Gli ebrei nella patria delle Olimpiadi
Serena Piazza
La prima menzione di ebrei nel territorio greco è stata ritrovata su un documento datato attorno al 300/250 a.e.v. che fu ritrovato in Attica e che menziona il nome di un ebreo locale: Moshos Moshionos. E’ ormai riconosciuto che i primi ebrei a spostarsi in Grecia furono schiavi venduti dai vari conquistatori della Giudea alle popolazioni vicine e commercianti che si muovevano alla volta dei principali porti e mercati dell’antichità. A cavallo della nascita di Cristo gli ebrei erano ben presenti all’interno delle grandi città di Sparta, Creta, Argo, nonché in Macedonia, Attica e persino della isole di Lesbo, Chio, Samo e Corfù. Le prime immigrazioni di ebrei, coatte e non, costituirono il nucleo di comunità ebraiche che, assieme alla nuova capitale dell’Impero Romano d’Oriente Costantinopoli, esplosero demograficamente durante l’era bizantina (330 e.v.).
Questi cittadini erano conosciuti con il nome di Romanioti ed erano ben integrati all’interno della società greca, si distinguevano soprattutto per la loro usanza di scrivere testi in lingua greca utilizzando l’alfabeto ebraico.
Le principali occupazioni dei Romanioti erano all’interno nel settore tessile (colorazione, lavorazione della seta, ecc.).
In particolare nell’isola di Corfù, conquistata dai veneziani nel 1386, ma anche nelle altre comunità ebraiche locali, i romanioti vennero ben presto in contatto con gli italiani prima (conquiste e contatti commerciali) e con gli spagnoli (cacciata degli ebrei dalla Spagna) poi.
A testimonianza di questi incontri sono rimasti, ad esempio, dei cognomi italiani di ebrei greci, tra i quali quelli degli Scandalli, dei Segala e dei Gasperi e l’architettura delle sinagoghe locali nonché l’istituzione di ghetti a modello di quello veneziano.
Nonostante questi contatti e a dispetto del fatto che popolazioni di diversa provenienza fossero costrette a vivere in ambiti ristretti, le diverse comunità non furono mai totalmente unificate e anche i riti (nonché la lingua e le tradizioni) si mantennero differenti nel corso dei secoli.
La conquista del territorio greco da parte dei turchi ottomani migliorò, come era successo anche in Spagna durante il medioevo, invece di peggiorare la situazione delle comunità ebraiche: i turchi riaprirono i ghetti e permisero una inaudita integrazione degli ebrei all’interno delle città.
Nell’isola di Creta, una delle mete più ambite a rifugiati ebrei/cattolici e ortodossi durante le prime invasioni dei turchi, si formò persino una comunità ibrida delle tre religioni che facilitò per anni la convivenza delle differenti religioni.
In questo periodo (XV secolo d.C.) sebbene in alcuni casi gli ebrei si trovassero ad affrontare un fronte unificato costituito dalle altre due religioni, i contatti con la vicina Italia si moltiplicarono al punto da favorire il sincretismo fra cultura ebraica orientale ed occidentale.
Tra le comunità ebraiche, di particolare importanza è quella di Salonicco all’interno della quale prima dell’olocausto erano presenti ben 50.000 ebrei.
I visitatori, europei e non, della città si stupivano spesso della integrazione tra ortodossi ed ebrei e spesso ne citavano ad esempio l’immobilità della città durante le feste ebraiche o lo Shabbat.
Un aspetto interessante della storia della Grecia e delle sue comunità ebraiche è che, dall’inizio del ventesimo secolo e dopo la costituzione del moderno Stato greco nel 1832 e la seguente costituzione (1844) che garantiva a tutti i cittadini greci la piena cittadinanza e diritti civili, questi cittadini combatterono in tutte le guerre combattute dal loro paese raggiungendo la quota 12.898 unità nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Purtroppo con l’occupazione tedesca gli ebrei greci, come gran parte dei loro correligionari europei, persero fino al 97 % della loro popolazione.
