Capitolo 4 – Gli Ebrei in Italia durante il periodo della Controriforma
Le fonti
L’atteggiamento dei papi: a) Gli inizi della Controriforma; b) Giulio III; c) Paolo IV; d) Pio IV, e) Pio V, f) Gregorio XIII e Sisto V; g) Da Clemente VIII alla metà del secolo XVII; a) Gli inizi della Controriforma; b) Giulio III; c) Paolo IV; d) Pio IV, e) Pio V, f) Gregorio XIII e Sisto V; g) Da Clemente VIII alla metà del secolo XVII
La repubblica veneta
Gli altri Stati d’Italia: a) Generalità; b) Ducato di Milano; c) Mantova; d) Stati dell’Emilia; e) Toscana; f) Piemonte; g) Liguria; h) Sardegna
Le fonti
Vedi il capitolo precedente.
L’atteggiamento dei papi
a) Gli inizi della Controriforma
La Controriforma, tendente a estirpare tutto quello che era da considerarsi eretico secondo la dottrina cattolica, allo scopo di annientare il Protestantesimo, fece naturalmente sentire la sua azione anche contro gli Ebrei e la condizione di questi andò assai peggiorando nella seconda metà del secolo XVI. Fin dal 1542 era stato istituito a Roma il tribunale dell’Inquisizione, che svolse dapprima la sua attività contro i libri stampati, più rigorosamente dopo il concilio di Trento (1545-1563). In Italia, a Venezia e altrove, specialmente a Mantova e a Ferrara, erano sorte importanti tipografie ebraiche, e proprio a Venezia, negli anni 1520-1523 era uscita la prima edizione completa del Talmud babilonese. Subito dopo (1523-24 circa) venne stampata la prima edizione del Talmud palestinese. La prima edizione completa del Talmud babilonese, accompagnata dai principali commenti, ebbe quella numerazione di pagine che rimase fino ad oggi in quasi tutte le stampe successive. Gli inquisitori, poco esperti di cose ebraiche, ma efficacemente coadiuvati da apostati ebrei, ripeterono le solite accuse contro il Talmud, ordinarono la confisca delle copie di questo e di altri libri ebraici e il sabato 9 settembre 1553, primo giorno di Rosh Hashanà 5314, vennero arsi a Roma, in Campo de’ Fiori, molte centinaia di libri ebraici confiscati, senza distinzione di contenuto. In seguito il cardinale Pietro Carafa, divenuto poi papa col nome di Paolo IV, in nome del pontefice Giulio III (1550-1555) diede ordine a tutte le autorità ecclesiastiche e laiche d’Italia di confiscare e bruciare tutte le copie del Talmud babilonese e palestinese che fossero in possesso di Ebrei, obbligando questi, sotto pena di confisca di tutti i loro beni, di consegnarle.
In un congresso di rabbini, tenutosi a Ferrara nel 1554 allo scopo di evitare l’aggravarsi del male, si istituì una specie di censura interna sui libri ebraici per omettervi quello che si riteneva potesse dare pretesto all’Inquisizione per distruggerli. Altre decisioni prese nel medesimo congresso miravano a rafforzare l’organizzazione delle Comunità.
b) Giulio III
Di nuove oppressioni non tardarono poi a essere colpiti gli Ebrei; tra l’altro è da ricordarsi il decreto di Giulio III (1554) che imponeva a tutte le sinagoghe una forte tassa, i proventi della quale dovevano servire al mantenimento di un istituto dove si educavano al Cristianesimo gli apostati ebrei.
c) Paolo IV
Particolarmente noto per la sua ostilità agli Ebrei e per la sua crudeltà è il successore di Giulio III, Paolo IV (1555), che già prima di essere papa, aveva dimostrato coi fatti i suoi sentimenti.
