Capitolo 17 – Condizioni e vicende degli Ebrei dalla caduta di Napoleone al 1848
Generalità
Italia: a) Stato pontificio; b) Regno di Sardegna e Ducato di Modena; c) Toscana; d) Ducato di Parma; e) Lombardo-Veneto; f) Napoli; g) Partecipazione degli Ebrei ai movimenti liberali; h) scrittori non ebrei fautori della emancipazione
Francia
Inghilterra
Germania, Austria-Ungheria
Olanda e Belgio
Russia e Polonia: a) La reazione; b) Il servizio militare degli Ebrei; i rapitori; c) Restrizioni varie; d) Norme per l’istruzione e per il funzionamento delle Comunità; e) Accuse di omicidio rituale e altre persecuzioni; f) Il territorio di Varsavia
America
Asia e Africa: a) Condizioni generali; b) Turchia asiatica; c) La calunnia di Damasco
Generalità
Caduto Napoleone e stabilitosi il nuovo assetto dell’Europa nel congresso di Vienna (1815), ebbe inizio il periodo della restaurazione (1815-1840) caratterizzato in molti paesi d’Europa dalla tendenza a cancellare le conseguenze della rivoluzione francese e del dominio napoleonico e a tornare alle condizioni in cui gli stati d’Europa si trovavano in precedenza. Così avvenne che anche gran parte dei cambiamenti che erano avvenuti quanto alla situazione degli Ebrei furono annullati.
Tentativi fatti dagli Ebrei per ottenere che nel congresso di Vienna fossero affermati i diritti degli Ebrei non ebbero efficacia pratica: furono riconosciuti in teoria i diritti già acquisiti, ma di fatto anche molti di questi vennero negati.
In vari stati ebbero luogo discussioni alle quali presero parte governo e Comunità ebraiche: furono scritti e diffusi libri e opuscoli di rappresentanti le varie tendenze; qua e là furono parzialmente migliorate le condizioni degli Ebrei; ma spesso ogni tentativo in questo senso era, nei paesi reazionari e specialmente in Germania, osteggiato da parte della popolazione che si dava anche ad atti di violenza e saccheggio nei confronti degli Ebrei.
Ma, nonostante la reazione, gli effetti del primo periodo di emancipazione non andarono del tutto perduti. Ebrei e non Ebrei si erano avvicinati e avevano imparato a conoscersi, e, se anche le leggi reazionarie tendevano a fare del tutto rinascere il passato, questo non fu possibile e le idee che avevano portato all’emancipazione tornarono a poco a poco a farsi strada e a prevalere.
Come è noto, negli ultimi decenni della prima metà del secolo XIX ebbero luogo in molte regioni d’Europa dei moti liberali a cui in genere presero parte anche gli Ebrei che vedevano nel prevalere delle tendenze liberali, oltre che, alla pari degli altri, il trionfo di ideali umani di giustizia e di libertà, anche qualche cosa che li interessava in modo particolare, in quanto avrebbe potuto portare alla loro emancipazione. Sta poi il fatto che, nonostante le leggi restrittive, alcuni Ebrei continuarono a prendere parte alla vita pubblica, e il processo di assimilazione continuò a progredire.
Italia
a) Stato pontificio
A Roma ebbero luogo, subito dopo la caduta di Napoleone, nel 1814, manifestazioni ostili agli Ebrei: questi tornarono a essere rinchiusi nel ghetto e quelli che ne erano usciti furono espulsi dalle loro nuove abitazioni; gli studenti Ebrei furono allontanati dall’università; molti commercianti furono obbligati a chiudere i negozi che avevano aperto in luoghi centrali della città.
