Capitolo 21 – Gli Ebrei in Èretz Israèl e il Sionismo fino alla prima guerra mondiale
Gli Ebrei in Èretz Israèl fino al termine del secolo XIX: a) Attività e condizioni dei primi coloni; b) Le colonie sotto il patronato di Edmondo Rothschild; c) Nuove colonie e aumento della popolazione ebraica; d) Rapporti fra i coloni ebrei e gli Arabi
Il Sionismo politico: a) Teodoro Herzl e le origini del Sionismo politico; b) Il Sionismo fino alla morte di Herzl; c) Il Sionismo fino alla prima guerra mondiale; d) Il territorialismo; e) Il Sionismo spirituale; f) I diritti delle minoranze nazionali; g) Ripercussioni del Sionismo nella letteratura
La popolazione ebraica in Èretz Israèl agli inizi del secolo XX: a) Le colonie agricole e le città; b) Le scuole e la lotta per la lingua d’insegnamento; c) La vita spirituale
Gli Ebrei in Èretz Israèl fino al termine del secolo XIX
a) Attività e condizioni dei primi coloni
I primi coloni ebrei, specialmente i Bilu quando giunsero in Èretz Israèl con lo scopo di darsi all’agricoltura, trovarono il paese completamente in mano agli Arabi, che coltivavano la terra in modo primitivo, e gli Ebrei concentrati in città: Gerusalemme, Chevron, Tzefàt, Tiberiade, Giaffa e Haifa. Essi erano, in gran parte, vecchi venuti in Èretz Israèl per finirvi i loro giorni, occupati nello studio della Torà, nella preghiera e in atti di devozione, quasi tutti mantenuti dalla chalukkà.
Il governo turco non vide di buon occhio i nuovi immigrati e proibì lo sbarco nel porto di Giaffa, unico in funzione allora, agli Ebrei che non fossero muniti di uno speciale permesso rilasciato da Costantinopoli. Una parte di coloro che partirono dalla Russia dovettero fermarsi in questa città per cercare di ottenere il permesso di recarsi in Èretz Israèl e il più delle volte non vi riuscirono. Ciononostante altri proseguirono il viaggio, ma, giunti a Giaffa, non fu concesso loro di sbarcare, e allora cercarono di introdursi clandestinamente nel paese attraverso l’Egitto dopo essere sbarcati a Porto Said.
Giunti nella terra desiderata (1882) si diedero al lavoro con entusiasmo. Alcuni iniziarono l’opera di coloni come mercenari a Mikvè Israèl, altri acquistarono un terreno a sud di Giaffa e fondarono la colonia detta Rishòn Letziòn, cioè primo (passo) verso Tziòn. In seguito si riunirono tutti in questa colonia. Essi incontrarono difficoltà enormi: la terra era del tutto incolta e per di più sprovvista di acqua; essi non erano abituati al clima quasi tropicale del paese e spesso soffrirono di infermità, specialmente malaria e malattie di occhi. In mezzo a gravi ostacoli scavarono pozzi, si costruirono case, dopo aver abitato in tende, e iniziarono l’aratura su terreni che da secoli non erano stati lavorati.
Nuovi coloni giunti dalla Romania nello stesso anno fondarono le colonie di Zichròn Ya’akòv a sud di Haifa e Rosh Pinna in Galilea. L’anno successivo un gruppo di immigrati dalla Russia si stanziò a pochi chilometri a nord di Giaffa, a Pètach Tikvà, dove già era stata fondata una colonia (la prima) alcuni anni avanti e che poi venne abbandonata. Altre colonie furono in seguito fondate a Yissùd Hama’alà in Galilea e a ’Ekròn e Ghederà, a ovest di Gerusalemme. Particolarmente importanti furono le opere dei primi coloni per la bonifica di luoghi paludosi e per la piantagione di eucaliptus nei luoghi infetti dalla malaria, che mieté molte vittime.
