Alessandro Gariglio
Università degli Studi di Torino – Facoltà di Giurisprudenza – Relatore: Elisabetta Palici Di Suni Prat – Anno Accademico: 2002-2003
- Capitolo 1: Premessa storica
- Capitolo 2: La Corte Suprema
- Capitolo 3: Il potere di Judicial Review
- Capitolo 4: Conclusioni
- Bibliografia
Prima di iniziare a svolgere l’argomento della Tesi mi preme fare alcuni ringraziamenti. Il primo ringraziamento va alla Prof.sa Palici Di Suni Prat per avermi accordato fiducia sulla parola, permettendomi così di poter affrontare argomenti non molto trattati in dottrina. Altri ringraziamenti vanno al Preside dell’Università di Haifa ed alle persone che lavorano per l’ ACRI, l’associazione per la tutela dei diritti civili in Israele, le quali, pur non conoscendomi, mi hanno dato dei preziosi suggerimenti per poter rendere questo lavoro soddisfacente.
Il ringraziamento più sentito va alla dott.sa Mia Caielli dell’Università di Torino senza la quale questo lavoro non sarebbe mai potuto giungere a conclusione e probabilmente nemmeno iniziare. Il mio ringraziamento non è solo per tutto il tempo che mi ha dedicato e per la professionalità dimostrata, ma soprattutto per la passione per la ricerca che ha saputo trasmettermi e per la straordinaria disponibilità ed umanità. Grazie per essere sempre stata di buon umore, umile, la sua umiltà le prime volte è addirittura disarmante, e prodiga di consigli anche non strettamente riguardanti la Tesi.
Tutti i possibili errori e le inesattezze presenti in questo testo sono da imputarsi unicamente a me.
Capitolo 1: Premessa storica
1.1 Dalla Risoluzione ONU n.181 alla Risoluzione Harari: la realtà politica israeliana
1.2 Le Basic Laws
1.1 Dalla Risoluzione ONU n.181 alla Risoluzione Harari: la realtà politica israeliana
Il 29 maggio 1947, con la Risoluzione n.181, le Nazioni Unite presero la decisione di riconoscere, in quella zona del Medio Oriente dove il potere, in forza di un mandato, era esercitato dalla Gran Bretagna, lo Stato d’Israele. La proclamazione ufficiale, che sancì concretamente la nascita di Israele, avvenne l’anno seguente, il 15 maggio 1948, addirittura prima del termine ultimo, fissato per il 1 agosto 1948, previsto dalla Risoluzione ONU. In quella data venne data lettura della Dichiarazione d’Indipendenza della quale risulta particolarmente significativo un passaggio: “Noi1 affermiamo che alla scadenza del mandato, il 15 maggio 1948, e nell’ attesa della formazione di un potere statale eletto regolarmente, in conformità alla Costituzione che sarà stabilita da un’Assemblea Costituente non oltre il 1° ottobre 1948, l’attuale Consiglio del Popolo assumerà le funzioni di Consiglio di Stato provvisorio ed il suo organo esecutivo costituirà il Governo provvisorio dello Stato Ebraico”. Da quanto riportato si evince come il compito dell’Assemblea Costituente fosse solamente quello di preparare ed approvare la Costituzione dello Stato, dato che i compiti legislativi ed esecutivi erano demandati rispettivamente al Consiglio di Stato provvisorio ed al Governo provvisorio. In realtà le cose andarono diversamente almeno sotto due aspetti, per altro fra di loro collegati, ovvero il non rispetto dei termini previsti per l’approvazione della Carta costituzionale, ed il fatto che nel momento stesso in cui venne eletta la Costituente, il Consiglio decise di sciogliersi demandando ad essa i suoi poteri.