Più gravi si fecero le condizioni degli Ebrei sotto il pontificato di Leone XII (1823-1829): molti decreti dell’Inquisizione furono rimessi in vigore, le porte del ghetto vennero chiuse la notte, fu rinnovato agli Ebrei il divieto di servirsi di personale di servizio cristiano e l’obbligo di assistere a prediche che li inducevano alla conversione, e si ebbero casi di battesimo forzato di bambini. Alla fine del suo pontificato Leone proibì agli Ebrei di uscire dal luogo di loro residenza senza permesso speciale e di possedere beni stabili; quelli che avevano dovevano essere venduti a Cristiani entro cinque mesi.
In seguito alla rivoluzione del luglio 1830 in Francia, ebbero luogo gravi moti anche nello stato pontificio e non pochi Ebrei vi parteciparono. Sedati i moti, il papa Gregorio XVI (1831-1846) si rifiutò di aderire alle richieste degli Ebrei e solo qualche volta cedette alla forza del denaro che gli era fornito dalla banca Rothschild e fece qualche concessione. Il suo successore Pio IX (1846-1878) mostrò tendenze liberali e, per quel che riguarda gli Ebrei, giunse fino al punto di esprimere l’intenzione di abbattere le mura del ghetto. Non mancarono gravi opposizioni, anche violente, da parte di Cattolici fanatici, ma il movimento popolare capitanato da Ciceruacchio finì per prevalere. Scrittori e pensatori liberali invitarono il papa a prendere l’iniziativa per la concessione agli Ebrei di uguaglianze e diritti, e il papa, a una delegazione di Ebrei che a lui si presentò nel gennaio 1848, promise che le riforme a loro favore si sarebbero effettuate a poco a poco.
b) Regno di Sardegna e ducato di Modena
Nel regno di Sardegna, di cui faceva parte il Piemonte, con notevole popolazione ebraica, Vittorio Emanuele I, ritornato sul trono nel 1814, rimise tutto nello stato in cui si trovava prima della rivoluzione: per quel che riguarda gli Ebrei, egli alleggerì in parte le restrizioni a cui erano soggetti, dispensandoli dall’obbligo di portare il segno distintivo, dal divieto di uscire dal ghetto la sera, ma del resto seguì in tutto le orme del papa, proibì loro anche l’esercizio della medicina e dell’avvocatura, li escluse dal servizio militare e dalle scuole pubbliche di ogni grado, proibì a genitori ebrei di diseredare figli passati al Cristianesimo, obbligò la Comunità di Torino a fare ogni anno larghi donativi in natura a funzionari dello stato e a pagare una forte tassa all’università in compenso del divieto fatto agli studenti di buttare palle di neve contro gli Ebrei passanti per la strada.
Condizioni analoghe a quelle del regno di Sardegna si ebbero nel ducato di Modena.
c) Toscana
In Toscana, invece, dove fiorirono specialmente le Comunità di Livorno, Firenze e Pisa, la reazione si fece sentire assai meno: gli Ebrei erano sì esclusi dalle cariche pubbliche e dall’esercizio di alcune professioni liberali, ma non furono poste restrizioni alle attività commerciali, né fu ripristinato il ghetto. La Toscana servì da luogo di rifugio di molti che volevano sfuggire al regime reazionario dello stato pontificio.
d) Ducato di Parma
Altri si trasferirono per la stessa ragione nel ducato di Parma dove, sotto il governo di Maria Luisa vedova di Napoleone, non infierì la reazione.
e) Lombardo-Veneto
Nel Lombardo-Veneto, soggetto all’Austria, la reazione si fece sentire in modo particolare: a poco a poco furono abrogate tutte le norme che erano state emesse nello spirito dell’emancipazione, e gli Ebrei furono esclusi dalle cariche pubbliche e da quasi tutte le professioni libere.