Appena salito sul seggio pontificio, pubblicò una bolla (12 luglio 1555) nella quale, dopo una premessa piena di parole di odio e di disprezzo verso gli Ebrei, confermava e aggravava tutte le disposizioni prese in precedenza e in gran parte cadute in disuso. Si obbligavano gli Ebrei a portare il segno distintivo e a risiedere nel ghetto, che venne cinto di mura e fornito di porte a spese degli Ebrei stessi, si vietava agli Ebrei ogni possesso di beni stabili, sia pure nel ghetto, ed essi venivano obbligati a vendere ai Cristiani entro brevissimo tempo (e quindi a prezzi irrisori) quello che eventualmente possedessero, fu loro vietato di commerciare in abiti nuovi, fu limitato il numero delle sinagoghe a una per città (a Roma ne furono poi eccezionalmente permesse due) rimanendo però l’obbligo del pagamento della tassa istituita da Giulio III; anche per le sinagoghe soppresse, fu fatto obbligo ai banchieri di tenere i loro registri in lingua italiana per renderne facile il controllo, fu vietata ogni comunanza di vita coi Cristiani e l’uso di personale di servizio cristiano e ai medici fu proibito di curare Cristiani. Specialmente crudele si mostrò Paolo coi Marrani di Ancona: durante il governo dei papi tolleranti molti di essi avevano trovato rifugio in quella città. Egli ne ordinò l’arresto e solo in seguito fu costretto a liberare quelli che erano cittadini turchi avendo il sultano Solimano minacciato di arrestare per rappresaglia i Cattolici residenti in Turchia. Alcuni Marrani riuscirono a fuggire e ripararono specialmente a Pesaro e a Ferrara; altri, riaccettato apparentemente il Cristianesimo, furono inviati a Malta per esservi sorvegliati, ma riuscirono a fuggire; gli altri, in numero di 24, furono arsi vivi (maggio 1556).
I Marrani che si erano rifugiati a Pesaro tentarono di fare dirigere al porto di questa città le navi mercantili, in gran parte in mano di Ebrei, che prima si servivano del porto di Ancona, e parecchie Comunità della Turchia aderirono fino al punto da decretare la scomunica contro gli Ebrei che continuassero a servirsi del porto di Ancona; ma poi la cosa non ebbe seguito per l’opposizione degli Ebrei di Ancona e anzi il duca di Urbino, che aveva sperato invano di recare vantaggi al porto di Pesaro, per non inimicarsi il papa, espulse i Marrani da tutto il territorio del suo ducato (1558). Una nuova distruzione di libri ebraici ebbe luogo a Roma nel 1559 e poi a Cremona, soggetta al ducato di Milano sottomesso alla Spagna, per ordine del cardinale Ghisleri (divenuto poi papa col nome di Pio V). A Cremona fu però permessa la stampa dello Zòhar (vedi vol. II, p. XXX) perché nel clero era radicata l’idea che questo libro contenesse allusioni al dogma della Trinità e ad altri dogmi cristiani.
d) Pio IV
Gli Ebrei dello stato pontificio ebbero un breve periodo di respiro sotto Pio IV (1559-1565) che abrogò molte delle disposizioni restrittive del suo precedessore, condonò le pene a coloro che erano stati condannati per averle trasgredite e permise la stampa del Talmud a condizione che ne fossero cancellati i passi ritenuti contrari al Cristianesimo e non comparisse nel frontespizio il nome Talmud. Da allora questo cominciò a chiamarsi comunemente Ghemarà, (corrispondente aramaico di Talmud), o Shishà Sedarìm (con allusione ai sei ordini delle Mishnà) o, dalle iniziali di questa parola, Shas.
e) Pio V
Pio V (1566-72) fu fedele seguace di Paolo IV e ne rimise in vigore tutte le disposizioni.
Formulò pure il progetto di espellere gli Ebrei da tutti i suoi domini, ma poi ne eccettuò Roma e Ancona (1569); Roma perché rimanesse segno evidente dell’oppressione a cui erano soggetti gli Ebrei, Ancona per non rovinare il commercio marittimo dello stato. Da tutte le altre città dello Stato pontificio dovettero uscire gli Ebrei, che si trasferirono in parte a Roma o in altri luoghi d’Italia, come Ferrara e la Toscana, altri in Turchia, altri in Èretz Israèl. Molti si prepararono a trasferirsi a Tiberiade in seguito all’iniziativa di Yosèf Hanasì ma, come già sappiamo, il progetto di questo non ebbe poi attuazione.
f) Gregorio XIII e Sisto V
Gregorio XIII (1572-1585) seguì una politica ondeggiante: non abrogò le disposizioni esistenti, vietò di usare atti di violenza contro gli Ebrei e li difese quando ne vennero compiuti, ordinò nuove distruzioni di alcuni libri ebraici e altri sottopose a rigorosa censura, obbligò un numero determinato di Ebrei ad assistere a prediche tenute ogni sabato, non di rado da Ebrei apostati, nelle chiese per convertirli.