Le condizioni economiche dei coloni erano pessime; i terreni da loro occupati non erano in genere adatti alla coltivazione dei cereali, bensì a quella delle viti, ma le vigne non danno prodotto se non dopo alcuni anni e quindi le colonie, che non avevano capitali, si trovavano in difficoltà enormi.
b) Le colonie sotto il patronato di Edmond Rothschild
In loro aiuto venne Edmond Rothschild (1884) che in un primo tempo diede aiuti ai coloni poveri e poi a poco a poco prese tutte le colonie sotto la sua protezione e mise ingenti somme a loro disposizione. In aggiunta alla coltivazione della vite e alla fabbricazione del vino si iniziò in alcune colonie della Galilea l’allevamento dei bachi da seta. In tutte le colonie, coi mezzi forniti dal Rothschild, si costruirono case, sinagoghe, scuole, ospedali. I contadini percepivano salari proporzionati al numero dei membri delle loro famiglie ed erano di fatto mezzadri o lavoratori salariati.
Il patronato del Rothschild sulle colonie ebbe però anche dei lati non buoni. Le colonie furono di fatto in mano agli amministratori del Rothschild che non avevano nessun interesse a che esse prosperassero: essi trattavano i coloni come loro dipendenti, infliggevano punizioni a coloro che non si sottomettevano a loro e talvolta perfino li espellevano dalla colonia. Tentativi di ribellione da parte dei coloni venivano represse con la violenza, talvolta anche con l’aiuto della polizia turca. Tutto questo diminuì l’entusiasmo dei coloni e di conseguenza l’intensità del loro lavoro e il desiderio di fondare nuove colonie.
c) Nuove colonie e aumento della popolazione ebraica
In seguito, intorno al 1890, con la costituzione in Russia di società riconosciute dal governo, aventi lo scopo di aiutare contadini e artigiani in Èretz Israèl, e con l’afflusso di nuovi immigrati forniti di mezzi e disposti ad acquistare terreni, si formarono delle colonie indipendenti da Rothschild. I terreni aumentarono grandemente di prezzo a vantaggio dei proprietari arabi che ben volentieri li vendevano agli Ebrei che li acquistavano a qualunque prezzo, e al rincaro contribuì anche l’opera di speculatori e intermediari. Il governo turco, che, come sappiamo, non vedeva di buon occhio l’importanza che andavano assumendo gli Ebrei, proibì l’acquisto di terreni agli Ebrei provenienti dalla Russia e vietò loro di risiedere nel paese oltre tre mesi. Date le note consuetudini dei funzionari del governo turco, queste disposizioni vennero spesso eluse con forti donazioni di danaro. Anche le vecchie colonie che erano sotto il patronato del Rothschild riuscirono a poco a poco a rendersi indipendenti.
Nel 1900 esistevano in Èretz Israèl circa trenta colonie agricole ebraiche con una popolazione di oltre cinquemila anime. Negli ultimi anni del secolo aumentò anche la popolazione ebraica delle città, che raggiunse complessivamente il numero di oltre cinquantamila anime. Parte di questa popolazione urbana non era, come in passato, mantenuta dalla chalukkà ma si occupava di commercio, artigianato, industria o si dava a professioni liberali.
d) Rapporti fra i coloni ebrei e gli Arabi
I coloni ebrei vennero per necessità di cose a contatto con gli Arabi che abitavano nelle vicinanze delle colonie. I rapporti furono talvolta pacifici e talvolta ostili. Nei primi tempi i contadini arabi videro in genere di buon occhio i nuovi venuti che contribuirono a migliorare le loro condizioni economiche, sia perché essi accrebbero il numero dei compratori dei loro prodotti, sia perché essi si servirono molto della manodopera araba e della loro attività come guardiani delle colonie contro i predoni beduini, dato che il governo turco non era in grado di mantenere l’ordine.