In alcuni luoghi ebbero luogo atti di violenza contro i negozi degli Ebrei; incidenti particolarmente gravi si ebbero a Mantova nel 1824 e nel 1842, e solo a stento la polizia riuscì a ristabilire l’ordine.
f) Napoli
Alcuni Ebrei si stanziarono a Napoli e nelle vicinanze durante il periodo del dominio francese e non ne furono espulsi neppure in seguito, forse perché la banca Rothschild vi aveva fondato una importante filiale. Fu però vietato agli Ebrei di organizzarsi in Comunità.
g) Partecipazione degli Ebrei ai movimenti liberali
Numerosi Ebrei parteciparono alle cospirazioni e alle insurrezioni liberali in Italia fra il 1815 e il 1848. Non pochi si iscrissero alla Carboneria e furono fra gli insorti negli stati estensi (1820), in Piemonte (1821) e soprattutto a Modena (1831). Molti di essi figurano tra i seguaci e i collaboratori di Giuseppe Mazzini e fecero parte della Giovane Italia.
h) Scrittori non ebrei fautori della emancipazione
Molti pensatori e scrittori non ebrei espressero chiaramente le loro idee a favore dell’emancipazione. Ricorderemo fra questi Carlo Cattaneo, Vincenzo Gioberti, Cesare Balbo e soprattutto Roberto e Massimo d’Azeglio.
Francia
In Francia, per quanto non mancasse una corrente favorevole alla reazione, questa non si fece sentire per quello che riguarda gli Ebrei: la proposta di prorogare, anche dopo il 1818, le disposizioni del decreto che dispensava i Cristiani dell’Alsazia dall’obbligo di pagare i debiti verso gli Ebrei non venne accolta. Gli Ebrei riebbero poi l’emancipazione quasi completa in seguito alla rivoluzione del luglio 1830 che mise sul trono Luigi Filippo d’Orléans in sostituzione del reazionario Carlo X di Borbone.
Dopo lunghe discussioni, anche alla religione ebraica vennero riconosciuti gli stessi diritti che a quella cattolica, e questo riconoscimento ebbe anche per conseguenza che gli onorari dei rabbini vennero loro pagati dallo stato, come avveniva per i preti cattolici.
Tra gli Ebrei che agirono attivamente per l’emancipazione in questo periodo è specialmente da ricordare l’avvocato Adolfo Crémieux che agì anche per sostenere i diritti degli Ebrei cittadini francesi, residenti in paesi dove essi erano soggetti alle discriminazioni.
La rivoluzione del 1848 diede agli Ebrei di Francia l’emancipazione completa e i suoi effetti si sentirono anche negli altri paesi dell’Europa occidentale. La parità quasi completa di diritti concessa agli Ebrei ebbe le sue conseguenze anche nella vita economica in quanto essi si dedicarono a tutti i rami di attività e a tutte le professioni e andò diminuendo il numero dei prestatori di denaro.
Inghilterra
In Inghilterra, neppure dopo che i Cattolici furono parificati nei loro diritti agli Anglicani (1829) furono tolte le restrizioni relative agli Ebrei perché coloro che erano eletti a cariche pubbliche dovevano dichiarare di avere fede cristiana. Soltanto nel 1845 fu adottata per gli Ebrei una formula speciale di giuramento che non implicava la dichiarazione di fede cristiana per la loro ammissione ai consigli comunali, ma non al Parlamento.
Tra i più notevoli personaggi del tempo è da ricordare Moshè Montefiore (1784-1885) che seppe armonizzare perfettamente la sua piena fedeltà all’Ebraismo e alla vita ebraica con la sua devozione al governo, e che agì anche in favore di Ebrei di altri paesi.
Germania, Austria, Ungheria
In questi paesi, nei quali poco o nulla si sentirono le conseguenze della rivoluzione e del dominio napoleonico, non si ebbero notevoli cambiamenti nelle condizioni degli Ebrei.
In Germania, scoppiata nel 1848 la rivoluzione in seguito a quella scoppiata in Francia, non pochi Ebrei parteggianti per gli insorti caddero vittime delle lotte sanguinose che ebbero luogo specialmente a Vienna e a Berlino. Nell’assemblea nazionale tedesca che si riunì a Francoforte (maggio 1848) gli Ebrei furono proclamati cittadini uguali agli altri, ma, di fatto, nella maggior parte degli stati della confederazione rimasero o furono rimesse in vigore le leggi restrittive.
