Ruth Migliara Di Segni
Anno 1776. Nel ghetto di Roma, splendidamente dipinto da Mario Pacifici nel suo nuovo romanzo “Daniel il Matto”, gli ebrei conducono vite semplici e senza pretese. Ciascuno cerca di portare a termine la giornata, facendo il suo mestiere e tenendosi lontano dai guai. Dall’esterno, d’altronde, molteplici pressioni rendono la vita non facile. Di fronte ad un furto, c’è subito chi non vede l’ora di trovare un colpevole nel ghetto. La chiesa, dal canto suo, tenta con ogni via, di ricondurre il popolo ebraico alla “giusta fede” e, in tutto questo, le autorità civili stanno a guardare e assecondano la logica per cui l’ebreo è colpevole e perdente in partenza.
A Daniel il matto non importa di niente e nessuno e, inizialmente, in questo, ci sembra davvero un folle. Ma se si seguono le sue avventure, intrecciate a quelle di altri personaggi del ghetto, si finisce per comprendere che, come spesso accade, il matto è forse l’unico ad afferrare la verità delle cose. D’altronde la follia di Daniel sta forse solo nel non arrendersi all’ingiustizia e nel coraggio di esporsi e prendere posizione. Egli è inoltre “speciale” non solo per la sua irriverenza.
È un sofer, uno scriba, che nella tradizione ebraica è colui che sa redigere manoscritti. Non uno qualunque tuttavia, ma il migliore del ghetto e con un talento che fa di lui un pittore e un artista eccezionale, oltre a un abile artigiano. Forte anche di questa sua eccezionalità, egli sfida l’autorità, ghermisce gli scorretti con le loro stesse armi, difende i deboli dalle ingiustizie con astuzie ed espedienti di ogni sorta. Attraverso la storia di Daniel, Mario Pacifici intreccia realtà storica e finzione in maniera mirabile. Riesce ad offrirci con grande esattezza uno scorcio sulla storia del ghetto romano e dell’antisemitismo, ma il tutto nella leggerezza del racconto di fantasia. La vicenda si snoda in vari episodi, che, pur collegati tra loro dal medesimo personaggio, rimangono autonomi e conclusi in sè. Proprio per questo il romanzo si legge con estema facilità e leggerezza.
Daniel il matto è un anti-eroe politicamente scorretto e anti conformista, che riesce a prendersi sempre e comunque una rivincita per conto dei deboli e degli ebrei in particolare, che in quel contesto lo sono per eccellenza. Metterà nel sacco persino un papa e riuscirà ad avere la meglio anche sul celebre scultore Antonio Canova. Daniel rappresenta in fondo quello che gli ebrei dell’epoca (e non solo) avrebbero forse tanto desiderato e probabilmente non ci fu mai. Una sorta di Gollem che alla forza fisica sostituisse il coraggio e l’astuzia. Nella finzione, il romanzo di Pacifici crea dunque un novello Don Chishiotte e ci dá al contempo un gustosissima lezione di storia. Leggetelo.
Mario Pacifici – Daniel il matto – Amazon.it
Un’altra recensione