Capitolo 2 – Gli Ebrei della Diaspora fino all’apparire dell’Islam
Le fonti
Asia e Africa settentrionale: a) Babilonia e Persia; b) Siria; c) Africa settentrionale
Europa: a) Italia; b) Gallia e Germania; c) Penisola iberica; d) Penisola balcanica e altri paesi dell’Europa sud-orientale.
Le fonti
Oltre a quelle già citate sul capitolo precedente, vanno ricordate, per la Babilonia, notizie sporadiche fornite dalla letteratura talmudica e midrashica; la lettera di Saadyà Gaòn agli Ebrei di Kairuan (vedi pag. XXX); per l’Europa, scritti di autori cristiani, tra cui specialmente notevoli le numerose lettere del papa Gregorio, le cronache e le raccolte di leggi dei vari popoli che dominarono in Europa, iscrizioni varie. Per la Spagna si desumono notizie dalla cronaca ebraica Shèvet Yehudà di Yosèf ibn Verga e continuatori (secolo XVI).
Asia e Africa Settentrionale
a) Babilonia e Persia
Durante il regno di Kavad I (490-531 circa) l’impero persiano fu sconvolto da lotte interne di carattere religioso e sociale, in conseguenza delle quali gli Ebrei ebbero a soffrire dal punto di vista economico e morale. Il regno di Cosroe I (531-579) segna un periodo di calma: le comunità ebraiche si riorganizzarono e godettero di una notevole autonomia, e la popolazione ebraica aumentò a causa di numerosi prigionieri che Cosroe vi portò da Antiochia, da lui conquistata (vedi pag. XXX).
Essi furono stabiliti nei pressi di Ctesifonte e vi fondarono una residenza a cui dettero il nome di Antiochia nuova. Le comunità ebraiche babilonesi più importanti, Mechozà, Sura e Pumbedita, ebbero un periodo di notevole prosperità. Morto Cosroe, si ebbe di nuovo un lungo periodo di agitazioni e, durante il regno del suo figlio e successore Hormizd IV (579-590), gli Ebrei ebbero di nuovo a soffrire. Le fiorenti yeshivòt di Sura e Pumbedita vennero chiuse e i dotti che le avevano frequentate si dispersero.
Gli Ebrei favorirono la rivolta del generale Bahram contro il re (589) e durante il breve regno di lui tornarono a prosperare e furono riaperte le yeshivòt. Ma quando Cosroe II ricuperò il regno paterno (590) le comunità ebraiche furono punite duramente. In seguito però Cosroe si mostrò benevolo verso gli Ebrei che lo aiutarono nella sua lotta contro Eraclio, imperatore romano d’oriente. Le sorti degli Ebrei dell’impero persiano in conseguenza dell’alternarsi delle vicende delle lotte di esso con l’impero bizantino furono analoghe a quelle degli Ebrei di Èretz Israèl (vedi pag. XXX). Gli ultimi anni del governo dei Sassanidi (628-637) furono agitatissimi, fino a che il paese cadde in mano degli Arabi.
I Maestri che succedettero agli Amoraìm (vedi vol. I, pag. XXX) ebbero il nome di Savoraìm, dei quali quasi nulla sappiamo se non che dettero al Talmud babilonese la sua forma definitiva e vi introdussero alcune aggiunte. Nel periodo di disordine in cui si trovò il paese durante il regno dell’ultimo dei Sassanidi, Yazdagard III (###nel primo volume, i nomi di imperatori persiani con lo stesso nome erano riportati in forma diversa, mi sembra Izdagird I e II. Non so se si vuole uniformare, in caso Yazdagard è forma più corretta), le yeshivòt furono di nuovo chiuse ed ebbe termine l’attività dei Savoraìm.
