di diventare col matrimonio erede del trono di Spagna, accettò la condizione, e alla fine del 1496 fu emanato il decreto di espulsione, da eseguire entro l’ottobre dell’anno successivo sotto pena di morte e confisca dei beni per chi non avesse obbedito. Nell’intervallo di tempo fra l’emanazione del decreto e la sua esecuzione si approfittò per cercare di indurre gli Ebrei ad accettare il battesimo, ma, come al solito, con poco successo. Si ebbero però numerosissimi casi di battesimi forzati su bambini, strappati con violenza ai genitori, nonostante le proteste di questi e dei meno piccoli di quelli. Molti genitori si gettarono in mare con i loro figli per sottrarre questi al battesimo forzato, e non mancarono anche casi di genitori che, non riuscendo a salvare i propri figli, accettarono essi stessi il battesimo per non lasciarli in mano dei nemici. A differenza di quello che avvenne in Spagna, il re Manuel, cedendo alle istanze del papa Alessandro VI a cui si era rivolta una delegazione di Ebrei, che accompagnò le richieste con ricchi donativi, assicurò agli Ebrei che avevano accettato per forza il battesimo (Marrani) che per venti anni l’Inquisizione non si sarebbe occupata di loro, cosicché essi poterono continuare a vivere segretamente come Ebrei. Giunto il tempo in cui tutti gli Ebrei dovevano abbandonare il Portogallo, molte migliaia di essi attendevano di partire nel porto di Lisbona, e, non essendo riusciti a imbarcarsi in tempo, fu dato ordine che venissero violentemente trascinati nelle chiese per ricevervi il battesimo. Molti riuscirono a sottrarsi a questo e a morire da Ebrei buttandosi nei pozzi durante il tragitto, altri accettarono apparentemente il Cristianesimo, in attesa del momento in cui avrebbero potuto emigrare. Così anche in Portogallo, come in Spagna, non rimasero più Ebrei (1498). Gli esuli ebbero molto a soffrire e con difficoltà trovarono nuove sedi. Alcuni che riuscirono a sbarcare in porti dell’Italia e dell’Africa settentrionale non ottennero di poter rimanere nel paese e dovettero riprendere le loro peregrinazioni; molti trovarono rifugio in Turchia. Anche gli Ebrei del regno di Navarra che non erano stati soggetti alla espulsione del 1492, dopo che (1498) anche quel regno passò sotto il dominio di Ferdinando, furono posti nell’alternativa dell’esilio o dell’abiura.
b) I Marrani in Spagna e Portogallo
Il decreto di espulsione dalla Spagna di tutti gli Ebrei che non accettassero il battesimo ebbe per conseguenza che tutti quelli, e non furono pochi, che non vollero abbandonare il paese, consentirono ad accettare il Cristianesimo; alcuni di essi abbandonarono di fatto l’osservanza della mitzvòt e le norme di vita ebraica, ma i più vennero ad accrescere le schiere dei Marrani che, nella speranza che venissero presto tempi migliori, si comportavano pubblicamente da Cristiani e segretamente da Ebrei. La cosa non rimase però nascosta alle autorità e al clero, e allora lo zelo fanatico dei tribunali dell’Inquisizione che funzionarono in tutte le principali città della Spagna si rivolse in modo speciale a rintracciare e punire i Marrani, come pure i Musulmani che erano apparentemente passati al Cristianesimo, e Protestanti che avevano apparentemente aderito al Cattolicesimo. Per quel che riguarda i Marrani furono redatti elenchi di azioni che erano sufficienti per accusarli di giudaismo, furono incaricate persone speciali che dovevano spiarli, e qualunque sospetto di giudaismo bastava per far condannare al rogo gli accusati.
I Marrani furono accusati inoltre di favorire la conversione dei Cristiani all’Ebraismo, e vennero falsificati dei documenti che dovevano dimostrare che i rabbini di altri paesi prescrivevano ai Marrani di cercare di acquistare importanza nel paese per vendicarsi del male che i Cristiani avevano fatto loro. Lagnanze di Marrani rivolte ai papi, e specialmente a Leone X che non approvava gli eccessi dell’Inquisizione, rimasero senza effetto e gli arsi vivi dopo torture e supplizi si contarono a migliaia. Gli eccessi del tribunale dell’Inquisizione giunsero a tal punto che qualche volta perfino la popolazione cristiana cerco di rivoltarsi contro di essi, ma anche questo invano, e i re che succedettero a Ferdinando I il Cattolico non furono più tolleranti di lui.