L’Assemblea Costituente si venne così a trovare in una situazione di potere tale da consentirle di promulgare, il 17 febbraio 1949, una legge transitoria la quale prevedeva, come nome dell’Assemblea legislativa, quello di Knesset, e come nome da assumersi, da parte dell’Assemblea Costituente, quello di Prima Knesset2. Questo cambiamento, apparentemente solo di forma, è in realtà estremamente significativo, perché attesta chiaramente la reticenza israeliana nell’adottare una Costituzione. Questa idea era fortemente sostenuta da Ben Gurion3 il quale, pur andando contro a quanto previsto nella Dichiarazione d’Indipendenza, in un discorso davanti alla Knesset nel febbraio del 1950, espose apertamente le sue ragioni al riguardo. Le motivazioni si possono sintetizzare in due punti. Il fatto che solamente una minoranza del popolo ebraico si trovasse all’epoca in Israele faceva sembrare inopportuno legare le generazioni future ad un testo di legge rigido, quindi più difficilmente piegabile alle esigenze sociali che il tempo avrebbe presentato, ed in tal senso un membro del Partito Mapai in Parlamento disse: “Non si dovrebbe adottare una costituzione all’inizio di una rivoluzione, ma quando questa è completa. Tutte le costituzioni sono un tentativo di cristallizzare certi principi”; inoltre, si riteneva che uno stato potesse assumere perfettamente un’identità democratica anche senza costituzione scritta ed in tal senso erano significativi gli esempi inglese da un lato, e, dall’altro, i più recenti esempi francesi e di Weimar.
In realtà vi erano però altre ragioni, portate avanti soprattutto dai partiti religiosi, che avevano influito sulla visione costituzionale di Ben Gurion. Innanzitutto questi partiti vedevano, nella adozione di una Costituzione, un pericolo per la legislazione religiosa, in particolare a seguito di una sua presumibile sottoposizione a controllo di costituzionalità, che avrebbe probabilmente portato all’annullamento di alcuni precetti come incostituzionali. Tutto questo discorso i partiti in questione lo celavano sotto un’affermazione di carattere religioso, in base alla quale non c’era bisogno di approvare una legge superiore, perché Dio aveva già provveduto in tal senso “donando” al suo popolo la più perfetta delle costituzioni, la Torah. Non va inoltre dimenticata l’influenza che questi partiti hanno sempre avuto in Israele, e quindi non va nemmeno trascurato che il Primo Ministro Ben Gurion dovette comunque, che lo volesse o meno, prendere in considerazione le loro pressioni. D’altronde il loro appoggio era indispensabile per qualsiasi coalizione che volesse governare in Israele, ed anche la storia contemporanea non pare presentare una situazione mutata in Terra Santa.
D’altro lato in Israele era presente una corrente politica e di pensiero opposta, la quale si sentiva maggiormente legata a quanto previsto, e promesso, nella Dichiarazione di Indipendenza. Costoro, i quali insistevano dunque per l’adozione di una Costituzione, trovavano giustificazioni nel dire che essa avrebbe protetto i diritti degli individui ponendo dei limiti al potere della maggioranza, e che avrebbe svolto la funzione di simbolo dell’indipendenza israeliana, ed inoltre quella di strumento divulgativo dei principi del nuovo stato.
La necessità di dare di sé un’immagine forte ed unita portò lo Stato israeliano, attraverso i dibattiti svoltisi in seno al Parlamento, ad adottare una soluzione di compromesso. Così, il 13 giugno 1950, la Knesset approvò la Risoluzione Harari4. Attraverso essa, la Prima Knesset demandò alla Commissione incaricata degli Affari Costituzionali, il compito di preparare, ma senza limiti temporali, un progetto di Costituzione. Inoltre si stabilì anche che, la Costituzione, sarebbe stata preparata ed approvata capitolo per capitolo, e che questi capitoli avrebbero assunto il nome di basic laws, o leggi fondamentali.
Perciò si può dire che l’ordinamento costituzionale di Israele è, almeno nelle sue linee guida, il frutto delle decisioni del Governo Provvisorio e della Legge di Transizione del 1949. Grazie alla stabilità delle sue istituzioni è possibile descrivere la costituzione materiale del paese: Israele è una “repubblica secolare”, con un Parlamento teoricamente supremo (la Knesset), un Governo estremamente potente, un Presidente della Repubblica con un ruolo più che altro formale ed un potere giudiziario oggi realmente indipendente.
Ma il ruolo realmente centrale in Israele non lo giocano gli organi governativi né tanto meno quelli parlamentari quanto piuttosto i partiti politici, essendo quella di Israele una società altamente politicizzata. Una spiegazione a questo fenomeno la si può trovare all’interno del Movimento Sionista dal quale hanno poi avuto origine la maggior parte dei partiti esistenti. All’inizio della storia moderna di Israele i partiti si presentavano più che altro come associazioni volontarie formate per aiutare la crescita dello stato ebraico. Ogni gruppo sionista cercava di influenzare il corso degli eventi, non solo attraverso l’azione politica diretta nel nuovo stato nato in Palestina e attraverso l’appartenenza all’Organizzazione Sionista Mondiale, ma anche creando una rete di istituzioni che riflettessero la sua ideologia.