b) Siria
Dato che anche questa regione era sotto l’impero bizantino, le condizioni generali degli Ebrei non erano diverse da quelle di Èretz Israèl, e naturalmente essa fu soggetta alle leggi di Giustiniano. Poco ci è noto sulle vicende particolari degli Ebrei in quella regione: la comunità più importante era quella di Antiochia dove frequenti urti fra la popolazione ebraica e quella cristiana ebbero luogo. Gli Ebrei furono anche spesso coinvolti nelle lotte di partiti che agitavano la città: gli aderenti a uno dei partiti diedero fuoco, nel 486, ad una sinagoga, uccisero molti Ebrei e ne arsero i cadaveri. Si narra che l’imperatore Zenone abbia detto che gli autori di questo atto dovevano essere puniti perché avevano soltanto arso soltanto cadaveri di Ebrei e non Ebrei viventi. Una decina di anni dopo un’altra sinagoga venne distrutta e gli Ebrei che vi si trovavano uccisi. La sinagoga fu trasformata in chiesa cristiana. Inoltre, com’è naturale, anche gli Ebrei, al pari del resto degli abitanti, ebbero spesso a soffrire per le continue lotte fra l’impero bizantino e quello persiano. Ai tempi di Giustiniano la città fu quasi interamente distrutta dall’esercito persiano (540), e il vincitore Cosroe trasferì molti dei suoi abitanti, e fra questi anche Ebrei, a Ctesifonte (vedi pag. XXX). Sotto l’impero di Foca avvenne una ribellione di Ebrei in Antiochia (608): molti Ebrei e Cristiani vennero uccisi e gli Ebrei furono in seguito gravemente puniti con esilio e confisca dei beni.
c) Africa settentrionale
Nulla sappiamo degli Ebrei sotto i Vandali. Dopo che Giustiniano, per mezzo del generale Belisario, conquistò l’Africa settentrionale (533) le condizioni degli Ebrei diventarono uguali a quelle degli altri paesi dell’impero bizantino. La comunità, un tempo fiorente, di Alessandria continuò a decadere (vedi vol. I, pag. XXX). Anche nelle altre regioni dell’Africa settentrionale, specialmente in Cirenaica, le condizioni delle comunità ebraiche andavano facendosi sempre più difficili. Fra i pochi particolari che ci sono noti va ricordato che gli Ebrei di Borion in Mauritania furono costretti ad accettare il Cristianesimo e la sinagoga fu trasformata in chiesa cristiana (534). Le condizioni rimasero pressoché stazionarie fino a che anche in quei paesi non cessò il dominio bizantino, abbattuto dagli Arabi.
Europa
a) Italia
Sotto Teodorico (493-526), re degli Ostrogoti, le condizioni degli Ebrei non furono in genere cattive, anche perché gli Ostrogoti erano sì cristiani, ma della corrente ariana, osteggiata e considerata eretica dalla setta prevalente. Le leggi restrittive degli ultimi imperatori romani non vennero abrogate, ma Teodorico, mentre in molte occasioni, sotto l’influenza del suo ministro Cassiodoro, cristiano fervente, mostrò il desiderio che gli Ebrei si convertissero al Cristianesimo, li appoggiò ogniqualvolta si commisero o si tentò di commettere violenze contro di loro, e si dichiarò contrario a imporre loro l’accettazione del Cristianesimo. La politica di Teodorico non mutò sotto il regno dei suoi successori ostrogoti.
Quando Giustiniano mosse guerra agli Ostrogoti per conquistare l’Italia all’impero bizantino, gli Ebrei appoggiarono naturalmente gli Ostrogoti, ed è in modo particolare ricordata la loro attiva partecipazione alla difesa di Napoli (535). Ma l’Italia cadde un po’ per volta tutta in mano dei Bizantini e, naturalmente, le condizioni degli Ebrei mutarono in peggio. Fortunatamente per loro la dominazione bizantina su tutta l’Italia non fu di lunga durata: l’invasione longobarda (568) ebbe per conseguenza il frazionamento politico dell’Italia. La valle del Po, ad eccezione della costa adriatica, il territorio fra l’Appennino tosco-emiliano fino alle vicinanze di Roma e i ducati di Spoleto e di Benevento passarono dal dominio bizantino a quello dei Longobardi; a Roma dominavano ormai di fatto i papi; il resto d’Italia rimase sotto i Bizantini.
Pochissimo sappiamo delle condizioni degli Ebrei sotto i Longobardi; le leggi di questi non ne fanno alcuna menzione particolare; in genere pare non ci fossero oppressioni anche dopo che i Longobardi, prima ariani, divennero cattolici; si ha però il ricordo di conversioni forzate, verso la metà del secolo VII, in Lombardia. Anche sulla storia degli Ebrei dell’Italia bizantina pochissimo sappiamo: per quanto vigessero anche là le leggi di Giustiniano, pare che, non essendo in Italia il governo bizantino molto forte, ed avendovi molto potere le autorità locali, la legislazione antiebraica non fosse sempre applicata in tutto il suo rigore.