Olanda e Belgio
In Olanda e in Belgio si può dire non abbia agito la reazione; neppure dopo il 1815 furono tolti agli Ebrei i diritti che avevano conseguito nel tempo del dominio francese. Fu però abolito il regime concistoriale e le Comunità tornarono a godere delle loro autonomie, guidate dai rabbini e dai maggiorenti. In Olanda la popolazione ebraica era di parecchie diecine di migliaia mentre in Belgio era soltanto di qualche migliaio.
Anche dal punto di vista economico gli Ebrei prosperavano specialmente in Olanda, dove gli Ebrei si dedicavano soprattutto, come prima, all’industria dei diamanti; altri erano dediti ad occupazioni di borsa e di commerci vari, specialmente di bestiame e di tabacco.
In Olanda continuò a essere Amsterdam la Comunità più importante: in Belgio gli Ebrei abitavano specialmente a Bruxelles, Antwerpen, Liegi.
Russia e Polonia
a) La reazione
Come si può facilmente immaginare, la reazione colpì ancora più gravemente che altrove gli Ebrei in Russia, che era la più reazionaria delle potenze della «lega santa» e che era lo stato dove si trovava la maggior parte della popolazione ebraica. L’imperatore Alessandro I, che nei primi tempi aveva mostrato tendenze liberali, in seguito mutò del tutto il suo contegno.
Allo scopo di indurre gli Ebrei ad accettare il Cristianesimo furono emanate disposizioni eccezionalmente favorevoli a coloro che abiurassero, ai quali furono assicurati terreni in cui stanziarsi e esenzioni da tasse, ma gli sforzi del governo in questo senso non ebbero alcun risultato e di fatto si mostrarono invece fra la popolazione dominante movimenti di avvicinamento all’Ebraismo: il governo non solo, com’è naturale, osteggiò e cercò di far cessare questi movimenti, ma ne trasse occasione per trattare ancor più crudelmente gli Ebrei, accusati di indurre i Cristiani all’apostasia. Fu ripetutamente rinnovato e applicato con tutto rigore il decreto di espulsione degli Ebrei dai villaggi ed essi furono allontanati anche da altri luoghi di loro residenza, specialmente nelle vicinanze dei confini, e costretti a concentrarsi nelle parti centrali dell’impero, dalle quali non erano esclusi. Nelle loro nuove sedi essi non trovavano né modo di provvedere al loro sostentamento né abitazioni: le pessime condizioni in cui vivevano fecero numerose vittime; alcuni cercarono di stanziarsi in colonie agricole ma solo pochi vi poterono essere accolti. Queste disposizioni accrebbero, come è naturale, la miseria di grande parte della popolazione ebraica, mentre solo pochi grandi commercianti potevano raggiungere l’agiatezza e la ricchezza.
Intanto continuavano le discussioni sul modo di regolare la situazione degli Ebrei, di “riformarli” e “migliorarli”, nello spirito di Napoleone: fu anche avanzata la proposta di espellere tutti gli Ebrei che avrebbero finito per trovare in Asia un territorio dove stabilirsi e costituire uno stato a sé.