Così la maggior parte dei partiti offre ancora oggi ai suoi membri una ampia gamma di servizi non direttamente con finalità politiche come: movimenti giovanili, assicurazione sanitaria, attrezzature per il tempo libero e luoghi per le vacanze. Alcune istituzioni di partito – come i kibbutz – solo di recente stanno perdendo un po’ della loro importanza.
Fino alle elezioni del maggio del 1977 la politica di Israele fu dominata dal Partito Laburista e dal suo predecessore Mapai. Quindi per i primi ventinove anni di vita, ed in realtà già durante gran parte del periodo del mandato britannico (1918-1948), la comunità ebraica in Palestina fu guidata dai socialisti. La leadership Mapai-laburista era piuttosto incline ad una società dove fosse molto forte la presenza dello Stato, forse più per la necessità pratica di creare una vera e sentita unità nazionale su valori ed istituzioni comuni che non per motivi ideologici, che erano comunque presenti.
I governi guidati dal Likud, ad incominciare da quello del 1977, passando per quelli più recenti del 1996 e fino a quello attuale, hanno cercato, e cercano ancora, di trasformare la realtà israeliana in una società più liberale, orientata alle regole del mercato. Ciò ha contribuito però molto poco a far scemare l’importanza dei partiti, anche a seguito della nuova Intifada che ha portato al riacutizzarsi del loro ruolo di catalizzatori sociali, sia come strumenti di difesa, che, talvolta, anche di offesa, contro chi mina la sicurezza dello Stato; la paura è inoltre un sentimento spesso cavalcato dai partiti religiosi per accrescere la propria importanza e di conseguenza anche la propria influenza nelle scelte politiche.
In questa cultura politica, la disciplina di partito è eccezionalmente forte sino a diventare quasi partigianeria, tanto che ci si aspetta che i membri della Knesset attuino fedelmente il programma del partito così come definito dalla leadership. Perciò la natura centralizzata e gerarchica dei partiti politici di Israele non fa altro che assicurare una maggioranza alle proposte del Governo. Nonostante il sistema multipartitico, e nonostante il fallimento da parte di qualsiasi partito di ottenere la maggioranza assoluta alla Knesset, le decisioni prese dal Governo vengono rarissimamente rovesciate dalla Knesset.
1.2 Le Basic Laws
L’idea delle basic laws, così come intesa nella Risoluzione Harari, è probabilmente il frutto di una doppia recezione, dalla Germania e dalla Francia.
Nella Repubblica Federale Tedesca, nel 1949, venne promulgata una legge con il nome di “Grundgesetz”, Legge Fondamentale, perché si ritenne che sarebbe stato più opportuno adottare una Costituzione quando la Germania si fosse riunificata. Il discorso però è più formale che sostanziale in quanto la Legge Fondamentale del 1949 presentava in sé tutte le caratteristiche tipiche di una Costituzione. Il parallelismo con Israele è tutt’altro che apparente, il ragionamento fatto nella Germania Ovest è sicuramente affine all’idea di cui in Israele si era fatto portavoce Ben Gurion, cioè quella riguardante la necessità di non vincolare le generazioni future.
Per la Francia ci si rifà invece alla Terza Repubblica (1875), per cui non si percepisce come necessario il fatto che una costituzione venga redatta in un unico documento e nel medesimo momento.
Il problema vero che pongono le basic laws è in realtà quello della loro natura giuridica. In particolare la domanda è se esse siano, o meno, superiori alla legge ordinaria; e ciò si ricollega ovviamente al problema dell’esistenza o dell’inesistenza di una costituzione in Israele. Intorno a queste domande la dottrina è molto vasta e tende ad andare, soprattutto a partire dagli inizi degli anni novanta, e pur essendo ancora presenti autorevoli voci contrarie, sempre più verso l’ammissione dell’esistenza di una costituzione.
In pratica, se si esaminano le varie basic laws, si vede come solamente alcune di esse prevedano una maggioranza speciale per poterle modificare, ma la Corte Suprema è, ciononostante, piuttosto restia ad acconsentire a modificare anche quelle che siano prive di entrenched clause, ovvero di una norma, ad esempio l’art.7 della Basic Law: Freedom of Occupation, che preveda per la modifica della legge in cui è inserita una votazione presa con una maggioranza qualificata.