Sisto V (1585-1950) riammise gli Ebrei nelle città (ma non nei villaggi) da cui li aveva espulsi Pio V (1586), aumentò la libertà commerciale loro concessa, permise ai medici ebrei di curare i Cristiani in seguito a permesso speciale, vietò le conversioni forzate, ma confermò l’obbligo di assistere alle prediche di propaganda, impose agli Ebrei gravi tasse in compenso delle concessioni che concedeva loro; ebbe come consigliere finanziario un Ebreo profugo dal Portogallo. La popolazione ebraica aumentò notevolmente in Roma e il papa permise che il ghetto venisse ingrandito.
g) Da Clemente VIII alla metà del secolo XVII
Le condizioni rimasero immutate fino a che Clemente VIII (1592-1605) rinnovò le disposizioni di Paolo IV e di Pio V e torno a espellere gli Ebrei a tutti i suoi domini in Italia, ad eccezione di Roma e Ancona; ma poi dovette revocare il decreto di espulsione per considerazioni di carattere economico. Durante il suo pontificato furono rese più rigorose le limitazioni alla libertà personale degli Ebrei, che continuavano a essere rinchiusi nel ghetto: fra l’altro, fu stabilito che di notte le porte di questo fossero chiuse e che non vi si potesse transitare se non con permessi speciali. Non mancarono casi di violenza per indurre al battesimo, ed anche di battesimi forzati, fra i quali sono da ricordare quelli di quattro bambini, due maschi e due femmine, tra i quattro e gli otto anni, figli del rabbino Yehoshùa’ Ascarelli, dopo che questi venne rinchiuso con la moglie e i figli per circa un mese e mezzo nella casa dove si educavano gli apostati.
Fin verso la metà del secolo XVII non vi furono cambiamenti notevoli e continuò l’alternarsi di rigori maggiori e minori. In genere è da notarsi un impoverimento della popolazione determinato da una parte dalle restrizioni imposte all’attività commerciale ed artigiana e dall’altra dalle gravezze fiscali. Molti Ebrei furono costretti a contrarre debiti con prestatori o istituti di credito cristiani e questi in genere furono assai più esosi di quel che si diceva fossero i prestatori ebrei.
La repubblica veneta
L’atteggiamento generale della repubblica veneta verso gli Ebrei è caratterizzato dal fatto che essa fu il primo stato che istituì il ghetto. L’ordine dato da papa Giulio III di distruggere i libri ebraici fu eseguito a Venezia, prima che negli altri stati cristiani, in Piazza San Marco (10 ottobre 1553). Anche le altre città della repubblica furono obbligate a confiscare e consegnare i libri ebraici, di cui pochi sfuggirono alla distruzione. Nelle tipografie ebraiche di Venezia furono anche confiscati libri stampati di recente non ancora messi in commercio.
Le vittorie della “Lega santa” di cui faceva parte Venezia, culminate con la battaglia di Lepanto (1571) contro la Turchia, indussero la repubblica a catturare gli Ebrei e i Musulmani che approdavano ai suoi porti e in seguito a decidere l’espulsione generale degli Ebrei. Ma poi, mutate le sorti della guerra e trovandosi Venezia nella necessità di fare la pace con la Turchia, revocò (1573) il decreto di espulsione anche perché alle trattative di pace ebbe parte Shelomò Ashkenazì.
Nonostante le tendenze del governo ostili agli Ebrei, questi vissero in genere in buone relazioni con la popolazione cristiana e la separazione non fu così grave come altrove; vivi rapporti, oltre che commerciali, intercorsero fra dotti ebrei e cristiani. Notevole parte ebbero gli Ebrei nella grande industria e molti di essi erano possessori di navi. A Venezia non furono imposte agli Ebrei restrizioni nel commercio ed essi possedettero negozi di tutti i generi, anche di pietre preziose: a loro fu non solo concesso ma imposto di tenere banchi di prestito. Come abbiamo già avuto occasione di ricordare più volte, fiorì a Venezia l’arte tipografica ebraica: i proprietari delle grandi stamperie erano cristiani ma, come è naturale, vi lavoravano come compositori e correttori molti Ebrei.
La Comunità era bene organizzata e possedeva numerose istituzioni di culto, di istruzione e di beneficenza. Fra queste ultime è degna di nota quella per il riscatto dei prigionieri, avente lo scopo di riscattare gli Ebrei catturati da pirati, come allora spesso avveniva. La popolazione ebraica andò crescendo notevolmente a Venezia, tanto da far sì che la Comunità di Venezia fosse tra le maggiori, forse la maggiore, d’Italia. Il ghetto dovette essere ampliato e così si ebbero tre ghetti adiacenti l’uno all’altro: il vecchio, il nuovo e il nuovissimo.
