Raffaele Pace
Il 13 e 14 aprile si è votato per il rinnovo del Parlamento Italiano e, in alcune città, anche per le amministrazioni locali ed i Municipi cittadini.
Come sempre abbiamo avuto cittadini italiani di religione ebraica che si sono cimentati nelle varie campagne elettorali, per questo o quello schieramento e, salvo coloro che sono stati eletti “per nomina”, almeno a Roma nessuno è riuscito ad essere eletto e nemmeno a fare una discreta figura.
Al di là dei convincimenti politici che ognuno di noi (legittimamente) ritiene di avere, ancora una volta le nostre Comunità si sono spaccate per sostenere “qualcuno” a discapito di un altro.
Specialmente a Roma si è assistito ad un valzer dell’ipocrisia con cene elettorali a favore dell’uno subito controbattute da proposte di sit in contro. Cene organizzate da Enti, prima con l’uno poi con l’altro e prese di posizione, a volte anche ufficiali, da parte delle nostre Istituzioni.
Insomma un gran parlare, spesso a sproposito.
E’ normale in una democrazia come l’Italia (speriamo lo sia per davvero……) che anche all’interno delle nostre Comunità ci sia un dialogo aperto nei confronti di tutte quelle forze costituzionali che esprimono valori in linea con il mondo ebraico, ma da qui a creare “partiti” all’interno delle Keillot credo ce ne passi.
Il mondo ebraico ha il diritto ed il dovere di confrontarsi con tutti anche perché, in una logica dell’alternanza politica cosi come evidenziato dalla realtà italiana, schierarsi significa dimostrare poca intelligenza. Cosi come il non schierarsi di alcune persone a lungo andare può dare all’esterno un immagine quasi “doppiogiochista” del mondo ebraico.
Insomma, intendo dire che un conto è il ruolo che devono avere le Istituzioni; i nostri “politici” devono poter parlare con tutte le cariche istituzionali, dal Presidente di Municipio al Presidente della Repubblica, con l’unico obiettivo di perseguire il bene della collettività ebraica.
E’ altrettanto lecito, però, che il singolo possa parlare con qualunque referente politico a patto che non lo faccia a nome della Comunità, senza sotterfugi di nessun tipo.
In questa tornata elettorale abbiamo assistito, come non mai, ad una serie di comunicati diramati da ogni parte, nei quali TUTTI si definivano “esponenti della Comunità Ebraica”, creando confusioni inaccettabili sia nella classe politica ma anche e soprattutto nell’opinione pubblica.
Ognuno deve prendersi la responsabilità di mettere il proprio nome e la propria faccia su qualsiasi dichiarazione resa all’esterno. E soprattutto, per favore, non si facciano dichiarazioni ” a nome di…………..” ma a titolo personale o dell’organizzazione eventualmente rappresentata.
In questa tornata, diciamolo francamente, non ci abbiamo fatto una gran bella figura; i candidati della Comunità ebraica sono stati “premiati” da poche centinaia di voti; politicanti della prima e dell’ultima ora regolarmente penalizzati dalle urne e, di conseguenza, anche da quel mondo ebraico che vorrebbero e dovrebbero rappresentare.
Cerchiamo di ragionare su questo fenomeno e, invece di continuare a discutere al nostro interno se appoggiare questo o quel candidato Sindaco o Primo Ministro, proviamo a capire perché non si riesce a raccogliere consenso nemmeno davanti ad un candidato espresso direttamente dal mondo ebraico.
Abbiamo imparato molto bene tutte le cattive abitudini della politica e, anche l’ultima campagna elettorale della Comunità di Roma lo ha dimostrato. Cerchiamo però, perlomeno all’esterno, di continuare ad essere quella Comunità prestigiosa, antica, di valore morale e storico che l’Italia immagina che siamo. Il nostro prestigio dipende esclusivamente da noi; siamo noi a decidere se vogliamo continuare ad essere una componente importante della vita culturale italiana o, ancora una volta, se rinchiuderci nei nostri ghetti culturali di basso livello.
Fonte: http://www.ebraismoedintorni.it