Non ci si dilungherà oltre sulla questione dell’esistenza, o meno, di una costituzione in Israele, perché questo argomento, per quanto interessante ed importante, e lo dimostra anche l’ampia dottrina al riguardo, ci porterebbe lontano dal centro del discorso che è, invece, quello di cercare di esaminare come la Corte Suprema riesca a svolgere il ruolo di corte costituzionale senza avere un testo costituzionale a farle da supporto. Ed è proprio ciò a fare di Israele e del suo sistema giudiziario un unicum nel panorama mondiale.
Pertanto prendiamo, senza addentrarci ulteriormente nella disputa. Anche perché non c’è una risposta certa, ma solo delle opinioni più o meno condivisibili, come assodata la visione appartenente alla maggioranza della dottrina, secondo la quale Israele ha una Costituzione seppur scissa in vari documenti. Questa convinzione è stata sostenuta con ancora maggior decisione in seguito all’emanazione del c.d. Bill of Rights5 israeliano emanato con due basic laws nel 1992, emendate nel 1994 e con la sentenza Issa Ali Batat et al. c. The General Security Service et al.6 del 6 settembre 1999.
Al di là delle disquisizioni dottrinali credo che più di tutto sia utile accennare ad un avvenimento della storia d’Israele che mi sembra essere estremamente esemplificativo, sia della confusione che regnava in merito alla Costituzione, almeno nei primi anni di vita del nuovo stato, sia, ed è l’aspetto più importante, del fatto che già all’epoca le basic laws venissero sentite, almeno a livello politico, come leggi meritorie di una tutela giuridica diversa da quella prevista per le leggi ordinarie7. Il fatto fu questo: pochi mesi dopo l’emanazione delle prime quattro basic laws8, il Ministro di Giustizia presentò al comitato interministeriale sulla legislazione il disegno di una nuova legge, una basic law chiamata Basic Law: Legislation. Questo disegno di legge prevedeva, tra le altre cose, che una legge, la quale emendasse un principio contenuto in una basic law dovesse essere votata a maggioranza dei membri della Knesset e che, inoltre, la possibilità di questa di contraddire una basic law fosse prevista esplicitamente. Si stabiliva inoltre che, quando una Corte ordinaria, nello svolgimento dei suoi compiti, ritenesse che una legge fosse in contrasto con una basic law, dovesse deferire alla Corte Suprema la decisione, ed in questo caso la Corte Suprema si sarebbe riunita come Corte Costituzionale.
Di questo disegno di legge non se ne fece mai nulla, cosa peraltro comprensibile alla luce della situazione politica israeliana dell’epoca che, come abbiamo visto, si opponeva all’idea di una costituzione. Ritengo però che questo disegno di legge sia un avvenimento significativo perché, come già detto, dimostra come fosse presente l’idea che le basic laws si differenziassero dalle altre leggi; allo stesso tempo è anche innegabile che, se ci fosse stato un riconoscimento esplicito di questo tipo, si sarebbe andati contro a quanto deciso nella Risoluzione Harari, e soprattutto contro a quanto era stato voluto dai partiti religiosi.
1 Per “noi” si intendeva il Consiglio del popolo, un organo eletto dal movimento sionista; movimento sionista il quale, sotto la leadership di Ben Gurion, venne riconosciuto dalla comunità internazionale, con le ovvie opposizioni dei Paesi Arabi, quale rappresentante del popolo ebraico.
2 Così verrà sempre chiamata in seguito.
3 Presidente del Consiglio dal 1948 al 1953, e poi ancora nel 1955, fu colui che proclamò lo Stato d’Israele nel maggio del 1948 in qualità di capo del movimento sionista.
4 Dal nome del primo firmatario.
5 M. Caielli , La protezione costituzionale delle libertà fondamentali in Israele, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, 2000, p.493.
6 Per la trattazione della sentenza vd. Infra p.38.
7 Si veda in particolare M.Shamgar, On the written constitution, in Israel Law Review 1974, p.467.
8 The Knesset (1958), Israeli Land Administration (1960), The President of The State (1964), The Government (1968). E, in seguito: The State Economy (1976), The Armed Forces (1976), Jerusalem The Capital of Israel (1980), The Judiciary (1984), The State Comptroller (1988), Human Dignity and Liberty (1992), The Government (1992), Freedom of Occupation (1994).