Oltre che Venezia, ebbe grande importanza Padova, dove fu istituito il ghetto nel 1603. Gli Ebrei vi coltivarono specialmente, oltre che le attività bancarie e commerciali, l’industria dei tessuti. Gravi incidenti ebbero luogo talvolta fra gli studenti dell’Università e gli Ebrei; essi furono spesso dovuti al fatto che questi ultimi rifiutavano di fornire cadaveri per lo studio dell’anatomia: spesso gli studenti rapirono dei cadaveri, arrivando anche ad assalire i partecipanti a cortei funebri. Alla fine gli Ebrei, mediante pagamento di una tassa all’Università, furono dispensati dal fornire cadaveri. Da altre angherie degli studenti, che in certe occasioni si permettevano di prendere quel che volevano dalle botteghe degli Ebrei senza pagare, gli Ebrei si liberarono impegnandosi a donativi di dolci e caffè a ogni studente in occasione del conseguimento della laurea dottorale.
Particolarmente pesanti furono le condizioni degli Ebrei nei territori posti sotto il dominio tedesco o confinanti con esso. Nel 1556 gli Ebrei furono espulsi da Udine e, dato che in seguito alcuni vi si erano stabiliti, l’ordine di espulsione fu rinnovato nel 1622. A Gorizia e nel Friuli venne vietata la residenza agli Ebrei, a Trieste questi subirono persecuzioni specialmente nel 1583. Comunità minori nel Veneto si trovavano a Conegliano, Ceneda (detta poi Vittorio Veneto) e nel Friuli. A Gorizia alcune famiglie furono ammesse nel 1624 e il ghetto vi fu istituito verso la metà del secolo. Nei possessi di terraferma della repubblica veneta ebbe notevole importanza anche Verona. Questa Comunità, che ebbe origine da immigranti dalla Germania, accolse poi anche elementi che provenivano da altre parti d’Italia e dalla penisola iberica. L’istituzione del ghetto venne decisa fin dal 1585, ma poi difficoltà pratiche ne rinviarono la costituzione effettiva agli ultimi anni del secolo.
Comunità di una certa importanza esistevano pure nei possessi della repubblica veneta al di là del Mare Adriatico e nelle isole dello Jonio, come a Spalato, Creta, Zante, Corfù.
Emilia e Marche
Un notevole gruppo dei profughi da Ancona nel 1566 trovò rifugio a Ferrara, sotto la signoria degli Estensi. Giunta notizia a Lisbona che molti di essi erano ritornati pubblicamente all’Ebraismo, il duca di Ferrara, cedendo a pressioni dell’Inquisizione, ne fece arrestare parecchi (1581) e li obbligò a fare pubblica dichiarazione di pentimento e di ritorno al Cristianesimo. Tre di essi furono mandati a Roma e là arsi in Campo de’ Fiori (1583).
A Modena fu istituito il ghetto nel 1638; più tardi a Reggio e in altre città. Non occorre poi dire che le disposizioni papali furono osservate con rigore nelle città dell’Emilia soggette allo stato della Chiesa, come a Bologna e Ravenna dove furono arsi i libri ebraici subito dopo che a Roma. A Bologna fu istituito il ghetto nel 1556. S’intende poi che le Comunità dell’Emilia soggette al dominio papale ebbero la stessa sorte di quelle dello stato della Chiesa in seguito al decreto di espulsione emanato da Pio V. Gli Ebrei tornarono a stabilirsi a Bologna ai tempi di Sisto V. Anche nel ducato di Urbino, dove esistevano Comunità ebraiche nella capitale, a Pesaro, Senigallia e altrove, dopo che esso passò sotto il dominio papale (1631) furono applicate tutte le restrizioni imposte nello stato pontificio; il ghetto vi fu istituito nel 1634.
