In occasione dei referendum sulla TV, da più parti è stata sollevata la questione dell’esistenza o meno di una risposta “ebraica” ai quesiti che venivano posti. Non possiamo qui analizzare in dettaglio i vari problemi, ma possiamo almeno chiederci se esista un approccio ebraico all’uso della televisione, specie adesso che lo sviluppo delle nuove tecnologie (TV via cavo, via satellite etc) porterà a un incremento dell’offerta televisiva. Da che parte deve stare l’uomo che vuole ispirare il suo comportamento alla Torà, senza rinunciare agli strumenti che le nuove tecnologie gli mettono a disposizione?
L’Ebraismo ha sempre visto favorevolmente lo sviluppo della tecnologia, specie perché può essere utilizzata per migliorare la qualità della vita dell’uomo e può facilitare la soluzione dei problemi che pone l’osservanza di alcuni precetti (per esempio il sabato). Così è anche per la televisione, che si può usare con scopi nobili o meno nobili, può permettere una maggiore partecipazione oppure può addirittura “rimbambire”.
L’approvazione di una legge antitrust che impedisca la concentrazione dei mezzi di comunicazione televisiva è certamente una necessità, una condizione preliminare perché serve a garantire il pluralismo; ma una volta superato quello scoglio, resta comunque da risolvere il problema fondamentale e cioè, cosa si può fare per limitare l’assimilazione dei valori che caratterizzano buona parte della “cultura televisiva”. È lecito chiedersi se la Torà sia in grado di offrirci se non una ricetta risolutiva, almeno qualche strumento che possa attenuare l’effetto-plagio creato dagli imbonitori della televisione, dalla pubblicità, dalle telenovele americane, etc.
Una considerazione preliminare.
Sappiamo con quale distacco l’Ebraismo abbia sempre guardato al mondo dell’immagine, tanto da includere nei dieci comandamenti il divieto di farsi immagini: nella rivelazione sul Monte Sinai, l’uomo non sente e non “vede” altro che la parola, un fatto questo che permette alla sua fantasia di spaziare oltre i limiti angusti imposti dalle cose concrete. Questo particolare modo di vedere ” la realtà è bene espresso dalle parole che accompagnano la rivelazione: è infatti scritto: Tutto il popolo vedeva i tuoni” (kolòt, che significa propriamente “voci”). Anche se suoni e parole e accompagnano l’immagine, è attraverso di essa che si vogliono fissare nella memoria concetti e valori che molto spesso contrastano con la Torà.
Molti dei messaggi che la televisione cerca di far filtrare sono spesso in aperto contrasto con la Torà e con il tipo di società verso cui l’uomo dovrebbe tendere: l’incitamento al consumismo che viene non solo dalla pubblicità, ma personaggi e televisivi; il pettegolezzo, la calunnia, le accuse gratuite ecc., tutte cose amplificate dalla TV e della cui diffusione sono responsabili non solo il produttore, ma anche il consumatore, cioè l’utente che si siede davanti al video. Non mancano i programmi che sono di pubblica utilità, come quelli dedicati alla salute, alla scienza etc, e che sono una netta minoranza rispetto a quelli dedicati alla fiction, ai quiz, ai film, alla rivista etc., tuttavia secondo un atteggiamento più rigoroso, l’uso della TV sarebbe da evitare, e questo sia per il tipo di programmi offerti, sia per il tempo prezioso che verrebbe tolto allo studio della Torà. Per i genitori si aggiunge un ulteriore problema, quello di usare la TV come baby sitter, anziché impegnarsi nell’esercizio quotidiano della mitzvà “le insegnerai ai tuoi figli… stando in casa”. senza demandarla ad altri.
Ma è con questa televisione, con questi programmi, che dobbiamo confrontarci, né possiamo sperare che le cose possano cambiare molto in futuro. È possibile evitare il pericolo di “rimbambirci” completamente, senza rinunciare del tutto ad accendere il televisore?
Non si può rispondere a questa domanda in modo più o meno accademico, pensando che il pluralismo delle opinioni possa da solo cambiare il nostro modo di porci di fronte alla TV. È necessario passare dalle discussioni teoriche all’azione, elaborando una strategia quotidiana contro l’infiltrazione della “cultura televisiva” nella nostra vita. L’Ebraismo possiede di fatto una sua strategia: l’applicazione quotidiana e cosciente delle mitzvòt può efficacemente combattere il potere della TV. Facciamo qualche esempio.
L’obbligo allo studio e alla preghiera in momenti stabiliti della giornata affina le capacità intellettuali della persona e costituisce un primo strumento per opporsi all’invadenza dei messaggi televisivi.
Se si vuole rispettare lo spirito dello shabbàt, almeno un giorno alla settimana l’uso della televisione non è consentito: questo oltre a “disintossicarci”, ci permette di creare un’atmosfera completamente diversa in casa. Quante volte a tavola, la famiglia guarda la TV in silenzio, senza curarsi di utilizzare quel momento per approfondire il dialogo all’interno della famiglia? Diversa è l’immagine della tavola sabbatica, in cui volenti o nolenti, si è “costretti” a guardarsi in faccia, a parlarsi e a cantare insieme e il silenzio dei media viene riempito dagli sguardi e dalle parole dell’uomo. È certamente paradossale che nella società in cui viviamo, la TV offra i programmi più “popolari” proprio nei giorni festivi: si perde così un’occasione unica per rompere la routine e rendere veramente diverso il giorno festivo.
Un ebreo che tenga anche parzialmente all’osservanza delle tradizioni, si pone sempre in maniera critica di fronte alle immagini che scorrono sul video: si tratti di prodotti alimentari (saranno kashèr?), oppure di altre proposte (rasoi, vestiti, viaggi organizzati con partenze di sabato o di giorno festivo etc), ogni messaggio pubblicitario viene passato immediatamente al vaglio della Halakhà. Per l’educazione quotidiana che spinge l’ebreo a selezionare le informazioni, quest’attenzione critica viene poi spontaneamente applicata a qualsiasi programma e in particolare a quei programmi che tendono a influenzare i costumi e la cui “kasherùt” è spesso assai discutibile.
Per potersi porre sempre liberamente in maniera critica e costruttiva di fronte ai messaggi della cultura televisiva, è necessario avere dei chiari punti di riferimento. Le mitzvòt costituiscono i modelli culturali cui l’ebreo ispira le proprie azioni: per i 365 giorni dell’anno (quante sono le mitzvòt “negative”) e per le 248 membra dei corpo (quante sono le mitzvòt “affermative”) l’ebreo può trovare, dentro di sé attraverso la Torà, la forza per reagire alle nuove forme di schiavitù, cui l’uomo moderno sembra sempre più pronto a sottomettersi.