SCAFFALE. «Le origini del pensiero scientifico», la ripubblicazione da Adelphi. Ebreo, de Santillana si trasferì in America nel 1936, due anni prima che fossero promulgate le leggi razziali.
La casa editrice Adelphi ha recentemente ripubblicato nella traduzione di Giulio De Angelis (il saggio fu scritto originariamente in lingua inglese), l’opera fondamentale di Giorgio de Santillana Le origini del pensiero scientifico (pp. 438, euro 15). Il suo lavoro come storico della scienza merita di essere portato nuovamente alla luce, riscoperto, affinché il suo contributo non passi inosservato.
NATO IL 30 MAGGIO del 1902 a Roma, dopo aver conseguito una laurea in fisica nel 1925, due anni di specializzazione in filosofia a Parigi e un altro biennio all’istituto di fisica di Milano, dal 1929 collaborò con Federico Enriques, professore di matematiche superiori e di geometria superiore, al progetto di una scuola di Storia della scienza da istituire presso l’Università di Roma. Ebreo, de Santillana si trasferì in America nel 1936, due anni prima che fossero promulgate le leggi razziali. Dal 1935 ha ricoperto diversi incarichi, tra cui visiting lecturer all’Università di Harvard; assistente associato in Storia della scienza al Mit, professore dal 1954. La sua morte avvenne a Beverly l’8 giugno 1974.
L’INTERESSE di de Santillana per la storia della scienza maturò nel 1929, quando divenne assistente di Enriques. Nel suo libro, l’autore ha cercato di ricostruire il pensiero scientifico di una civiltà – quella ellenica – con accenni anche al mondo romano. La sua riflessione va da Parmenide a Eraclito a Pitagora, dalla medicina della scuola ippocratica alla svolta fisico-cosmologica di Leucippo e Democrito, dai sofisti e Gorgia, a Platone e Aristotele, per arrivare a Tolomeo e Plutarco.
CON QUESTA SUA OPERA, ma soprattutto con Il mulino di Amleto, fornisce un’immagine inedita del mondo antico, rivelandone l’ossessione per i numeri, le simmetrie e le corrispondenze geometriche. In questo contesto, le culture premoderne rivelerebbero come fondamento delle loro cosmogonie complesse concezioni astronomiche ed elaborati calcoli matematici, trasmessi nel linguaggio letterario dei racconti mitici. Il pensiero di Giorgio de Santillana ha profondamente influenzato l’opera di Italo Calvino, lo scrittore che più di ogni altro, insieme a Primo Levi, ha intessuto la sua opera letteraria di riferimenti costanti al pensiero scientifico. Per de Santillana, che Calvino conobbe prima di iniziare a scrivere le Cosmicomiche, il mito e la scienza costituiscono un unico sistema epistemologico in cui il loro rapporto è complementare.
IL MITO SI SERVE della scienza per veicolare i suoi contenuti e al contempo essa si rifà a quello per poterli divulgare. È il primo passo compiuto dell’uomo verso una conoscenza scientifica: come ha sottolineato Massimo Bucciantini nel suo saggio dedicato al rapporto tra Calvino e la scienza, l’idea del mito come «primo linguaggio scientifico è l’inaspettata scoperta di Calvino: uno dei punti di partenza per la scrittura delle Cosmicomiche e, più in generale, per la definizione del suo nuovo progetto di letteratura cosmica».
Lo scrittore, attraverso gli studi di de Santillana, mira a un’idea della conoscenza in cui il mondo della scienza moderna e quello della sapienza antica si riunifichino. Calvino, in una intervista del 1985, l’anno della sua prematura scomparsa, ebbe a dire: «Ascoltando la conferenza di Giorgio de Santillana del 1963, su Fato antico e Fato moderno, ne ebbi come la rivelazione d’un nodo di idee che forse già ronzavano nella mia testa, ma che mi era difficile da esprimere…Dico l’idea che nessuna storia e nessun pensiero umani possano darsi se non situandoli in rapporto a tutto ciò che esiste indipendentemente dall’uomo; l’idea di un sapere in cui il mondo della scienza moderna e quello della sapienza antica si riunifichino… Fu allora che mi misi a scrivere Le cosmicomiche».
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