In tutte le regioni d’Italia poi esercitava grande influenza il papato, e l’atteggiamento dei papi, fra i quali è specialmente da ricordare Gregorio Magno (590-604), determinò in genere la condizione degli Ebrei. Gregorio fu grande nemico dell’Ebraismo come religione, e spesso ne parlò con odio e disprezzo, mirò alla conversione degli Ebrei al Cristianesimo e a evitare che i Cristiani seguissero consuetudini ebraiche, ma riteneva che le conversioni non si dovessero ottenere con la violenza e le persecuzioni, ma con la persuasione, e che agli Ebrei che non accettavano di convertirsi non dovessero essere fatte nuove concessioni, ma che neppure essi dovessero venire privati dei diritti a loro già riconosciuti. Così, mentre fece larghe concessioni agli Ebrei apostati, tutt’altro che numerosi, sostenne i singoli Ebrei e le comunità ebraiche quando si commettevano o si volevano commettere soprusi o violenze contro di loro, e non di rado a lui si rivolsero con successo gli Ebrei per ottenere protezione contro tentativi a loro ostili da parte di ecclesiastici che avevano grande autorità nelle varie regioni d’Italia.
Una delle restrizioni relative agli Ebrei che Gregorio cercò in modo particolare di mantenere in tutto il suo rigore è quella che riguardava il divieto agli Ebrei di tenere schiavi cristiani; egli temeva, e a ragione, che, essendo schiavi di Ebrei, fossero perduti per la religione cristiana. Questo rigore danneggiò gravemente gli Ebrei in due modi diversi. Il mercato degli schiavi, assai diffuso in quel tempo, era in parte in mano di Ebrei, e Gregorio, mentre favorì mercanti cristiani, cercò in ogni modo di diminuire l’attività degli Ebrei in questo campo. Inoltre, com’è noto, il lavoro della terra era allora compiuto quasi esclusivamente da schiavi e gli Ebrei, non potendo possedere schiavi cristiani, si trovarono spesso nell’impossibilità di coltivare i loro terreni o quelli alla coltivazione dei quali avrebbero dovuto provvedere per conto di altri; questa fu una delle ragioni che costrinse gli Ebrei ad abbandonare l’agricoltura e a darsi ad altri generi di attività.
I centri principali di popolazione ebraica continuarono a essere Roma, l’Italia meridionale e la Sicilia, ma esistevano anche comunità nel nord, come a Milano, Genova, Ravenna e in Sardegna.
b) Gallia e Germania
Nella parte meridionale del paese che ha oggi il nome di Francia, sotto il dominio dei Visigoti, che adottarono in parte le leggi romane, gli appartenenti a varie comunità, fra cui gli Ebrei, vissero in genere in pace fra di loro per quanto il clero cercasse di impedire ai Cristiani di avere stretti rapporti con gli Ebrei. Questi presero parte notevole alla difesa di Arles quando Franchi e Burgundi vi misero l’assedio (508); ma poi un Ebreo accusato in base a un documento, che in seguito risultò falso, di tradimento e di accordi col nemico, venne messo a morte.
Gran parte della Gallia soggetta ai Visigoti venne poi conquistata dai Franchi (534); ai Visigoti rimase soltanto il territorio che aveva per centro Narbona, ed esso finì poi per essere incorporato nel regno visigotico di Spagna, e quindi gli Ebrei che vi risiedevano ebbero sorte comune a quelli spagnoli(vedi pag. XXX).