In seguito, con l’accentuarsi del sentimento nazionale arabo, e in conseguenza del fatto che a poco a poco i coloni andavano rendendosi indipendenti dal commercio e dalla manodopera araba, si ebbero spesso dei conflitti, talvolta anche violenti e non senza vittime. Colonie ebraiche non di rado vennero assalite da abitanti dei vicini villaggi, contro i quali non sempre agirono i guardiani arabi delle colonie. Gli Ebrei si videro nella necessità di difendersi, prima isolatamente e poi organizzando embrioni di eserciti e affidando ad Ebrei (shomerìm) la guardia e la difesa delle colonie. Non pochi shomerìm caddero vittime del dovere.
Il Sionismo politico
a) Teodoro Herzl e le origini del Sionismo politico
Gli ultimi anni del secolo XIX furono di importanza eccezionale per la storia degli Ebrei: in essi ebbe origine il movimento designato col nome di Sionismo.
Il fondatore di questo movimento, al quale si deve, dopo mezzo secolo dalle sue origini, la costituzione dello stato d’Israele, fu Teodoro Herzl (1860-1904). Nato a Budapest da famiglia assimilata, si dedicò al giornalismo e per molti anni non si occupò affatto di questioni ebraiche. Ma, trovandosi a Parigi quale corrispondente di un giornale tedesco quando il processo Dreyfus diede luogo allo scatenarsi dell’antisemitismo in Francia, ne fu profondamente colpito e si persuase che per gli Ebrei non vi era salvezza se non col ritornare ad essere popolo indipendente in un territorio proprio. Secondo lui fu l’antisemitismo che costrinse gli Ebrei, disposti da parte loro all’assimilazione completa, a sentirsi popolo distinto dalle popolazioni in mezzo a cui abitavano, le quali li consideravano e li avrebbero sempre considerati stranieri. Herzl espresse le sue idee nel libro, scritto in tedesco, intitolato Lo Stato degli Ebrei composto nel 1895 e pubblicato l’anno successivo. Il movimento iniziato da Teodoro Herzl si distingueva da quello dei Chovevè Tsion in origine su due punti essenziali: per lui non aveva inizialmente importanza quale fosse il paese nel quale si sarebbe fondato lo stato ebraico da lui vagheggiato, e solo più tardi egli si persuase che solo nella terra storica d’Israele gli Ebrei avrebbero potuto vivere come popolo indipendente; egli poi riteneva (a differenza dei Chovevè Tziòn, secondo i quali si doveva da principio infiltrarsi gradatamente in Palestina e solo più tardi provvedere a dare agli abitanti Ebrei l’indipendenza politica) che si dovesse anzitutto ottenere, con garanzie internazionali, un territorio destinato a fondarvi uno stato ebraico, e poi cercare di farvi immigrare un gran numero di Ebrei, tutti quelli che non volevano o non potevano assimilarsi ai popoli in mezzo ai quali vivevano.
Le idee patrocinate da Herzl suscitarono vivissime opposizioni da varie parti e in vari ambienti; alcuni sostennero che l’agire per la fondazione di uno stato ebraico avrebbe dimostrate giuste le accuse degli antisemiti che affermavano che gli Ebrei si sentivano stranieri nei paesi da loro abitati e che quindi non erano leali cittadini fedeli ai rispettivi governi; altri vedevano nel Sionismo un atto di ribellione contro la Provvidenza divina che voleva la dispersione di Israele fino a che Dio stesso non provvedesse alla sua redenzione politica. Non occorre poi dire che decisamente contrari al Sionismo erano gli Ebrei assimilati o tendenti alla assimilazione. Tra i pochi primi seguaci di Teodoro Herzl è da ricordarsi Max Nordau (1848-1923), scrittore che anch’egli, al principio della sua attività, non si era interessato a questioni ebraiche.