In Portogallo le condizioni dei Marrani furono per qualche tempo migliori: approfittando della promessa fatta (1497) dal re Manuel che essi non sarebbero stati molestati per vent’anni, costoro cominciarono a essere meno cauti nel nascondere la loro fedeltà all’Ebraismo, e Marrani della Spagna si proposero di trasferirsi in Portogallo, ma il re di Spagna riuscì ad indurre quello del Portogallo a vietarne l’ingresso nel suo regno. La relativa libertà con cui vivevano i Marrani indusse il clero fanatico a incitare la popolazione contro di loro ripetendo le solite accuse e nel 1506 si ebbero gravi disordini a Lisbona e nei dintorni, con gran numero di violenze, massacri e rapine. Il re ordinò la punizione dei colpevoli e persino due monaci furono condannati al rogo. Nel 1512 promise di nuovo ai Marrani che non sarebbero stati molestati per altri sedici anni, dopo che aveva proibito l’uscita dal paese di molti che si proponevano di abbandonarlo. Ma, morto Manuel (1521), il suo successore Juan III (1522-1527) mutò politica nei confronti degli Ebrei e, sotto l’influenza del clero, riuscì a ottenere l’istituzione di tribunali di Inquisizione sul modello di quelli di Spagna, e allora anche in Portogallo si ebbero denunce e calunnie col solito risultato di condanne, stragi e violenze. Queste si fecero anche più gravi dopo che gli Ebrei uccisero l’apostata Enrico Nunes che fu uno dei più attivi delatori dei Marrani: i suoi uccisori furono impiccati dopo essere stati sottoposti a supplizi di ogni genere, e l’apostata venne santificato. L’apparizione di Davìd Reuvenì e l’appoggio che per qualche tempo gli diede il re del Portogallo risollevarono le speranze dei Marrani, ma in seguito il re espulse Davìd e l’Inquisizione continuò a infierire senza posa.
Con l’unione del Portogallo alla Spagna in un solo regno sotto Filippo II (1580) l’Inquisizione si fece in Portogallo ancor più rigorosa e infierì maggiormente che in Spagna. A tutti i convertiti recentemente al Cristianesimo furono imposte speciali restrizioni e si cercò di impedire loro l’uscita dal Portogallo per riparare in territori dove i governi erano più tolleranti. I rigori si attenuarono alquanto allorché, avendo il re molto bisogno di denaro, venne ad accordi coi Marrani che glielo fornirono in grande quantità e concesse loro di trasferirsi altrove. I Marrani riuscirono anche, sempre con denaro, ad ottenere dal papa un’amnistia di un anno (1604) per gli accusati, e di fatto molti vennero liberati, ma poi si tornò alla persecuzione, specialmente perché si scoprì che anche i Cristiani di origine ebraica che occupavano alti gradi nel clero praticavano segretamente l’Ebraismo ed erano a capo di associazioni giudaizzanti. Vennero avanzate proposte di espulsione di tutti i Marrani, ma esse vennero respinte per considerazioni economiche e religiose: i Marrani espulsi avrebbero portato denaro e attività a paesi concorrenti e nemici e, liberi da minacce dell’Inquisizione, sarebbero tornati apertamente all’Ebraismo, e così non solo sarebbero stati definitivamente perduti per la Chiesa, ma si sarebbero aggiunti all’estero alle schiere dei suoi nemici. Una buona soluzione era sempre il rogo, e di fatto moltissimi furono coloro che vi furono arsi; non mancarono però quelli che, mediante il pagamento di forti somme di denaro, riuscirono a emigrare portando con sé quello che era rimasto dei loro averi.
Con la separazione del Portogallo dalla Spagna (1640) si accrebbero ulteriormente i rigori dell’Inquisizione. I frequenti roghi di Marrani, ai quali si aggiunsero Cattolici sospetti di tendenze giudaizzanti o protestanti, fra cui specialmente famoso quello del 1647, si chiamarono autodafé (atti di fede) in quanto davano prova tangibile della devozione dei Cattolici alla loro religione ed erano considerati come l’adempimento di uno dei principali precetti della religione, perché miravano ad estirpare le eresie. Essi avvenivano in pubblico e costituivano per le popolazioni uno spettacolo gradito, a cui assistevano anche alti prelati, sovrani e principi.
I Marrani superstiti non mutarono in genere il loro sistema di vita: Cattolici in pubblico, Ebrei segretamente; essi facevano ogni sforzo per nascondere il loro attaccamento all’Ebraismo, pure sapendo che assai probabilmente esso sarebbe stato scoperto ed essi sarebbero stati, anche in base a piccoli indizi, come per esempio quello di mutare la biancheria personale in giorno di sabato, condannati al rogo e, invitati anche all’ultimo momento a rinnegare il loro Ebraismo per salvarsi, rifiutavano e salivano al rogo recitando lo Shemà’, dato che ormai a nulla più avrebbe giovato il nascondere i loro veri sentimenti.
Ebrei e marrani in Francia e Provenza
Dopo l’espulsione degli Ebrei dal territorio del regno di Francia (vedi vol. II, p. XXX) ne rimasero soltanto nelle province meridionali soggette ai papi (Avignonese e Contado Venassino). In questi paesi le loro condizioni subirono quelle stesse alternative di protezione e persecuzione, espulsione e richiamo che ebbero luogo nello stato della Chiesa. Le Comunità erano bene organizzate e godevano di ampie autonomie. Nei territori della Francia meridionale facenti parte del regno di Francia, e specialmente a Bordeaux, cominciarono, nel secolo XVII, ad affluire per ragioni di commercio molti Marrani profughi dalla penisola iberica, e, dal momento che essi erano ufficialmente cristiani, non vennero loro impediti l’ingresso e la residenza per via della loro religione, e venivano designati come Spagnoli, Portoghesi, nuovi Cristiani. Il grande impulso che essi diedero al commercio del paese indusse il re Enrico II a riconoscere loro in uno speciale documento (1550) pieni diritti di residenza e libertà di commercio, alla pari di tutti gli altri stranieri che si stabilivano in Francia.