Dopo che i Franchi, sotto i Merovingi cattolici, fondarono il loro impero che comprendeva oltre che quasi tutta la Francia anche i paesi germanici fino alla sponda settentrionale del Reno, le condizioni degli Ebrei in quel territorio peggiorarono; in esso esercitò grande influenza il clero cattolico e vi si applicarono e rinnovarono disposizioni ostili agli Ebrei che prima vigevano solo nei paesi sottoposti ai Franchi stessi e ai Burgundi: non solo agli ecclesiastici (vedi vol. I, pag. XXX) ma anche ai laici venne proibito di prendere parte a pasti di Ebrei; atti di violenza di Ebrei su Cristiani vennero puniti più severamente che atti analoghi di questi contro quelli; fu proibito agli Ebrei di mostrarsi in pubblico nei due giorni della Pasqua cristiana e nei tre giorni precedenti; venne vietato di riconsegnare ai padroni ebrei schiavi cristiani che, fuggiti, si fossero recati in una chiesa o nella casa di un Cristiano, e in questo caso nessun indennizzo veniva concesso al padrone ebreo; se un Ebreo avesse liberato uno schiavo a condizione che restasse ebreo, la condizione sarebbe stata nulla; agli Ebrei fu imposto di usare atti speciali di rispetto verso gli ecclesiastici cristiani, e vietato di entrare, anche per ragioni di commercio, nei monasteri, di giudicare Cristiani o essere esattori di tasse; qualsiasi Cristiano venne autorizzato a riscattare mediante prezzo irrisorio schiavi cristiani posseduti da Ebrei. Non mancarono poi tentativi di conversioni forzate. Si narra, fra l’altro, che un vescovo, condannato all’esilio sotto accusa di essere stato in rapporti amichevoli con Ebrei per quanto in conseguenza di ciò fosse riuscito a convertirne alcuni al Cristianesimo, ritornato dall’esilio, convocò tutti gli Ebrei della città nella chiesa cattolica, li minacciò di gravi pene se non si fossero convertiti al Cristianesimo e, di fatto, espulse dalla città quelli che non aderirono (558).
Nella città di Clermont, dove esisteva un’importante comunità ebraica, avendo gli Ebrei compiuto un atto di disprezzo contro un apostata (il solo che aveva ceduto alle pressioni del vescovo) mentre egli partecipava ad una processione cattolica, i Cristiani, capitanati dal vescovo, distrussero la sinagoga; il vescovo pose poi agli Ebrei l’alternativa di apostatare o di abbandonare la città: alcune centinaia accettarono, almeno in apparenza, il Cristianesimo, gli altri fuggirono a Marsiglia (576).
Sovrani merovingi, per quanto del tutto sottomessi al clero, non mancarono di servirsi di amministratori ebrei, ma cercarono in tutti i modi di indurli all’apostasia. Si narra che un Ebreo, di nome Prisco, amministratore del re ###, dopo di avere resistito a lusinghe e minacce, aver sofferto anche il carcere pur di non tradire il suo popolo e la sua fede, venne poi ucciso da un apostata e dai suoi compagni, mentre in un giorno di sabato si avviava alla sinagoga ammantato nel tallèt. I compagni dell’apostata vennero puniti come omicidi; ma il re graziò l’apostata stesso che li aveva indotti a coadiuvarlo nel suo delitto: l’apostata venne poi ucciso dai parenti di Prisco (582).
Le violenze contro gli Ebrei giunsero a tal punto che il papa Gregorio (vedi pag. XXX) informato di quel che avveniva in Francia da Ebrei d’Italia che si erano recati per ragioni di commercio in quel paese, scrisse ai vescovi di Arles e di Marsiglia per raccomandare loro di non cercare di indurre gli Ebrei alla conversione con mezzi violenti.
Una riunione di vescovi (614) vietò a tutti, compresi i re, di servirsi di Ebrei come amministratori, e il re Clotario II si sottomise a questa disposizione.
Il re Dagoberto (628-639), istigato, a quanto pare, anche dall’imperatore Eraclio (vedi pag. XXX), dopo che alcuni Ebrei perseguitati nella Spagna visigotica cercarono scampo nel suo regno (vedi pag. XXX), ordinò che tutti gli Ebrei del paese apostatassero o abbandonassero il paese. Non sappiamo nulla di preciso sull’esecuzione di questo ordine. Certo gli Ebrei non abbandonarono tutti la Francia né tutti quelli che vi rimasero apostatarono. È probabile che molti, accettato apparentemente il Cristianesimo, siano poi in seguito tornati all’Ebraismo. Comunque, nulla sappiamo di quel che avvenne agli Ebrei nel periodo in cui l’autorità dei Merovingi andò sfasciandosi fino a che il regno passò in mano dei Carolingi.
L’occupazione principale degli Ebrei in questo periodo fu, specialmente nelle città marittime, il commercio; nell’interno esistettero comunità importanti a Parigi, Orléans, Tours; non di rado, come già sappiamo, Ebrei furono amministratori di signori e di re; altri furono possessori di navi mercantili, appaltatori di tasse e prestatori di denaro; non mancarono neppure Ebrei che si diedero all’agricoltura, o che esercitarono l’arte medica.