Herzl, che nel suo libro sullo stato ebraico aveva formulato delle proposte concrete per la realizzazione del suo progetto, cominciò a cercare di metterle in pratica: ma suoi tentativi presso il governo turco, dal quale allora dipendeva la Palestina, per ottenere garanzie di indipendenza per gli Ebrei, e presso ricchi Ebrei per avere aiuti finanziari non ebbero risultati. Herzl non si scoraggiò e pensò alla convocazione di un congresso ebraico che desse sanzione ufficiale al movimento che ormai si chiamò sionistico. Secondo la prima idea, esso doveva radunarsi a Monaco di Baviera, ma, in seguito all’opposizione della Comunità ebraica locale, venne scelta come sua sede Basilea in Svizzera.
Il congresso di Basilea (1° congresso sionistico) si aprì il 29 agosto 1897 e vi parteciparono duecento delegati di vari paesi e circa trecento giornalisti e osservatori. Gli oratori principali furono Herzl e Nordau.
Dopo molte discussioni venne formulato il “Programma di Basilea” nel quale si afferma che il Sionismo mira a costituire per il popolo d’Israele in Èretz Israèl una sede garantita dal diritto pubblico. Per raggiungere lo scopo del Sionismo il congresso stabilì che si favorisse lo stanziamento di agricoltori, artigiani e industriali ebrei in terra d’Israele, si cercasse di affermare l’unità del popolo d’Israele, e, per mezzo di istituzioni generali e locali, secondo le leggi dei vari paesi, di rafforzare il sentimento nazionale nei membri del popolo d’Israele, di adoperarsi per ottenere dalle varie potenze il consenso alla realizzazione del programma sionistico. Si posero poi le basi dell’organizzazione sionistica: convocazione di altri congressi di quando in quando, istituzione di un consiglio, nominato dal congresso, formato da rappresentanti di vari paesi, e, in seno a esso, di un comitato esecutivo con sede a Vienna, costituzione di federazioni sionistiche nei vari paesi. Si stabilì che gli aderenti pagassero una tassa annuale, uguale per tutti, detta shèkel, in ricordo della tassa personale stabilita dalla Torà. Il pagamento dello shèkel dava diritto di voto per la nomina dei delegati ai congressi. Al comitato esecutivo venne dato l’incarico di fondare gli istituti finanziari necessari per l’esecuzione del programma sionistico. A presidente del consiglio venne eletto Herzl. Durante la sua vita si radunarono altri cinque congressi: nel 1898 e nel 1899 a Basilea; nel 1900 a Londra; nel 1901 e nel 1903 di nuovo a Basilea. Nel quarto congresso è da segnalarsi la formazione del gruppo detto Mizrachì tendente a fare sì che la vita delle nuove colonie fosse conforme alla tradizione ebraica dell’osservanza delle mitzvòt, alla quale non si interessavano i sionisti detti generali, alcuni dei quali anche vi si opponevano.
b) II sionismo fino alla morte di Herzl
Durante gli anni in cui ebbero luogo i primi sei congressi, Herzl continuò a cercare appoggi dai governi e denaro dagli Ebrei, ma i successi furono assai limitati. La Turchia non si impegnò a concedere agli Ebrei un territorio neppure in cambio di denaro di cui essa aveva molto bisogno; un incontro di Herzl con l’imperatore di Germania Guglielmo II in Èretz Israèl non ebbe il risultato che Herzl si riprometteva, quello di indurre l’imperatore a influire sul Sultano nel senso desiderato dai Sionisti; altri incontri, fra cui uno col re d’Italia Vittorio Emanuele III e uno col papa Pio X, non portarono a nessun risultato positivo; solo l’Inghilterra agì in favore del progetto di dare modo agli Ebrei che lo volessero di stanziarsi in un territorio dove potessero vivere indipendenti, ma, dato che essa non poteva allora disporre di territori in Èretz Israèl, promise in un primo tempo di consentire alla formazione di una colonia ebraica nella penisola del Sinai, e poi offrì il territorio dell’Uganda nell’Africa orientale. Il primo progetto, che, dati i rapporti sentimentali degli Ebrei col Sinai, e data la vicinanza di questa regione alla terra d’Israele, incontrò un certo favore presso i Sionisti, non ebbe seguito specialmente per l’opposizione del governo egiziano; il secondo diede luogo a vivaci e violente discussioni nel sesto congresso: mentre alcuni, fra cui Herzl stesso e Nordau, erano favorevoli alla accettazione per dare intanto un luogo di rifugio agli Ebrei perseguitati specialmente in Russia; altri, fra cui è da ricordare Menachèm Ussishkin, si opponevano decisamente, vedendo nell’accettazione come una rinunzia all’aspirazione al ritorno d’Israele nella propria terra, unico luogo adatto ad essere sede nazionale indipendente degli Ebrei.