b) Il servizio militare degli Ebrei, i “rapitori”
Succeduto Nicolò I ad Alessandro I, il nuovo imperatore, che già prima di salire sul trono aveva mostrato i suoi sentimenti di odio verso gli Ebrei, nei quali vide la causa di molti mali del suo paese, pensò che il modo migliore per rimediare a questi consisteva nel preparare una nuova generazione di Ebrei che perdesse tutte le caratteristiche, le abitudini e le tradizioni ebraiche, e che il modo sicuro per ottenere il suo scopo era quello di obbligarli, fino da età giovanissima, ad un lunghissimo periodo di servizio militare, durante il quale fossero costretti a vivere in ambiente non ebraico e a non avere rapporti con questo. Nell’agosto del 1827 fu emanato un decreto per il quale le Comunità ebraiche erano obbligate a fornire un numero determinato di giovani, a partire dall’età di dodici anni, che dovevano poi prestare servizio militare per venticinque anni. A nulla valsero i tentativi di far revocare il decreto o a mitigarlo. L’opposizione degli Ebrei rese assai difficile il reclutamento e le autorità nominarono degli speciali incaricati, qualche volta anche ebrei, che sottraessero alle famiglie e consegnassero ragazzi nel numero prescritto. I più dei giovani cercarono di nascondersi e i funzionari incaricati del reclutamento dovettero molto faticare per rintracciarli e, per giungere al numero stabilito talvolta “rapirono” alle famiglie persino ragazzi al di sotto dell’età prescritta, di otto o nove anni, approfittando della circostanza che per lo più mancavano documenti che dimostrassero l’età precisa dei ragazzi.
Il vero e proprio servizio militare cominciava dall’età di 18 anni; gli anni precedenti erano di preparazione e non venivano computati nei 25 anni di servizio obbligatorio. Non mancarono tentativi di rivolta da parte degli Ebrei e rappresaglie contro i “rapitori” e coloro che denunciavano contravvenzioni all’obbligo del reclutamento, ma contro coloro che venivano accusati di impedire il reclutamento o di agire contro i rapitori e i delatori venivano intentati processi dinanzi ai tribunali militari, seguiti per lo più da punizioni individuali o, quando intere Comunità erano ritenute responsabili, collettive.
L’opposizione degli Ebrei era poi non di rado, più ancora che al governo, rivolta ai capi delle Comunità che ne eseguivano rigorosamente gli ordini, e che furono accusati di consegnare al governo soltanto i ragazzi delle famiglie povere mentre, dietro pagamento di denaro, lasciavano in pace i figli dei ricchi. Altri appartenenti a famiglie benestanti si sottraevano al reclutamento ottenendo, dietro pagamento di forti somme, autorizzazione a commerciare, che esentava dall’obbligo del servizio militare. I reclutati dagli incaricati di rintracciare i renitenti, i quali venivano designati col nome di “rapitori” (chotefìm) venivano chiusi in carcere in attesa della visita medica: dopo di questa venivano per lo più inviati in Siberia o in altre regioni inospitali e non pochi perivano durante il viaggio, che si compiva sotto la guida di crudeli aguzzini russi. Molte famiglie ebraiche fecero per i “rapiti” lutto come per i morti.
Giunti a destinazione coloro che non erano periti, si cercava di indurli all’apostasia prima con la persuasione e, siccome questa non otteneva l’effetto desiderato, con la violenza. Fra altro, essi venivano svegliati la notte: se acconsentivano ad abiurare la propria fede, venivano rimessi a letto: se no erano costretti a restare inginocchiati fino a che non cadevano a terra privi di forze, e poi frustati o sottoposti ad altri tormenti; se si rifiutavano di mangiare carne di maiale o cibi conditi con prodotto di questo, venivano lasciati senza alimenti oppure nutriti con cibi fortemente salati senza che si concedesse loro di bere: tra i più piccoli non pochi, che non poterono reggere alle sofferenze, commisero apostasia, ma i più di quelli di maggiore età resistettero. Tra gli episodi di eroismo di questi si narra che, condotti un giorno presso la riva di un fiume per essere battezzati, si gettarono essi stessi nell’acqua e furono poi estratti cadaveri.