La furia tedesca fu tale che in un lasso di tempo veramente ristretto (tra marzo e agosto del 1943) nella sola Salonicco furono spediti nei campi di concentramento ben 40.000 ebrei di quella che era considerata la più grande comunità ebraica di tutta la Grecia che con questi perse gran parte delle proprie usanze locali.
Le tradizioni millenarie di questi ebrei sono scomparse grazie allo zelo con cui, seguendo uno schema diabolico praticato in tutta Europa, le truppe naziste applicarono la “Soluzione Finale”. Quello che stupisce è che in Grecia, interamente occupata soltanto dopo l’8 Settembre del 1943, i massacri siano stati eseguiti in così poco tempo, segno che era stata aumentata l’efficienza dell’ormai collaudato schema di sterminio.
Con la fine della Guerra la situazione non migliorò di certo con l’emigrazione alla volta degli Stati Uniti o di Israele in seguito anche alla perdita, sia da parte dei singoli cittadini che delle grandi comunità, di terreni e proprietà.
In particolare le sinagoghe e i cimiteri furono interamente confiscati e distrutti ed è ormai solamente grazie a poche fotografie e ai ricordi dei sopravvisuti che il ricordo delle comunità del passato è giunta fino a noi.
Al giorno d’oggi solamente 5.000 ebrei vivono all’interno del territorio greco, divisi in 8 grandi e medie comunità.
Con la fine della guerra quasi tutte le sinagoghe e sicuramente tutti i Midrashim furono addirittura rasi al suolo e oggi è ancora in piedi solamente la sinagoga “Monastirioton” diventata la principale della città.
E’ solamente grazie allo sforzo degli ebrei sopravvissuti e delle famiglie che sono emigrate all’esterno del territorio greco che si sta opponendo una qualche resistenza alla distruzione di una storia così imponenente e alla costruzione di una memoria che, nell’impossibilità di tramandare le usanze tramite la popolazione ormai scomparsa, possa almeno ricreare e passare alle prossime generazioni una storia fatta di scontri e incontri tra le tre principali religioni monoteiste.
Da un paio di anni a questa parte, infatti, si stanno aprendo Musei della Memoria e Sinagoghe restaurate e restituite alla popolazione locale e alle migliaia di turisti che vengono a visitarli.
Ad esempio un nuovo museo è stato da poco inaugurato a Yannina da dove furono prelevati ben 2.000 ebrei locali ma da cui ne riuscirono a scappare ben 1.000 in seguito aiutati nella latitanza da famiglie ortodosse e cattoliche ateniesi.
Un altro luogo pregno di “memoria” è il cimitero di Rodi in cui si possono trovare una multitudine di antiche lapidi incise con scritte in ebraico e in greco antico, a testimonianza del sincretismo raggiunto dalla popolazione locale.
Le tombe possono essere datate indietro nel tempo sin dal 1593 mentre le più recenti arrivano fino al 1871.
Le pietre tombali del posto sono spesso state oggetto di studio da parte di archeologi locali e non per via del particolare stile di incisione creato dagli scultori locali.
Tra le comunità ebraiche che abbiamo analizzato fino a questo momento, quella greca è, senza ombra di dubbio, la più simile, come tradizione storica, a quelle nate in Italia (ad esempio anche per alcune comunità greche si cita come data di nascita il 70 e.v. e la distruzione del Tempio di Gerusalemme come per la comunità romana).
E proprio per questa ragione maggiore dovrebbe essere la nostra consapevolezza di essere scampati alla eliminazione che era stata pianificata per noi.
A maggior ragione la memoria di queste comunità nostre “sorelle” dovrebbe essere preservata al fine di ricordare, a chi sembra avere memoria corta in materia, che si è rischiata l’eliminazione, fisica e morale, di una intera popolazione, quella ebraica, che ha da sempre contribuito all’arricchimento delle città e degli stati in cui viveva.
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