La maggioranza dei membri del congresso si mostrò favorevole all’accettazione, ed è notevole il fatto che la minoranza, contraria, era costituita specialmente proprio dai rappresentanti degli Ebrei di Russia che avevano più urgente bisogno di trovare un luogo qualsiasi di rifugio: in loro l’ideale del. ritorno nella terra dei padri prevalse su considerazioni utilitarie. Comunque, il progetto non ebbe poi esecuzione. Neppure i tentativi di dare al movimento sionistico solide basi finanziarie ottennero risultati notevoli: in genere, mentre molti di condizione modesta si privavano del poco che avevano per aiutare il movimento, i ricchi, per lo più assimilati, negarono i contributi o li concessero in misura limitatissima. È da ricordare, fra altro, la costituzione del Fondo nazionale (Keren Kayèmet) che ebbe luogo nel 1901 per deliberazione del quarto congresso, allo scopo di fornire mezzi per l’acquisto in Èretz Israèl di terreni destinati specialmente alla coltivazione, che diventassero proprietà inalienabile del popolo d’Israele. Nello stesso anno 1901 Herzl pubblicò in tedesco una specie di romanzo intitolato Altneuland (L’antica nuova terra) che contiene una descrizione ideale della terra d’Israele vent’anni dopo ottenuto il documento ufficiale, da lui vagheggiato, che avrebbe dato origine al nuovo stato ebraico.
Il lavoro eccessivo a cui dovette sottoporsi Herzl, i disagi incontro ai quali dovette andare, le delusioni che dovette soffrire, l’opposizione dei contrari al progetto dell’Uganda minarono la sua salute, il suo cuore ne soffrì ed egli morì, a soli 44 anni, il 20 tammùz 5664 (3 luglio 1904) in una casa di cura presso Vienna.
c) Il Sionismo fino alla prima guerra mondiale
Nel settimo congresso sionistico (Basilea, agosto 1905) si sollevò la questione se il Sionismo dovesse favorire la formazione di colonie ebraiche fuori da Èretz Israèl, date le enormi difficoltà di fare affluire in questo paese grandi masse. La maggioranza dei membri fu contraria, e allora la minoranza, capitanata da Israel Zangwill, uscì dal Sionismo e costituì il movimento detto territorialismo, tendente a prendere in considerazione qualunque territorio libero sul quale fosse garantito agli Ebrei il diritto di vivere come gruppo nazionale autonomo. Nel medesimo congresso fu poi deciso di sospendere l’attività politica mirante ad ottenere dalle potenze l’autonomia degli Ebrei in Èretz Israèl o in parte di essa, e di dirigere tutti gli sforzi ad aumentare, nei limiti del possibile, che non erano molto larghi, la popolazione ebraica sulla terra dei padri. A presidente del comitato esecutivo fu nominato David Wolfson. Nella stessa direzione si mosse l’ottavo congresso (L’Aja 1907) nel quale fu decisa la fondazione di una società per lo sviluppo della colonizzazione di Èretz Israèl e l’istituzione in questa di un ufficio sionistico, a capo del quale fu posto l’economista Arthur Ruppin.