Tentativi fatti contro di loro o per ragioni di concorrenza commerciale o per sospetti di non piena fedeltà al Cristianesimo non ebbero per parecchio tempo alcun effetto e nel 1574 furono ufficialmente confermate le disposizioni del 1550.
Nel secolo XVII si fecero più vive le istanze per l’espulsione dei nuovi Cristiani che vennero accusati, non senza ragione, di professare segretamente il Giudaismo e quindi di non aver diritto di residenza in Francia che non ammetteva Ebrei nel suo stato. Maria dei Medici, reggente in nome di Luigi XII, emise (1615) un decreto di espulsione di tutti gli Ebrei che si fingevano Cristiani; ma il decreto non venne eseguito, forse per influenza del medico ebreo Elia Montalto. Questi, l’unico Ebreo residente a Parigi col diritto di professare l’Ebraismo, era un Marrano proveniente dal Portogallo, fu per qualche tempo in Italia dove tornò pubblicamente all’Ebraismo, e poi, invitato da Maria dei Medici a recarsi in Francia per essere suo medico, mise per condizione, che venne accettata, di poter vivere apertamente da Ebreo. Il Montalto morì a Tours (1616) dove si era recato accompagnando Maria dei Medici in un suo viaggio nella Francia meridionale. Il suo cadavere venne imbalsamato e trasportato ad Amsterdam per esservi sepolto in un cimitero ebraico, cosa che in Francia non sarebbe stata possibile.
Gruppi importanti di Marrani, oltre che a Bordeaux, si formarono anche in altre città della Francia meridionale, come Marsiglia, Nantes, Montpellier, Comunità, formata da elementi provenienti dalla Germania, si aveva a Metz, in Lorena, che, a partire dal 1567, apparteneva alla Francia. Il rabbino di questa Comunità venne riconosciuto dal governo anche come giudice in materia civile, e la nomina di questo diede talvolta origine a controversie nelle quali ebbe parte anche il governo. L’Alsazia, annessa nel 1648, e nella quale risiedevano numerosi Ebrei, accrebbe il numero di questi in Francia.
Belgio e Olanda
Fino dall’ultimo secolo dell’età medioevale cominciarono a stanziarsi Ebrei nei Paesi Bassi: ad Antwerpen esistette per qualche tempo un notevole centro ebraico. Le persecuzioni dell’Inquisizione indussero poi anche dei Marrani a trasferirsi come Cristiani in quei paesi. Per parecchio tempo le condizioni di questi immigrati, che, come in altri paesi, diedero grandissimo impulso al commercio, specialmente con l’Oriente e con l’America di recente scoperta, furono incerte e varie. Alla fine si formarono definitivamente alcuni centri importanti, fra cui specialmente notevole quello di Amsterdam, dove, verso la fine del secolo XVI, i Marrani furono legalmente autorizzati a praticare pubblicamente l’Ebraismo, e nel 1608 vi fu aperto un primo bet hakkenèset a cui se ne aggiunsero presto altri. Agli Ebrei furono, come dappertutto, imposte delle restrizioni, ma nel complesso là loro situazione fu in Olanda abbastanza buona: vi si fondarono parecchie Comunità, costituite da principio da profughi dalla Spagna e dal Portogallo, con autonomie e con organizzazioni regolari riconosciute dal governo. Anche gli studi cominciarono a fiorire. Durante il periodo della guerra dei trent’anni si trasferirono in Olanda anche Ebrei provenienti dalla Germania, e verso la metà del secolo XVII venne anche fondata una Comunità ashkenazita.
Germania e altri paesi tedeschi
a) Gli Ebrei in Germania fino alla riforma luterana
Le condizioni generali degli Ebrei della Germania e dei paesi limitrofi agli inizi dell’era moderna non furono diverse da quelle della fine del medioevo. Essi continuarono ad essere alla mercé degli imperatori e dei signori locali e ad essere esclusi dalle associazioni in mano alle quali stavano i commerci e le industrie, e quindi furono spesso cacciati da un luogo e costretti a trasferirsi altrove, non avendo altra difesa che le rivalità fra i vari signori e le varie amministrazioni locali e fra questi e il governo imperiale centrale, in conseguenza di che, cacciati da un luogo, trovarono rifugio in un altro, e le loro attività furono sempre limitate al prestito di denaro, al piccolo artigianato e al commercio minuto. Le condizioni si fecero più gravi quando, in seguito al matrimonio di un figlio dell’imperatore Massimiliano con una figlia di Ferdinando, l’espulsore degli Ebrei dalla Spagna, lo spirito del governo imperiale cominciò a essere analogo a quello che dominava in Spagna, e Carlo V, nato da quel matrimonio e divenuto imperatore ed ad un tempo stesso re di Spagna e dei Paesi Bassi, fu tutt’altro che benevolo verso gli Ebrei. A una espulsione generale di questi però non si giunse mai. Tra gli episodi più gravi e dolorosi della prima metà del secolo XVI, dovuti a ragioni di rivalità commerciale e di fanatismo religioso ed accuse di omicidio rituale o di profanazione di oggetti sacri per i Cristiani, sono da ricordare le espulsioni, le confische e le stragi di Norimberga, Meclemburgo, Brandeburgo, Ratisbona.