Neppure dopo i venticinque anni di servizio militare, gli Ebrei furono da principio autorizzati a continuare a risiedere nei luoghi dove avevano servito nell’esercito, ma più tardi ai pochi superstiti e ai loro figli fu fatta questa concessione.
c) Restrizioni varie
A differenza di quel che avveniva in altri paesi, l’aver servito nell’esercito non dava agli Ebrei nessuno dei diritti di cui non godevano gli altri Ebrei. Questi diritti venivano poi continuamente sottoposti a nuove limitazioni. Una legge sugli Ebrei promulgata nel 1835 confermava in genere tutte le restrizioni vigenti e stabiliva rigorosa censura sui libri ebraici e distruzione di quelli non censurati. Un viaggio in Russia compiuto nel 1846 da Moshè Montefiore allo scopo di cercare di migliorare le condizioni degli Ebrei non ebbe alcun effetto pratico.
d) Norme per l’istruzione e per il funzionamento delle Comunità
Riconosciuta l’inefficacia delle oppressioni e delle persecuzioni per annientare l’Ebraismo, si pensò di seguire l’esempio degli stati dell’Europa occidentale, e cioè di cercare di ottenere lo scopo diffondendo fra gli Ebrei la cultura russa e inducendoli ad abbandonare quella ebraica, e specialmente talmudica, considerata come il principale impedimento all’apostasia.
Appoggiato dai pochi fautori della Haskalà che si trovavano in Russia e da altri della stessa tendenza fatti venire dalla Germania, il governo istituì scuole per Ebrei con insegnamento di tutte le materie in lingua russa per parte di insegnanti non ebrei, e insegnamento della religione, fondato esclusivamente sulla Bibbia per parte di insegnanti ebrei accetti al governo. Furono poste sotto il controllo governativo le scuole ebraiche di tutti i gradi e le nomine dei rabbini, fu dichiarato vietato agli Ebrei di indossare dopo un certo tempo abiti diversi da quelli usati dal resto della popolazione, furono ridotte le funzioni delle Comunità a quelle considerate strettamente “religiose”, ma fu confermato i loro dovere di curare l’esazione delle tasse governative e di provvedere al reclutamento mentre venivano devolute al governo tasse che prima venivano versate alle casse delle Comunità, e gli Ebrei venivano aggravati di nuove tasse. In alcuni comuni furono dichiarati eleggibili a cariche pubbliche gli Ebrei che sapevano leggere e scrivere in lingua russa.
e) Accuse di omicidio rituale e altre persecuzioni
In Russia e in Polonia si ebbero, nella prima metà del secolo XIX, numerose accuse di omicidio rituale in base alla credenza che gli Ebrei usassero sangue di Cristiani per le cerimonie pasquali. Le accuse furono spesso sostenute anche da apostati ebrei: uno di questi giunse al punto di presentare come raccolta di norme rituali per l’uccisione di Cristiani un libro che di fatto conteneva le regole per la macellazione degli animali (shechità); ma la verità fu scoperta e il calunniatore punito. Siccome non si riuscì mai a trovare fra gli Ebrei i colpevoli, che non esistevano, in certi casi furono applicate punizioni collettive a Comunità ebraiche, come la chiusura delle sinagoghe. In genere i processi finirono con l’assoluzione; ma, siccome questa avveniva per lo più “per insufficienza di prove”, rimase radicata nel popolo, ed anche nell’imperatore Nicola I, la convinzione che talvolta gli Ebrei commettessero i delitti di cui erano accusati, e quindi le calunnie si ripetevano ogni qual volta si trovavano uccisi ragazzi cristiani e non si riuscivano a svelare la causa e gli autori del delitto. Gravi violenze contro gli Ebrei si ebbero, nel 1821, a Odessa, quando vi giunse la notizia dell’uccisione del patriarca greco di Costantinopoli e quando vi fu sepolto.
f) Il territorio di Varsavia
In condizioni diverse da quelle degli altri soggetti alla Russia si trovavano gli Ebrei del “Regno di Polonia” con capitale Varsavia, che, pur essendo dipendente dall’imperatore di Russia, godeva di larghe autonomie e, fra altro, non vi erano applicabili le norme della Russia relative agli Ebrei, che restavano nelle condizioni in cui si trovavano sotto la Polonia dell’età napoleonica. Anche là si ebbero molte discussioni sugli Ebrei, analoghe a quelle di altri paesi e, come al solito, anche gli Ebrei espressero i loro differenti punti di vista e fu anche fondata una società di “polacchi di religione ebraica”.