I Sionisti speravano che la Turchia, in seguito al nuovo regime che vi venne instaurato nel 1908, sarebbe venuta incontro alle loro aspirazioni più che il governo passato, ma queste speranze andarono deluse: la Turchia si dichiarò disposta a favorire la formazione di colonie ebraiche sparse nel territorio posto sotto il suo dominio, ma non in modo speciale in Palestina, e contraria al riconoscimento di diritti nazionali agli Ebrei residenti in questo paese. Nella seduta del nono congresso (Amburgo 1909) protestò in modo speciale contro questo atteggiamento Max Nordau. Il decimo congresso (Basilea 1911) è caratterizzato da nuove rinunce che i Sionisti dovettero fare, in seguito alla chiara ostilità della Turchia al loro programma: proprio quando il peggiorare delle condizioni degli Ebrei in Russia rendeva più necessaria l’immigrazione in Èretz Israèl, la Turchia tentò di porvi dei limiti. Il congresso lasciò da parte il programma politico e si propose di rafforzare la posizione dei coloni in Èretz Israèl fornendo loro più larghi mezzi finanziari e decise la fondazione di scuole medie e superiori ebraiche con insegnamento in lingua ebraica.
Gli aderenti al partito Mizrachì sostennero la necessità che le scuole fossero ispirate allo spirito tradizionale ebraico, e, non essendo questa l’idea della maggioranza, si stabilì che il Mizrachì potesse fondare scuole speciali. Il centro del movimento fu trasferito da Colonia a Berlino, e a capo dell’organizzazione sionistica fu eletto Otto Warburg. Nel decimo, ultimo congresso prima della prima guerra mondiale (Vienna, agosto 1913), fu ancora più accentuata la tendenza al sionismo pratico anziché a quello politico; si riconobbe ufficialmente, come scopo a cui tendere, la colonizzazione graduale.
d) II territorialismo
Parallelamente al Sionismo vero e proprio, agì l’organizzazione territorialistica con centro a Londra, sotto la presidenza di Israel Zangwill. Si cercarono sedi adatte allo stanziamento autonomo degli Ebrei in varie regioni in Asia, nell’Africa settentrionale e nelle due Americhe; ma alla fine l’immigrazione venne diretta solo verso l’America, dopo che non riuscirono tentativi di fondare colonie in Angola, nell’Africa occidentale.
e) Il Sionismo spirituale
Accanto al “Sionismo politico” di cui abbiamo sopra parlato è da segnalarsi, alla fine del secolo XIX e agli inizi del XX il “Sionismo spirituale”. Suo principale rappresentante è lo scrittore Ashèr Ginzburg (1896-1927) noto con lo pseudonimo Achàd Ha’am (Uno del popolo). Secondo lui e i suoi seguaci, a nulla valgono i tentativi di favorire lo stanziamento di Ebrei in terra d’Israele se non è viva negli Ebrei la coscienza di costituire una nazione che possiede valori spirituali e culturali propri: il gruppo ebraico di Èretz Israèl deve costituire principalmente il centro spirituale e culturale del popolo d’Israele disperso nei vari paesi. La conservazione e lo sviluppo dello spirito d’Israele sono condizione necessaria per la sua esistenza: Israele si trova quindi ad un bivio: vivere o morire. Per questo la maggior parte dei suoi scritti vennero raccolti in un volume che porta il titolo ’Al Parashat Derachìm (Al bivio).
f) I diritti delle minoranze nazionali.
Come conseguenza indiretta del Sionismo, che mirava anche a rendere possibile il mantenersi della nazionalità ebraica negli Ebrei viventi nei vari paesi, è da notarsi il movimento tendente a fare riconoscere negli stati plurinazionali con forte popolazione ebraica, come la Russia e l’Austria, agli Ebrei, come ad altri gruppi, i diritti di minoranza nazionale: gli appartenenti a gruppi a cui si riconoscevano tali diritti potevano eleggere, fra l’altro, ai parlamenti loro rappresentanti speciali, servirsi ufficialmente della loro lingua (per gli Ebrei lo yiddish), avere istituti speciali di istruzione parificati a quelli dello stato. Tali diritti furono, in teoria, riconosciuti agli Ebrei in Russia, dopo la rivoluzione del 1905, ma in pratica gli Ebrei non ne godettero.