Particolarmente ostili agli Ebrei si mostrarono città dell’Alsazia, parecchie delle quali riuscirono ad ottenere dall’imperatore il diritto di non tollerare Ebrei come residenti fissi e di permettere solo la permanenza provvisoria in occasione di fiere e mercati. A Colmar poi i commercianti cristiani ottennero dall’imperatore Carlo V il divieto assoluto agli Ebrei di entrare nella città. Non mancarono Ebrei che cercarono, e non sempre senza successo, di farsi patrocinatori dei diritti dei loro fratelli per distornare o mitigare decreti di espulsione, e tra questi è specialmente noto Joselman (Yosèf) di Rosheim (1480 circa-1554) che fu particolarmente attivo ai tempi di Carlo V.
L’ostilità contro gli Ebrei si manifestò anche in Germania con la pubblicazione, in tedesco e in latino, di scritti contro di loro e contro la loro letteratura, specialmente talmudica, allo scopo di impedirne la diffusione per mezzo della stampa. Monaci e altri cristiani fanatici, appoggiati da apostati ebrei, tra i quali tristemente famoso in modo speciale il macellaio Giovanni Pfefferkorn, già condannato per furto, mirarono ad ottenere il divieto di diffusione e la distruzione di molti libri ebraici. Ne nacquero polemiche, discussioni e processi che durarono molti anni, a cui presero parte laici ed ecclesiastici e a cui fu interessato persino il pontefice. Strenuo difensore del punto di vista ebraico, per quanto cristiano devoto e desideroso della conversione degli Ebrei al Cristianesimo, fu l’umanista Giovanni Reuchlin, profondo conoscitore anche dell’Ebraismo e autore di vari scritti, fra cui una grammatica ebraica. Anch’egli fu perseguitato, accusato di eresia e di essere corrotto dall’oro ebraico. Il mondo intellettuale cristiano fu però ben presto agitato da questioni per esso più importanti che fecero quasi dimenticare la polemica antiebraica.
b) Lutero e gli Ebrei
Nel tempo in cui ci occupiamo il mondo cristiano fu gravemente scosso dalla riforma protestante. In principio Lutero si mostrò avverso alle persecuzioni contro gli Ebrei, accentuando l’origine ebraica di Gesù e sostenendo che le vessazioni e le restrizioni imposte agli Ebrei erano la causa dei loro difetti e che esse, rendendo loro odiosi i Cristiani, ne ostacolavano la conversione, alla quale Lutero, non meno dei Cattolici, mirava. Ma quando si accorse che nessuna modifica dell’atteggiamento dei Cristiani nei loro confronti li avrebbe indotti all’apostasia, si fece anch’egli persecutore degli Ebrei, e nessun vantaggio porto a questi la lotta dei Protestanti contro i Cattolici.
c) Persecuzioni degli Ebrei per opera dei Protestanti
In conseguenza di questo mutamento in Lutero, il suo devoto seguace Giovanni Federico di Sassonia decise (1537) l’espulsione degli Ebrei da questo paese e a nulla valsero i tentativi di Yosèf di Rosheim per indurre Lutero a fare revocare la decisione; Lutero stesso scrisse poi dei libri contro gli Ebrei (1538-1543) ripetendo tutte le calunnie che nel medioevo erano state formulate contro di loro e rimproverano i loro rapporti amichevoli coi Turchi, nemici dell’Europa e del Cristianesimo. Egli invitava poi a distruggere le sinagoghe, a vietare ai rabbini l’insegnamento, a toglier agli Ebrei libri ebraici, a confiscare tutti i loro averi, e, se tutto ciò non bastasse per indurli alla conversione, ad espellerli da tutti i paesi cristiani. Gli scritti di Lutero, nonostante l’opposizione di altri capi protestanti e i tentativi di Yosèf di Rosheim presso vari governi, misero gli Ebrei in gravissimo pericolo negli stati che avevano aderito al Protestantesimo, che ormai si era rivelato nemico di loro, ancor più che il Cattolicesimo. Frequenti tentativi, anche a mezzo di scritti diffamatori contro l’Ebraismo a cui Yosèf di Rosheim e altri, anche cristiani, risposero, furono fatti di espellere gli Ebrei da vari paesi della Germania e altre regioni circostanti o di impedire loro di esercitare qualsiasi occupazione che procurasse loro il sostentamento: furono ripetute accuse di omicidio rituale e di azioni ostili al Cristianesimo; furono commessi atti di violenza contro singoli e contro Comunità; gli Ebrei continuarono ad essere oppressi da gravi tasse e sottoposti a pressioni tendenti a far loro accettare il battesimo; fu spesso limitato ad alcune sedi determinate il permesso di residenza, ma in genere non prevalsero i più accaniti nemici degli Ebrei e furono anche di vantaggio a questi le continue rivalità fra il governo centrale e le amministrazioni locali. Talvolta Carlo V si mostrò equo verso gli Ebrei e spesso li difese e impedì che la loro condizione si facesse ancora più grave di quanto prima non fosse. In tutta l’opera di aiuto agli ebrei va sempre segnalata l’attività politica e letteraria di Yosèf di Rosheim, il quale agì presso gli Ebrei anche per indurli a comportarsi in modo da non dare pretesti ai loro nemici. In Germania gli Ebrei furono poi coinvolti in lotte fra varie classi della popolazione e nei contrasti fra l’autorità centrale e quelle locali, che spesso si contendevano il diritto di proprietà sugli Ebrei (vedi vol. II, p. XXX-XXX).