Nulla sappiamo di particolare sugli Ebrei dei paesi renani.
c) Penisola iberica
Dopo la conquista visigotica, gli Ebrei vissero tranquilli per circa un secolo (dalla fine del sec. V alla fine del sec. VI), perché il paese fu agitato da lotte fra Romani, che erano cattolici, e i Visigoti, che erano ariani, e agli Ebrei non si pensò molto: in genere i Visigoti furono in buoni rapporti con gli Ebrei, nei quali videro degli alleati contro i Cattolici romani e bizantini. Il codice del re Alarico (484-507), plasmato in parte sulle leggi romane e bizantine, conteneva parecchie disposizioni restrittive sugli Ebrei, come quelle relative al divieto del possesso di schiavi, all’esclusione dalle cariche, al divieto di costruire nuove sinagoghe (vedi vol. I, pag. XXX); ma in genere esse non furono rigorosamente osservate.
Le comunità ebraiche, tra cui specialmente importante quella di Toledo, ebbero un periodo di prosperità, e mantennero frequenti rapporti con quelle di altri paesi. Ma le cose cambiarono quando il re Reccaredo (586-601), abbandonato l’Arianesimo e passato al Cattolicesimo, obbligò i suoi sudditi ad imitarlo (589). Le consuete restrizioni relative agli Ebrei che fino allora vigevano nella penisola iberica solo come norme dettate dal clero divennero, come negli altri paesi dominati dai Cattolici, leggi di stato. Gli Ebrei, colpiti duramente nella loro vita economica, specialmente in conseguenza del divieto di tenere schiavi cristiani e di occuparsi di mercato di schiavi (vedi pag. XXX), chiesero che le restrizioni venissero mitigate promettendo in compenso forti contributi in denaro; ma le loro richieste non furono accettate, e il papa Gregorio lodò il re Reccaredo per le sue leggi a danno degli Ebrei (599).
Le stesse norme vigevano anche nella Francia meridionale, dominata anch’essa dai Visigoti, e, fra altro, sappiamo che fu vietato a tutti, compresi gli Ebrei, con minaccia di severe sanzioni, il lavoro ed il commercio nel giorno di domenica, che da qualche tempo i Cristiani avevano dichiarato giorno di riposo in sostituzione dello shabbàt. Agli Ebrei fu anche vietato cantare salmi negli accompagnamenti funebri. La perseveranza degli Ebrei a non adottare il Cattolicesimo, come avevano fatto gli Ariani ed i pagani soggetti al dominio dei Visigoti, irritò il governo e la popolazione dominante.
Particolarmente ostile agli Ebrei si mostrò il re Sisebut (612-620) il quale, dopo aver confermato le disposizioni precedenti aggiungendovi nuovi rigori, emanò (613) un decreto per cui tutti gli Ebrei che non accettassero il battesimo per divenire cattolici dovevano abbandonare il paese. Una parte degli Ebrei, specialmente quelli possessori di terreni e dediti all’agricoltura, cedettero, mantenendosi però ebrei nel loro animo, in attesa del momento propizio per togliersi la maschera di Cristianesimo che si erano posti; altri emigrarono, specialmente in Francia, ma anche là ben presto ebbero a soffrire in conseguenza dei decreti del re Dagoberto (vedi pag. XXX); altri emigrarono in altri paesi, specialmente in Africa settentrionale.