Le altre regioni d’Italia
a) Generalità
Gli effetti della reazione cattolica si fecero sentire in misura maggiore o minore in varie forme anche negli altri stati d’Italia, i principi dei quali si sentivano tutti, in un certo senso, vincolati al papa e non poterono fare a meno di cedere alle insistenze del clero fanatico. In genere essi cercarono di conciliare le esigenze della Chiesa, che li spingeva a perseguitare ed espellere gli Ebrei, e gli interessi dello stato che erano contrari all’aderire a queste esigenze.
b) Ducato di Milano – Lombardia
Nel ducato di Milano, dal quale, nonostante il dominio spagnolo, gli Ebrei non erano stati espulsi, fiorivano parecchie Comunità, come Milano, Cremona, Pavia, Lodi, Alessandria. Le norme stabilite da Paolo IV e successori vi furono generalmente osservate; nel 1566 si cercò di proibire agli Ebrei esercizio e prestito, ma poi ragioni di interesse indussero a non applicare il proposito. Nel 1592 fu decisa l’espulsione da Cremona e da Pavia, ma essa non venne di fatto eseguita; un nuovo decreto in questo senso (1527) ebbe per effetto l’emigrazione dal ducato della quasi totalità degli Ebrei che si diressero specialmente a Mantova, all’Emilia e al Veneto.
c) Mantova
A Mantova vennero revocate nel 1577 le concessioni prima accordate agli Ebrei, nel 1590 fu decisa l’espulsione di tutti gli Ebrei immigrati di recente. Quelli che vi risiedevano da molto tempo vi rimasero e alcuni di essi ebbero anche cariche importanti.
Nel 1600 venne arsa pubblicamente una vecchia ebrea accusata di stregoneria. Contro gli Ebrei si esercitò poi la predicazione del francescano Bartolomeo Cambi e vennero applicate nuove restrizioni contro gli israeliti, sottoposti alla giurisdizione di un funzionario detto Commissario degli Ebrei.
Nel 1600 un gruppo di ragazzi ebrei che un sabato giocavano nel cortile del bet hakkenèset vennero accusati di atti di disprezzo verso il Cristianesimo e sottoposti a supplizio e strangolati; i loro cadaveri vennero poi trascinati per le vie della città, attaccati a code di cavalli e in seguito appesi a testa in giù.
Durante l’assedio posto alla città dalle squadre imperiali dette dei Lanzichenecchi (1630) gli Ebrei cooperarono attivamente alla difesa della città. La Sinagoga maggiore della città venne colpita da un bombardamento e molti Ebrei vi perirono. Caduta nel 1629 la città in mano delle truppe imperiali, queste si comportarono crudelmente con gli Ebrei. In seguito poi alla restaurazione del governo ducale, i residui della Comunità ripresero la loro vita normale, ma essa non riacquistò l’importanza che aveva avuta prima.
d) Stati dell’Emilia
Da Parma e Piacenza gli Ebrei furono espulsi nel 1570, ma poi, nel 1578, il duca Ottavio Farnese permise loro l’istituzione di banchi di prestiti nel territorio, con esclusione però delle due città principali. Stanziamenti di Ebrei furono a Bussero ed altre sedi minori. A Bologna, da dove gli Ebrei furono espulsi in seguito alla cacciata dagli stati della Chiesa, ritornarono poi nel 1593, per poi esserne di nuovo espulsi. In seguito alcuni tornarono grazie a concessioni speciali.
Le persecuzioni non risparmiarono neppure gli Ebrei di Ferrara dove tanti profughi, tra cui molti Marrani, avevano trovato rifugio godendo della protezione dei duchi di casa d’Este. Ancora sotto il dominio di questi fu eseguita la distruzione di molti libri ebraici in seguito agli ordini di Giulio III e di Paolo IV, e furono anche applicate molte disposizioni di questo; il duca Alfonso II non aderì però all’invito di Pio V di proibire agli Ebrei l’esercizio del prestito di denaro. Gli Ebrei poi furono soggetti a tutte le restrizioni in vigore nello stato pontificio dopo che, estintasi la casa d’Este, Ferrara divenne soggetta a quest’ultimo (1597): fu loro lasciata libertà di commercio, con esclusione però per qualche tempo del prestito di denaro. Il ghetto venne istituito nel 1626 e fu soggetto a norme analoghe a quelle in vigore a Roma.
e) Toscana
In Toscana Cosimo I dei Medici, dopo essersi mostrato per qualche tempo liberale verso gli Ebrei, cambiò poi politica: ordinò la distruzione del Talmud e, dopo avere per qualche tempo resistito alle istanze della Chiesa per applicare tutte le norme restrittive, finì per aderire quando ebbe da Pio V il titolo di granduca.