g) Ripercussioni del Sionismo nella letteratura
Come è naturale, il risveglio del sentimento nazionale ebbe le sue ripercussioni nella letteratura sia in ebraico che in yiddish. Una grande fioritura letteraria si ebbe specialmente in Russia, dove ebbero anche luogo contrasti violenti tra coloro che volevano che come lingua nazionale degli Ebrei fosse considerato l’ebraico, che andava diventando la lingua parlata dagli Ebrei in Èretz Israèl, mentre altri sostenevano che come lingua nazionale esclusiva, o accanto all’Ebraico, doveva essere riconosciuto lo yiddish, che era effettivamente la lingua degli Ebrei dell’Europa orientale, cioè della maggior parte della popolazione ebraica. Numerosi giornali e riviste in queste lingue e anche in russo venivano pubblicate. Gran parte degli scrittori in ebraico appartennero alla cerchia che si formò intorno alla rivista letteraria Hashilòach, fondata nel 1896, diretta da Achàd Ha’àm fino al 1903 e poi da Yosèf Klausner. Tra gli scrittori in ebraico vanno specialmente ricordati Nachùm Sokolow, Davìd Frischmann, Michà Berdicewski e soprattutto il poeta nazionale Chayìm Nachmàn Bialik (1873-1934) nato a Rady, in Volinia, e vissuto negli ultimi anni della sua esistenza in Èretz Israèl. Posto a parte occupa l’altro grande poeta Shaùl Czernikowski (1870-1943) che, più del sentimento nazionale, è cantore della bellezza e della gioia della vita, ed è vicino allo spirito dell’antica letteratura greca pagana.
Tra gli scrittori in yiddish ricorderemo Shalòm Ya’akòv Abramovitz, noto con lo pseudonimo di Mèndele Mochèr Sefarìm, Yitzchàk Leibush Pèretz, Shalòm Ash.
Sulle dune sabbiose nei pressi di Giaffa nel 1909 si cominciano a costruire le prime case di Tel Aviv che cinquant’anni dopo doveva superare i 400.000 abitanti.
La popolazione ebraica in Èretz Israèl agli inizi del secolo XX
a) Le colonie agricole e le città
Il periodo di tempo che va dagli inizi del secolo XX fino allo scoppio della prima guerra mondiale, nel quale il Sionismo non riuscì ad avanzare dal punto di vista politico, segna grandi progressi nello sviluppo della vita ebraica in Èretz Israèl. Nonostante le difficoltà poste dal governo turco, l’immigrazione fu molto notevole: la popolazione ebraica, che era nel 1901 di circa 70.000 anime raggiunse nel 1904 circa 100.000 persone, ma essa costituì sempre una piccola minoranza di fronte alla popolazione araba che era circa il sestuplo. Si fondarono numerose nuove colonie agricole, e, oltre che l’agricoltura, fecero grandi progressi anche l’industria e di molto si accrebbe anche la popolazione delle città. Nelle colonie agricole è da notarsi che la manodopera ebraica andò di mano in mano sostituendosi a quella araba che era prevalente e quasi esclusiva in principio.
Nel 1909 venne fondato un sobborgo ebraico a nord di Giaffa al quale fu dato il nome di Tel Aviv; in breve esso divenne una vera e propria città interamente ebraica con popolazione di parecchie decine di migliaia. L’amministrazione di Tel Aviv fu interamente in mano di Ebrei, e la lingua ebraica divenne la lingua ufficiale e generalmente parlata; alle vie della città si diedero nomi di personaggi ebrei.
Anche a Gerusalemme gli Ebrei divennero di mano in mano più numerosi fino a costituire poco meno dei due terzi della popolazione della città che contava nel 1912 circa 100.000 abitanti. Essi fondarono nuovi quartieri fuori delle mura della città vecchia, dove pure vivevano in un quartiere speciale. Nuova vita con popolazione di parecchie migliaia ebbero le antiche Comunità di Tzefàt, Tiberiade, Chevron e delle nuove si formarono a Gaza, Akko, Ramla, Beèr Shèva e altrove.