A Francoforte sul Meno, una delle più importanti Comunità della Germania, si erano concentrati Ebrei provenienti da varie città germaniche da cui erano stati espulsi. Per qualche tempo gli Ebrei vissero abbastanza tranquilli, per quanto oppressi da gravi tasse e sottoposti a restrizioni commerciali e persino a limitazioni nei matrimoni allo scopo che la popolazione non crescesse eccessivamente; ma poi si ebbero gravi disordini contro gli Ebrei specialmente nel 1614. Il quartiere ebraico fu saccheggiato e in gran parte distrutto, per quanto gli Ebrei si fossero difesi accanitamente, e un notevole gruppo di essi fu espulso dalla città. In seguito i responsabili delle violenze furono condannati e il loro capo messo a morte; gli Ebrei espulsi furono autorizzati a ritornare, essi vi ritornarono trionfanti, e a ricordo dell’avvenimento pochi giorni dopo Purìm (20 adàr – 10 marzo 1616) fu istituita una festa.
Avvenimenti analoghi a quelli di Francoforte accaddero a Worms che aveva pure forte popolazione ebraica: anche là, dopo di essere stati vittime di restrizioni legali e anche di violenze, a cui cercarono invano di opporsi le autorità, dovettero abbandonare la città e poco dopo vi poterono ritornare (1616). In alcune delle Comunità che le persecuzioni precedenti avevano interamente distrutto, come Berlino, Strasburgo, Magonza, andarono a poco a poco ritornando Ebrei, per via di permessi provvisori di residenza che, nonostante varie opposizioni, finirono per trasformarsi di fatto in definitivi. Anche in queste città gli Ebrei erano soggetti alle solite restrizioni e ai soliti pericoli e non erano mai sicuri.
d) Austria e Boemia
Tristi furono le condizioni degli Ebrei in Austria, Boemia e altri paesi vicini. In seguito alla calunniosa accusa di omicidio rituale a Trento (vedi vol. II, p. XXX-XXX) furono espulsi dal Tirolo (1476) e poi anche dalla Stiria e dalla Carinzia (1496): fu loro concesso di stabilirsi in Ungheria e, di fatto, come in altri luoghi, Ebrei autorizzati a residenza provvisoria per ragioni di commercio finirono poi per ritornare stabilmente in luoghi da cui erano stati espulsi; così tornarono a Vienna da cui erano stati cacciati nel 1421 (vedi vol. II, pag. 129) e non valsero a mutare la situazione proteste rivolte all’imperatore contro la residenza di Ebrei prestatori di denaro in varie città dell’Austria. Comunque la minaccia di espulsione pesava sempre contro gli Ebrei, che non sempre riuscirono a stornarla, neppure mediante pagamenti di forti somme di denaro e, quando vi riuscirono, furono sottoposti a disposizioni che ne restringevano notevolmente la libertà di commercio. Alle espulsioni servirono spesso di pretesto le solite calunnie di omicidio rituale o di profanazione di oggetti sacri ai Cristiani. In seguito poi alle invasioni dei Turchi in Ungheria (intorno al 1540) gli Ebrei furono talvolta accusati di favorire il nemico e di esercitare lo spionaggio. Altre volte furono accusati di falsificazione di monete.
In alcune città, come a Praga, gli Ebrei furono alternativamente espulsi e richiamati. Parte degli espulsi ripararono in Polonia. Le condizioni degli Ebrei migliorarono alquanto sotto gli imperatori Massimiliano II, Rodolfo II e Matteo (1564-1619) e, in genere, non ebbero quasi mai a soffrire se non per via delle ingenti tasse a cui erano sottoposti e ai prestiti che Comunità e banchieri erano non di rado costretti a concedere al governo, sotto minaccia di espulsione in caso di rifiuto.
e) La Comunità di Amburgo
Una nuova Comunità, che acquistò poi grande importanza, si formò ad Amburgo, a cui giunsero Marrani profughi dal Portogallo, verso la fine del secolo XVI. Dato che la città era protestante, gli Ebrei non vi ebbero a subire le persecuzioni dell’Inquisizione cattolica. Ma, come già sappiamo, i Protestanti perseguitarono gli Ebrei non meno dei Cattolici e quindi solo attraverso molte difficoltà gli Ebrei riuscirono a stanziarsi stabilmente ad Amburgo, soggetti a gravi restrizioni, per quanto essi dessero impulso straordinario al commercio specialmente con l’America. Al nucleo proveniente dal Portogallo si andarono poi aggiungendo elementi immigrati da altre parti della Germania e nella seconda metà del secolo XVII vi si organizzò anche una Comunità ashkenazita.
