“E avverrà, per aver dato ascolto a queste leggi, e per averle osservate e messe in pratica, che l’Eterno tuo Dio manterrà per te il patto e la benignità che promise con giuramento ai vostri padri” (Deuteronomio 7:12).
“Non per la tua giustizia, né per la rettitudine del tuo cuore tu entri in possesso della loro terra, ma per la malvagità di quei popoli l’Eterno tuo Dio li caccia davanti a te e per mantenere la parola giurata ai tuoi padri, ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe” (Deuteronomio 9:5).
Rabbì Chayym ibn-Attar (1696-1743) nota quella che sembra essere un’evidente contraddizione tra due versi del brano della Torà che leggeremo questo sabato. Nel versetto iniziale, Mosè dice ai figli d’Israele che in ricompensa della loro osservanza dei precetti, il Signore “manterrà per te il patto e la benignità che promise con giuramento ai vostri padri”. In altre parole, l’adempimento da parte di Dio delle promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe, sarebbe dipeso dalla fedele obbedienza del popolo ebraico. Poi Mosè dice chiaramente al popolo di non pensare, quando prenderanno possesso della terra promessa, che ciò sia avvenuto per merito della loro rettitudine perché, in realtà, Dio fece risiedere nel paese i figli d’Israele a causa della malvagità delle nazioni che li vivevano e in adempimento della promessa fatta ai patriarchi. In sostanza, Mosè afferma che Dio manterrà la promessa fatta ai Patriarchi, indipendentemente dalla condotta dei loro eredi.
Rabbì Chayym, oltre a sollevare la possibile incongruenza, offre due possibili approcci per conciliare questi versi contrastanti.
In primo luogo, suggerisce una distinzione tra il privilegio di conquistare la Terra d’Israele e la possibilità di rimanerne in possesso. Il Signore avrebbe condotto il popolo ebraico verso la terra d’Israele indipendentemente dal loro comportamento, in adempimento della Sua promessa fatta ai patriarchi. Ma, una volta entrati nel paese, avrebbero dovuto guadagnarsi il diritto di continuare a vivere lì in pace e prosperità. Il versetto iniziale dice che in ricompensa per l’obbedienza alla Torà, il Signore custodirà e preserverà la loro residenza nella Terra di Israele. Successivamente, Mosè insegna al popolo che il loro insediamento iniziale nella terra non dipende dalla loro dignità, ma avverrà incondizionatamente, in adempimento delle promesse fatte ai Patriarchi.
Rabbì Chayym avanza quindi una seconda teoria.
Nel primo verso, Mosè si riferisce a Dio come colui che adempie “et haberit weet hachesed/il patto e la benignità” che ha promesso ai Patriarchi. In quello successivo, Mosè dice che, indipendentemente dalla condotta del popolo, Dio avrebbe adempiuto alla “Shevua/al giuramento” che aveva fatto con i patriarchi.
Rabbì Chayym evidenzia il fatto che ci sia una distinzione tra “giuramento e patto e benignità”. Quando Dio parlò ad Abramo, “giurò” di liberare i suoi discendenti dall’oppressione della schiavitù egiziana e di riportarli “henna/qui”, nella Terra d’Israele (Genesi 15:15). Poi, il Signore fece un “patto” con Abramo, con il quale promise di dare ai suoi discendenti tutto il territorio “dal fiume d’Egitto fino al grande fiume – il fiume Eufrate” (Bereshit 15:18). Il “giuramento” di Dio era limitato alla terra d’Israele mentre il “Suo patto” comprendeva concessioni territoriali molto più ampie.
Rabbì Chayym aggiunge che questo è il motivo per cui Mosè menzioni sia “il patto” sia “la benignità” e nella sua infinita bontà, Dio è pronto a dare ai figli d’Israele ben oltre la Terra di Israele. Infatti, il territorio tra il Nilo e l’Eufrate comprenderebbe la nazione di Edom, che in seguito avrebbe esercitato il controllo su gran parte del mondo, e anche tutte queste terre fanno parte del “haberit weet hachesed/il patto e la benignità” che Dio ha promesso.
C’è una quantità infinita di benignità che il Signore è disposto a concederci, ma solo se saremo in grado di guadagnarcela. Egli è pronto e disposto a inondarci di infinite benedizioni, ma esige che ci rendiamo degni di queste benedizioni attraverso la nostra fedele e devota obbedienza alla Sua Torà, Shabbat Shalom!