A Firenze fu istituito il ghetto nel centro della città nel 1571 dopo che nell’anno precedente erano stati emanati decreti che obbligavano tutti gli Ebrei dello stato di Firenze a concentrarsi in questa città; analogamente fu ordinato di concentrarsi a Siena a tutti gli Ebrei di questo stato. I successori di Cosimo dovettero però, per ragioni economiche, fare molte concessioni agli Ebrei e ai Marrani. Notevole specialmente è l’invito fatto nel 1593 dal granduca Ferdinando I ai commercianti ebrei di Turchia, profughi dalla Spagna, di stanziarsi a Livorno. Così ebbe origine quella Comunità che fu per alcuni secoli una delle più importanti d’Italia.
f) Piemonte
A partire dal 1551 gli Ebrei del Piemonte, che comprendeva anche la Savoia, furono sotto la giurisdizione di un funzionario di stato detto conservatore degli Ebrei. Nel 1572 si stabilirono in Piemonte dei Marrani dietro l’invito del duca.
Emanuele Filiberto, dopo di essersi liberato dal dominio francese, in un primo tempo confermò i diritti degli Ebrei ma poi, nel luglio 1560, ordino che essi abbandonassero i suoi stati entro due mesi: l’ordine venne in seguito revocato; rinnovato l’anno successivo, ne fu dagli Ebrei evitata l’esecuzione mediante pagamento di una forte somma.
Nel Monferrato, allora sotto il dominio del ducato di Mantova, gli Ebrei godettero di una certa tolleranza, pur essendo soggetti a gravi restrizioni. Nel 1575, in un giorno di sabato, vennero arrestati i presenti nella sinagoga di Casale, la più importante delle Comunità della regione, per assicurarsi se tutti avessero il segno distintivo prescritto per gli Ebrei. Nella settimana successiva vennero sequestrati i libri dei banchieri ebrei e vennero imprigionati quelli che cercarono di opporre resistenza.
Nel 1577 vennero emanate nuove disposizioni restrittive tendenti a evitare ogni rapporto fra Ebrei e Cristiani e nel 1600, oltre a ripetersi quel che era avvenuto nel 1575, si trovò in grave pericolo un Ebreo accusato di aver fornito cibo alla levatrice cristiana che aveva assistito sua moglie. Nella prima meta del secolo XVII si ebbero a Casale accuse di omicidio rituale ma senza gravi conseguenze. Oltre che a Casale esistevano Comunità ad Acqui, Moncalvo, Nizza Monferrato, Alessandria.
Nel 1603 il duca Carlo Emanuele I dietro pagamento di forte somma di denaro, emanò riguardo agli Ebrei del Piemonte norme relativamente liberali per l’epoca. La Comunità più importante era quella di Torino dove nel 1639 gli Ebrei ebbero a soffrire per i disordini che agitarono la città, molti negozi di Ebrei vennero saccheggiati. Anche a Torino, come in altre città d’Italia, gli Ebrei subirono oppressioni e violenze da parte degli studenti universitari e se ne poterono liberare solo mediante pagamento annuale di forte somma. Fino dal 16 fu proposta l’istituzione del ghetto a Torino, ma di fatto gli Ebrei vi furono chiusi solo più tardi, nel 1679.
Comunità minori erano ad Asti, Biella, Cherasco, Chieri, Cuneo, Fossano, Ivrea, Mondovì, Savigliano, Trino. Anche a Saluzzo, capoluogo di un marchesato indipendente e in altri centri appartenenti a questo, come Carmagnola, esistevano Comunità ebraiche e le condizioni erano analoghe a quelle delle altre Comunità del Piemonte. A Nizza esisteva una Comunità importante alla quale, allo scopo di favorire il commercio nel porto, furono concessi alcuni privilegi, e anche i Marrani vi si stanziarono in numero non indifferente.
g) Liguria
A Genova, si alternarono per lungo tempo ammissioni ed espulsioni di Ebrei. Nel 1648 la repubblica invitò i mercanti stranieri a stabilirsi a Genova. Anche alcuni Marrani vi si stabilirono e furono sottoposti a gravi restrizioni e rinchiusi nel ghetto.
h) Sardegna
In Sardegna, che si trovava sotto il dominio della Spagna, dopo che gli Ebrei ne furono espulsi nello stesso anno da questa, il tribunale dell’Inquisizione continuò a funzionare contro i Marrani, i quali, a differenza di altri gruppi, finirono per assimilarsi al resto della popolazione la quale, d’altra parte, adottò alcuni costumi, forse di origine ebraica.