f) Gli Ebrei durante la guerra dei Trent’anni
La guerra dei trent’anni fra Cattolici e Protestanti (1618-1648) non recò in genere agli Ebrei sofferenze maggiori che al resto della popolazione. Essi che, naturalmente, non avevano alcuna ragione di favorire l’una o l’altra delle parti contendenti, furono talvolta osteggiati dall’uno e dall’altra e talvolta avvicinati dall’uno e dall’altra per averne dei vantaggi. Il governo dell’impero si mostrò in questo periodo abbastanza tollerante e quasi benevolo perché aveva gran bisogno di denaro per le spese di guerra, e gli Ebrei ne fornivano molto sia per le ingenti tasse speciali a cui erano soggetti sia perché a loro si ricorreva per avere prestiti. Tentativi di sottrarsi alle gravezze fiscali e prestiti forzati venivano facilmente sventati con minacce di espulsione o di nuove restrizioni.
g) Le Comunità di Vienna e Praga
Particolare importanza acquistò in quel periodo la Comunità di Vienna: gli Ebrei vi costruirono, col consenso del governo, un quartiere speciale al di là del Danubio, vi godettero ampie autonomie interne e furono autorizzati ad avere continui rapporti commerciali con la popolazione cristiana. Capo della Comunità fu il rabbino Yom Tov Lipman Heller negli anni 1625-1627. Alcuni Ebrei vi ebbero anche importanti uffici nell’amministrazione della città. Gli Ebrei di Vienna, analogamente a quello che avveniva anche altrove, furono costretti (1630) ad assistere a prediche di propaganda cristiana che ogni sabato si tenevano in un monastero vicino al quartiere ebraico in yiddish, dialetto con influenze ebraiche, abitualmente parlato dagli Ebrei di Germania e dei paesi vicini. Tentativi fatti, per ragioni di concorrenza commerciale, di indurre l’imperatore (1637) ad espellere gli Ebrei, non ebbero altro effetto che quello di aggravare ulteriormente per qualche tempo le restrizioni imposte all’attività commerciale degli Ebrei; violenze di studenti di università contro di essi (1638-1641) non furono represse dalle autorità universitarie nonostante l’invito del governo a punire i colpevoli.
Condizioni analoghe a quelle di Vienna erano quelle di Praga: il Rabbino Yom Tov Heller che si era trasferito là da Vienna, fu accusato, oltre che di non essersi comportato lealmente per quel che riguardava le tasse dovute al governo dalla Comunità (mentre, di fatto, nessuna ingerenza egli aveva in questa materia) di avere nei suoi libri scritto a lode del Talmud e contro il Cristianesimo, fu dichiarato degno di pena capitale, ma la Comunità fu autorizzata a riscattarlo con una somma ingente: al Rabbino fu però vietato di esercitare il suo ufficio a Praga e dintorni, ed egli si trasferì in Polonia.
Ungheria
Fino al 1526, e cioè fino a che l’Ungheria costituì un regno indipendente, gli Ebrei continuarono a vivervi tranquilli; non vennero loro tolti i diritti che erano stati loro riconosciuti e avevano un capo che li rappresentava di fronte al governo. Ma, dopo che (1526) in seguito alle guerre con i Turchi, l’Ungheria fu divisa in due parti di cui l’orientale sotto i Turchi e l’occidentale sotto gli Asburgo, mentre nella prima non mutarono le loro condizioni, nella seconda queste divennero analoghe a quelle della Germania e le autorità locali, per quanto talvolta gli imperatori intervenissero a tutelare gli Ebrei, oppressero questi in ogni modo, e si ebbero anche casi di calunnie di omicidio rituale e conseguenti stragi. Il centro ebraico principale in Ungheria era Presburgo. In seguito ad una accusa di omicidio rituale gli Ebrei furono espulsi da questa città e da altri centri (1539): in seguito poterono ritornarvi, ma non riuscirono più ad avervi quella tranquillità e quella agiatezza di cui prima avevano goduto.
Polonia e Lituania
Assai migliori che nei paesi tedeschi furono le condizioni degli Ebrei in Polonia e in Lituania. La loro situazione è in rapporto con le lotte di classe che agitavano il paese: in genere i re e i nobili più ricchi, per quanto ferventi cattolici, favorivano gli Ebrei dai quali traevano notevoli vantaggi economici; i nobili meno ricchi e i commercianti della città, d’accordo col clero, li avversavano per ragioni di concorrenza commerciale, accompagnate, e talvolta velate, da ragioni religiose. Per un certo tempo non furono molte le restrizioni imposte agli Ebrei ed era quasi interamente in mano loro l’esazione dei dazi e delle varie tasse di cui erano appaltatori, essi erano pure in genere gli affittuari dei terreni di proprietà dei signori locali. Essi poi si davano ad ogni genere di commercio, all’artigianato, alla vendita di bevande alcoliche, e anche all’agricoltura. Le persecuzioni dei paesi vicini indussero molti abitanti di questi a trasferirsi in Polonia, che divenne per i profughi dalla Germania, dall’Austria, dalla Boemia quel che era divenuta la Turchia per gli espulsi dalla penisola iberica.