Il successore di Sisebut, Svintilla (620-631), fu sottomesso al clero assai meno del suo predecessore; gli Ebrei respirarono e molti di quelli che avevano accettato il Cristianesimo cedendo alla violenza ritornarono apertamente all’Ebraismo. Ma la pausa fu di breve durata. I successori di Svintilla giurarono tutti fedeltà assoluta al clero e si impegnarono ad adottare tutte le norme da esso suggerite per estirpare l’infedeltà e l’eresia dalla Spagna: questo riguardava principalmente e quasi esclusivamente gli Ebrei, dato che gli altri dissidenti dal Cattolicesimo avevano quasi tutti ceduto. Particolarmente ostili agli Ebrei e all’Ebraismo si mostrarono i re Recesvinto (649-672), Ervig (680-687) e Egica (687-702). In un primo tempo si cercò di colpire solo quelli che, convertitisi al Cristianesimo per forza ai tempi di Sisebut, erano poi tornati all’Ebraismo. Pene corporali ed economiche severissime furono sancite contro quelli di loro che seguissero costumi ebraici o che non si mostrassero completamente devoti alla dottrina e ai riti del Cattolicesimo, che avessero rapporti con Ebrei non convertiti o che si imparentassero con loro. Molti di essi, per evitare persecuzioni, fecero esplicite dichiarazioni scritte di fedeltà al Cattolicesimo e di completo distacco dall’Ebraismo, accettando le più gravi sanzioni se non si fossero uniformati a tali dichiarazioni. Ai non convertiti furono dapprima solo confermate le restrizioni già in vigore e vietato l’esercizio del culto pubblico, ma fu loro concesso di praticare privatamente l’Ebraismo; in seguito l’abbandono delle pratiche di questo e l’adozione di quelle cattoliche fu imposto a tutti. Gli Ebrei implorarono che almeno non fossero costretti a mangiare cibi proibiti, non perché astenendosi intendessero restare attaccati alla vita ebraica, ma per la naturale ripugnanza fisica che avevano per essi. La richiesta venne parzialmente accolta, in quanto fu loro concesso di non essere costretti a cibarsi di carni suine.
Le persecuzioni contro gli Ebrei giunsero al colmo quando (694) il re Egica decretò che tutti gli Ebrei fossero considerati proprietà dello stato, che il re li potesse donare a chi credeva e che i loro padroni dovessero garantire che non seguissero alcun rito o costume ebraico: i loro figli dovevano, all’età di sei anni, essere affidati a Cristiani che avevano l’obbligo di convertirli forzatamente al Cristianesimo e far loro contrarre matrimonio con Cristiani. Se le disposizioni fossero state sempre eseguite in tutto il loro rigore, non vi sarebbe più stata traccia di Ebraismo in Spagna, perché coloro che non intendevano accettare il Cristianesimo avrebbero lasciato il paese. Ma in pratica non fu così, perché talvolta alcuni Ebrei riuscirono a non essere molestati corrompendo con denaro persone influenti, o perché alcune di queste, e perfino alti membri del clero ai quali si dovevano le norme contro gli Ebrei, avevano interessi personali a favorire alcuni di essi.
Le disposizioni di Egica sono le ultime dei Visigoti a noi conosciute relative agli Ebrei: pare che il re Vitigia (702-710) le abbia in parte abrogate; il regno fu poi turbato da agitazioni interne e assalito da Arabi e Berberi: gli Ebrei, naturalmente, si schierarono dalla parte di questi, e si ha notizia di un gruppo di Berberi sotto il comando di un capitano ebreo. Con la conquista araba di quasi tutta la Spagna (711) comincia un nuovo periodo della storia degli Ebrei in quel paese.
Oltre alle vere e proprie persecuzioni, sono poi da notare i tentativi compiuti da vari scrittori per confutare l’Ebraismo e mostrare la verità del Cristianesimo appoggiandosi anche alle parole di profeti ebrei, interpretate in modo tendenzioso. Tra questi scrittori vanno in modo speciale ricordati Isidoro di Siviglia e Giuliano, vescovo di Toledo, discendente da famiglia ebraica che aveva commesso apostasia ai tempi del re Sisebut.
d) Penisola balcanica e altri paesi dell’Europa sud-orientale
Non abbiamo notizia di avvenimenti particolari riguardanti gli Ebrei della penisola balcanica, di quelle regioni che costituirono poi la Turchia europea, della Crimea e delle regioni del Mar Nero e del Mar di Azov, ma sono abbastanza note le loro condizioni.
Per quel che riguarda Costantinopoli e i dintorni, com’è naturale, le condizioni sono quelle generali dell’impero bizantino; negli altri paesi, che costituivano piccole repubbliche per lo più indipendenti e che talvolta si confederavano sotto un re, la grande attività commerciale attrasse buon numero di Ebrei che, accanto ai Greci, vi trafficavano specialmente come mediatori fra l’Oriente e l’Occidente. Gli Ebrei vissero in buoni rapporti con i Greci e con le altre popolazioni. Abbiamo notizia dell’esistenza di molte comunità e sinagoghe, che godevano di notevoli autonomie. Nei territori non soggetti all’impero bizantino si ebbe, nel periodo di cui ci occupiamo, un aumento di popolazione ebraica, che vi si stanziò per sfuggire alle persecuzioni.