Gli Ebrei di Varsavia presero, in genere, parte ai movimenti che, nel 1830, si manifestarono per rendere il paese indipendente dalla Russia; ma per lo più, fuori della città, rimasero estranei, anche perché le popolazioni, che consideravano gli Ebrei come stranieri, non gradivano che essi agissero insieme con loro.
Nel 1842 furono estese anche al “Regno di Polonia” con qualche alleggerimento le leggi russe relative al servizio militare degli Ebrei.
Turchia europea e penisola balcanica
Gli sconvolgimenti che agitarono i paesi soggetti all’impero turco nella prima metà del secolo XIX ebbero gravi ripercussioni sugli Ebrei, che, come al solito, venivano da ogni partito considerati fautori dei partiti avversi. Molte vittime caddero anche fra Ebrei durante la guerra d’indipendenza greca (1820-1829), specialmente in seguito all’uccisione di Gregorio, patriarca greco di Costantinopoli, e degli sfregi fatti al suo cadavere (1821): gli Ebrei furono accusati di avere partecipato a questi atti, o addirittura di essere gli uccisori del patriarca, e i Cristiani si gettarono su di loro e ne uccisero molti: secondo una notizia, che forse però è esagerata, 5000 Ebrei perirono in Morea sotto i colpi dei loro assalitori.
Negli ultimi decenni della prima metà del secolo XIX molti profughi dalla persecuzione in Russia si rifugiarono nei principati danubiani di Valacchia e Moldavia che costituirono poi la Romania dove già esisteva popolazione ebraica, e si occuparono specialmente di commercio e artigianato. Per qualche tempo rimasero indisturbati ma, dopo che nel 1829 quei territori furono occupati dalla Russia, vennero loro tolti quasi tutti i diritti e gli sprovvisti di mezzi furono espulsi dal paese.
America
L’America rimase completamente estranea ai rivolgimenti determinati in Europa dalla rivoluzione francese, dall’impero napoleonico e dalla reazione e negli Stati Uniti gli Ebrei continuarono a vivere con pienezza di diritti di cittadini e nella maggior parte di essi occuparono di fatto cariche importanti civili, politiche e militari.
Solo nello stato di Maryland, con capitale Baltimora, rimasero in vigore delle restrizioni perché cariche pubbliche potevano essere occupate solo da chi dichiarasse di conoscere come vera la religione cristiana: secondo una legge bisognava invece dichiarare per scritto che si credeva nell’immortalità dell’anima e nella retribuzione divina.
Le condizioni in cui si trovavano gli Ebrei negli Stati Uniti fecero nascere in un uomo politico e giornalista ebreo cittadino degli Stati Uniti, Mordechai Noach (1788-1841), il progetto di concentrare in un’isola presso il fiume Niagara tutti gli Ebrei sparsi per il mondo: là sarebbero vissuti liberi sotto la protezione degli Stati Uniti e sotto la guida dello stesso Noach avrebbero imparato a governarsi da sé per prepararsi a ricostruire in seguito lo stato ebraico in terra d’Israele. Ma la cosa non ebbe seguito, per quanto in una solenne cerimonia che fu celebrata nel tishrì 5586 (settembre 1825) in una chiesa cristiana nella città di Buffalo dove non c’era ancora sinagoga ebraica, fosse collocata una pietra che doveva essere la prima pietra di una città, a cui si sarebbe dato il nome di Ararat e che doveva essere il centro della progettata sede degli Ebrei. Lo stesso Noach, dopo aver rinunciato al suo progetto che risultò inattuabile per la contrarietà mostrata dagli Ebrei di quasi tutti i paesi, pubblicò poi, nel 1844, un discorso nel quale invitava i popoli cristiani a venire in aiuto agli Ebrei per la ricostituzione di uno stato ebraico in Èretz Israèl.