Nel 1495 gli Ebrei furono espulsi dalla Lituania, ma pochi anni dopo, in seguito all’unione della Polonia e della Lituania (1501) vi furono di nuovo ammessi. In seguito alle continue lotte tra i sovrani e l’alta nobiltà, che fra l’altro si contendevano anche il diritto di “protezione” e di “possesso” degli Ebrei, che erano fonte di grandi entrate, avvenne che in certi luoghi gli Ebrei passavano interamente alle dipendenze del nobile che dominava un certo territorio (parìtz) a seconda degli umori del quale essi erano favoriti o perseguitati.
Accusati di accordi coi Protestanti e coi Turchi, e di favorire la tendenza che presso alcuni Cristiani si era manifestata di passare all’Ebraismo, furono non di rado molestati e processati. Con questi fatti è da collegarsi la condanna al rogo (1539) di una donna polacca, propensa verso il Giudaismo, che ricusò, anche negli ultimi istanti, di dichiararsi convinta dei dogmi del Cristianesimo. L’anno successivo il re Sigismondo dichiarò infondati i sospetti di atti ostili al Cristianesimo di cui erano stati accusati gli Ebrei.
La situazione sopra descritta ebbe per conseguenza che per tutta la prima meta del secolo XVI si ebbe un continuo alternarsi di restrizioni imposte agli Ebrei e di concessioni loro fatte e di abrogazione di quelle e di queste. Non si ebbero però mai espulsioni né atti di gravi violenze. In genere in Lituania le condizioni furono migliori che in Polonia. Tra le Comunità più importanti della Polonia e della Lituania sono specialmente da ricordare Vilna, Cracovia, Posen, Leopoli, Lublino.
In seguito, con l’aggravarsi delle lotte fra i nobili e il re, e con la progressiva diminuzione dell’autorità di questo, con l’accrescersi dell’autorità e dell’influenza del clero, e specialmente dei Gesuiti, in conseguenza della Controriforma, le condizioni degli Ebrei andarono di mano in mano peggiorando: restrizioni, espulsioni, calunnie di omicidio rituale, di profanazione di cose sacre per i Cristiani, di stregoneria, si andarono facendo più frequenti, e nella prima metà del secolo XVII diventarono fatti di tutti i giorni. I calunniati spesso, in seguito a torture di ogni genere alle quali finivano per cedere, confessavano colpe che non avevano commesse, e venivano messi a morte dopo crudeli supplizi. Ad accrescere l’odio servì un’abbondante letteratura ostile agli Ebrei, nella quale questi erano dipinti coi peggiori colori.
Questa dolorosa situazione che portò alla rovina di parecchi centri ebraici durò fino a che, nel 1648, nuovi gravi fatti vennero a turbare la vita della popolazione in genere facendosi in modo particolare sentire sugli Ebrei. Si tratta della guerra che i Cosacchi, capitanati da Bogdan Chmelnitzki, mossero, per ragioni religiose e sociali, contro i Polacchi e specialmente contro i ricchi possidenti. Gli Ebrei, molti dei quali erano agenti e amministratori di questi, erano specialmente odiati e furono presi di mira in modo particolare. I Cosacchi vincitori compirono violenze e stragi di ogni genere, superiori ancora per numero, gravità e crudeltà, a quelle che si verificarono durante le persecuzioni ai tempi delle Crociate, (vedi vol. II, pag. XXX e seguenti) e non furono risparmiati vecchi, donne e bambini. Le vittime si calcolarono a alcune decine di migliaia e numerose Comunità furono interamente distrutte. In seguito al trattato di pace concluso (1649) fra i Cosacchi e il regno di Polonia, Chmelnitzki fu riconosciuto principe quasi indipendente di una parte dell’Ucraina, e in essa fu vietata la residenza agli Ebrei.
Le condizioni sociali e politiche della Polonia, la popolazione della quale era costituita da classi distinte, assecondarono la tendenza degli Ebrei a formare un gruppo a sé stante. Veniva quasi da sé che essi, che naturalmente non appartenevano né potevano appartenere ad alcuna delle classi che formavano il resto della popolazione, formassero una classe a parte. Coloro che costituivano questa classe regolavano da sé le loro questioni interne, provvedevano all’amministrazione e fino a un certo punto anche alla polizia, e alla difesa dei luoghi di loro residenza ed emanavano le norme che regolavano tutti gli aspetti e le manifestazioni della vita, specialmente morali, economiche e per mezzo di loro rappresentanti trattavano quello che riguardava i loro rapporti con le altre classi della popolazione, coi signori locali e col governo centrale. Questa situazione portò anche alla necessità di un certo accordo e accentramento fra le varie Comunità. Queste andarono gradatamente aumentando di numero e accanto ai raggruppamenti ebraici nelle grandi città se ne vennero formando molti anche nei villaggi, alcuni dei quali con popolazione ebraica prevalente e quasi esclusiva. Un primo passo si fece aggregando i centri minori ai maggiori vicini, in modo da costituire Comunità aventi sede nel centro maggiore con diramazioni nei minori. In seguito, sia per il bisogno che sentirono gli Ebrei di costituire un raggruppamento forte che potesse in caso di bisogno presentarsi compatto di fronte alle autorità, sia per desiderio del governo che, specialmente per quel che riguardava l’esazione delle tasse, preferiva aver a che fare con poche organizzazioni che con le singole Comunità, si vennero costituendo dei consigli che rappresentavano tutte le Comunità di un certo distretto, e alla fine questi consigli furono in numero di quattro, e così si ebbe quello che si chiama il “Consiglio dei Quattro paesi”. Per un certo tempo anche la Lituania entrava in questo consiglio, e poi se ne staccò.
