Cinque famiglie, dai Ghetti a Mussolini. Un memoir letterario, una storia di alta borghesia, Risorgimento e nobiltà.
Marina Gersony
Noblesse oblige? È la casata che fa il destino o è il destino che decide del lignaggio? Dimmi come nasci e ti dirò come vivrai la tua vita? E che succede se incappi in due terribili guerre mondiali? Non fuorvierà. Una storia di famiglia, a cura di Claudia De Benedetti, è il titolo di un prezioso saggio-memoir che raccoglie le storie di cinque famiglie ebraiche, speciali e aristocratiche dell’Italia settentrionale; sei generazioni vissute tra l’apertura dei ghetti e le Leggi razziali del 1938. Si alternano così storie ordinarie e straordinarie che testimoniano come gli ebrei italiani si siano integrati senza rinunciare a fede, appartenenza e fierezza delle proprie origini: appunto quel “Non fuorvierà”, come sta scritto in un versetto del Deuteronomio, in cui viene chiesto al popolo ebraico di non fuorviare dalle regole della Legge. Fra le pagine scorrono i nomi di un’élite ebraica illuminata e vitale, piena di speranze, di orgoglio e di entusiasmo: sono i grandi mercanti e armatori come i Treves de Bonfili di Venezia e i banchieri come i Wollemborg di Padova; o come i Pavia di Casale Monferrato e i Corinaldi di origini toscane che ricevettero da Vittorio Emanuele II il titolo di conti per il contributo al processo unitario del Risorgimento.
«In cinque anni di inventariazione e studio, ho capito quanto fosse importante per la mia famiglia custodire e proteggere con pudore e determinazione la documentazione che testimoniava i suoi valori, i sentimenti, gli accordi matrimoniali e patrimoniali, una storia di persone che non può prescindere dalle comunità che sento come mie: Torino, Casale Monferrato e Padova, con l’aggiunta di Venezia», scrive Claudia De Benedetti nella prefazione del saggio, corredato da bellissime fotografie e suddiviso in diverse parti che ricompongono l’affresco di un’epoca e di una realtà significativa per l’intero popolo ebraico. L’autrice ripercorre la storia famigliare partendo da sua madre Isa Corinaldi De Benedetti e i suoi antenati insediati a Padova dall’inizio dell’Ottocento. Decide di soffermarsi soprattutto sull’albero genealogico materno, anche se dei De Bendetti «porto con fierezza il nome […]». Una scelta, la sua, dovuta al fatto che «era difficile mettere assieme le due storie che sono diverse e non si sfiorano quasi mai fino al matrimonio dei miei genitori». Inizia così una storia ebraica – ma anche italiana – di un’alta borghesia finanziaria e commerciale che in parte fu ammessa nella nobiltà pur conservando un impegno imprenditoriale in ambito bancario, agricolo, industriale ma anche politico, scientifico, editoriale, artistico e culturale.
Difficile riassumere l’intreccio affascinante di queste eminenti mishpachot che si sono mescolate fra loro sposandosi spesso fra cugini anche per non disperdere patrimoni, usi e costumi.
Il libro si avvale del contributo scientifico di Gadi Luzzatto Voghera per il contesto storico-sociale e di Chiara Pilocane per le meticolose ricerche di archivio, dando corpo a una narrazione che si snoda dalla fine del Settecento alla vigilia della Shoah, quando l’Italia – più di qualunque altro Paese europeo – seppe accettare i suoi ebrei.
A loro volta, gli ebrei riuscirono a integrarsi partecipando con impegno e responsabilità alla società alla quale sentivano di appartenere dopo essere stati mal tollerati, discriminati e privati dei propri diritti per millenni. «Si legge dunque in questo libro una parabola esemplare per l’ebraismo italiano, amplificata da una condizione economica rilevante – scrive Ugo Volli in un capitolo conclusivo -: dalla reclusione nel ghetto, alla vita normale di italiani benestanti “di religione mosaica”, alla nuova e terribile persecuzione e alla successiva ricostruzione, che, segnata dall’esperienza del trauma, richiamò un nuovo impegno verso l’ebraismo, un’assunzione più consapevole della propria identità».