Intanto la popolazione ebraica si accrebbe grandemente: la reazione che infierì in Europa fra il 1815 e il 1848 indusse molti esuli dai paesi reazionari a trasferirsi in America e fra questi numerosi Ebrei specialmente dalla Germania, dalla Russia e dalla Polonia. La maggior parte degli immigrati si dedicarono dapprincipio al commercio minuto, ma molti di essi riuscirono ad arricchirsi e a diventare grandi commercianti. Nuove importanti Comunità vennero fondate, come per esempio a Cincinnati, a Chicago, a Filadelfia.
Asia e Africa
a) Condizioni generali
I paesi del Vicino Oriente e dell’Africa settentrionale erano tutti in un certo stato di dipendenza dall’impero turco, pur avendo dei capi locali, ed erano continuamente agitati da lotte fra questi e fra loro e il governo turco; anche le potenze europee, che avevano interesse a esercitare la loro influenza, vi prendevano parte, sostenendo l’uno e l’altro dei contendenti.
b) Turchia asiatica
Anche nella Turchia asiatica e specialmente in Èretz Israèl ebbero luogo carneficine di Ebrei, paragonabili a quelle del tempo delle crociate, nel periodo di lotte interne per il potere fra il 1831 e il 1840. Oltre a ciò poi gli Ebrei residenti in Galilea furono gravemente colpiti da un terremoto che distrusse quasi interamente Tzefàt e Tiberiade (1837).
c) La calunnia di Damasco
Un grave fatto accaduto a Damasco turbò non soltanto la Siria, ma tutto il mondo ebraico e anche molte potenze europee. Il 5 febbraio 1840 scomparve senza lasciare tracce il superiore del convento francescano e i monaci sparsero la voce che l’avessero ucciso gli Ebrei per usare il suo sangue per motivi rituali. Il console francese, d’accordo col pascià d’Egitto, Mehmet Ali (ribelle alla Turchia, divenuto padrone della Siria e di Èretz Israèl nel 1832 e sostenuto dalla Francia), fece eseguire numerosi arresti fra i notabili della Comunità e fece torturare gli arrestati per ottenerne le confessioni. Uno degli arrestati perì vittima delle torture, per sfuggire a queste uno abbracciò l’Islam, gli altri confessarono il delitto non commesso. Per iniziativa del console di Francia la stampa di questo paese pubblicò molti articoli calunniosi per gli Ebrei: tentativi fatti dal Crémieux e da altri per far cessare la campagna ostile contro gli Ebrei non ebbero risultato.
Questi avvenimenti fecero profonda impressione in vari stati d’Europa e a difesa degli Ebrei sorse il ministro inglese Lord Palmerston che d’accordo col cancelliere austriaco Metternich riuscì ad indurre il pascià d’Egitto, da cui dipendeva la Siria, ad aderire a che la questione fosse sottoposta a un tribunale speciale formato dai consoli di Inghilterra, Austria, Russia e Prussia, ma il console francese ad Alessandria d’Egitto riuscì ad impedire che il progetto avesse seguito. In riunioni che ebbero luogo a Londra e New York, e nelle quali molti Cristiani, fra cui anche degli ecclesiastici, presero la parola, si protestò vivamente contro le calunnie mosse agli Ebrei.
Anche la decisione presa da Ebrei di Londra di mandare in Oriente una delegazione, di cui dovevano far parte il Crémieux, Moshè Montefiore e Salomone Munk, fu ostacolata dal console di Francia. Alla fine però il pascià fu costretto dall’intervento di consoli di varie potenze a mettere in libertà gli arrestati che erano ancora in vita. Cessato il dominio del pascià in Siria, che fu restituita alla Turchia, il Sultano dichiarò calunniose le accuse rivolte agli Ebrei e confermò l’inviolabilità delle persone e degli averi nell’impero ottomano.
Questi avvenimenti ebbero per conseguenza che in molti si risvegliò il concetto dell’unità del popolo d’Israele, nonostante l’appartenenza dei suoi membri a stati diversi, concetto che l’emancipazione aveva in gran parte annullato in Europa.