Dato che i consigli trattavano, oltre che di argomenti che riguardavano la vita interna della popolazione ebraica, anche di questioni che interessavano il governo e davano anche alla popolazione istruzioni e ordini che si riferivano al modo con cui ci si doveva comportare di fronte al governo, è naturale che questo non si disinteressasse del modo come i consigli erano composti e, per quanto in genere i suoi membri fossero nominati, con elezione diretta o indiretta, dei membri delle Comunità, non di rado il governo cercò di influire sulle nomine e persino qualche volta su quelle dei rabbini che, naturalmente, avevano grande importanza in quei consigli; ma, in genere, la popolazione non ebbe fiducia nei rabbini nominati dal governo o in seguito a influenze da esso esercitate.
Russia
La tendenza da parte di Ebrei a spostarsi dalla Polonia verso la Russia (vedi vol. II, pag. XXX) continuò a manifestarsi nel secolo XVI e nella prima metà del secolo XVII, ma gli Zar, e specialmente Ivan il Terribile, si opposero allo stanziamento di Ebrei nel loro paese e fecero di tutto per impedirne anche la residenza provvisoria e l’ingresso nel paese per ragioni di commercio, adducendo specialmente motivi religiosi. Durante la guerra fra Polonia e Russia, molto ebbero a soffrire gli Ebrei nei paesi della Polonia conquistati dai Russi. Ma nonostante questo, nuovi stanziamenti di Ebrei si formarono anche in Russia.
Migliori condizioni si ebbero in Crimea, specialmente dopo che vi dominarono i Tartari strettamente legati ai Turchi, e vi si trasferirono numerosi Ebrei sia rabbaniti che caraiti, provenienti da vari paesi che diedero notevole impulso al commercio: non pochi si occuparono anche di agricoltura. Nonostante la provenienza degli Ebrei di Crimea da vari paesi e i contrasti tra Rabbaniti e Caraiti, non si ha notizia di lotte tra i vari gruppi.
America
La scoperta dell’America, come è ben noto, è contemporanea alla espulsione degli Ebrei dalla Spagna. Le spedizioni di Cristoforo Colombo furono in parte finanziate da ricchi Marrani; alle spedizioni parteciparono Marrani e c’è chi ritiene che Colombo stesso fosse di origine ebraica.
Ai Marrani fu vietato di andarsi a stanziare nelle colonie spagnole e portoghesi dell’America centrale e meridionale, ma ciò nonostante non pochi, sotto l’apparenza di essere Cristiani fedeli, vi si recarono e furono sottoposti a tutti i rigori dell’Inquisizione che venne instaurata subito nel nuovo mondo contro tutti i non Cattolici, e, in numerosi auto da fé, specialmente nel Messico e nel Perù, perirono insieme a Protestanti e ad altri eretici anche numerosi Ebrei.
Speciale fu la situazione nel Brasile, dove il governo portoghese mandò, insieme con molti condannati per reati comuni, anche i nuovi Cristiani sospetti di tendenze al Giudaismo; per qualche tempo, questi non vi furono molestati e non pochi acquistarono ricchezza. Ma sul principio del secolo XVII cominciò anche in Brasile ad esercitarsi l’attività dell’Inquisizione, e è quindi naturale che quando, nel 1624, gli Olandesi cominciarono la lotta per togliere ai Portoghesi le colonie, anche i Marrani si associarono a quelli.
Durante il dominio olandese, la popolazione ebraica si accrebbe, e si fondarono parecchie Comunità, fra cui la più importante a Pernambuco. Nel 1624 un forte nucleo di Ebrei si trasferì in Brasile dall’Olanda, con a capo il rabbino Yitzchàk Aboav. Quando poi nel 1645 i Portoghesi assalirono il Brasile per riconquistarlo, gli Ebrei parteciparono attivamente alla difesa: ma alla fine, dopo molti anni di guerre, nel 1654, il paese tornò ad essere sotto il dominio portoghese e gli Ebrei ne furono espulsi. Alcuni dei provenienti dall’Olanda, come il rabbino Aboav, ritornarono in quel paese, altri si trasferirono in colonie non soggette al dominio spagnolo e portoghese.
Avvertenza
A partire dal Cap. XVIII è stata tralasciata la notizia relativa alle fonti, perché queste sono così numerose, sparse, e di natura così diversa che non è possibile darne un breve cenno. Esse si trovano indicate nelle opere maggiori di storia generale (Graetz, Dubnow) e, per quel che riguarda in particolare l’Italia, si rimanda specialmente alla Storia degli Ebrei in questo paese di Attilio Milano (Torino, Einaudi, 1963) e agli scritti ivi citati.