A Shekhèm continuava a vivere la piccola Comunità dei Samaritani. Un nuovo centro commerciale ebraico si costruì a Haifa.
b) Le scuole e la lotta per la lingua d’insegnamento
In tutte le città e villaggi abitati da Ebrei si fondarono scuole moderne nelle quali la lingua d’insegnamento era per tutte le materie l’ebraico, mentre continuarono a funzionare le scuole di vecchio tipo. A Tel Aviv e a Gerusalemme si fondarono scuole medie superiori di carattere umanistico (ginnasi) e a Haifa una scuola tecnica superiore. Nella stessa città si decise nel 1913 la fondazione di un politecnico, ma l’inizio del suo funzionamento dovette essere rinviato per la controversia sorta per quello che riguarda la lingua d’insegnamento. I Sionisti volevano che si tendesse a far sì che essa fosse l’ebraico e che si preparassero a questo scopo insegnanti e libri di testo, mentre gli appartenenti allo Hilfsverein tedesco, che ebbero parte prevalentemente nella fondazione della scuola, richiedevano che l’insegnamento venisse impartito in tedesco. A questa tendenza si opposero vivamente gli insegnanti delle scuole ebraiche, che decisero di scioperare in segno di protesta, e frattanto scoppiò la guerra mondiale che naturalmente arrestò lo sviluppo di Èretz Israèl.
c) La vita spirituale
Fino all’affluire dei nuovi coloni determinato dal Sionismo, la popolazione ebraica di Èretz Israèl si era mantenuta compattamente fedele alla osservanza delle mitzvòt nella sua forma tradizionale, rimasta pressoché immutata per molti secoli. Gli Ebrei provenienti dai vari paesi continuavano in genere a seguire i loro usi, si dividevano in vari gruppi tra cui specialmente notevoli per il numero dei loro membri quello degli Ashkenazìm e quello dei Sefaradìm ai quali ultimi si aggregarono in genere i provenienti dall’Asia e dall’Africa settentrionale Ciascuno dei gruppi aveva i suoi rabbini e le sue sinagoghe.
L’afflusso dei coloni mutò radicalmente questa situazione. Essi portarono con sé le ideologie dei partiti dei paesi dai quali provenivano e specialmente quelle socialiste e comuniste. I più di essi erano indifferenti di fronte all’osservanza delle mitzvòt e alcuni anche contrari per principio, ritenendo che essa, necessaria nella Diaspora per conservare il popolo d’Israele, diventasse superflua in terra d’Israele e anche dannosa in quanto poneva delle limitazioni e degli ostacoli a certe attività.
Non mancarono però anche, per quanto in minoranza, fra i coloni, coloro che al contrario pensavano che in Èretz Israèl la Torà dovesse essere osservata più ancora che nella Diaspora perché in nome della Torà si era formato e conservato il popolo d’Israele, e nella loro terra gli Ebrei non trovavano quelle difficoltà alla osservanza delle mitzvòt che vi si opponevano nella Diaspora e che ne giustificavano in parte l’abbandono.
I fedeli alla Torà non erano però concordi: mentre gli appartenenti al Mizrachì aderivano agli ideali sionistici e facevano parte dell’organizzazione sionistica, i membri della Agudàt Israèl erano contrari, e molti contrasti ebbero luogo fra i vari gruppi; il Mizrachì fondò scuole separate, che esistettero in quasi tutti i centri, come pure in tutte le città e nelle colonie non formate esclusivamente da avversari all’osservanza delle mitzvòt esistevano sinagoghe e si provvedeva ai servizi rituali nelle città, e nelle colonie costituite da fedeli alla Torà funzionavano pure numerose yeshivòt per lo studio quasi esclusivo del Talmud e delle opere rituali, e numerosi scritti di questo genere venivano composti e pubblicati da dotti rabbini.