Ho visto la prima newsletter del 23.6 sull’argomento del “razzismo ebraico” ed ho ricevuto poi la newsletter del 24.6, scritta da Michele, a sostegno delle tesi contrarie. Sono rimasto colpito non tanto dal contenuto, giacché ognuno ha ovviamente le proprie idee e giustamente Kolot dà spazio a tutte, ma soprattutto dalla sottotitolazione (un lettore di Kolot smonta le tesi di chi vede nella controversia sulla scuola ultra-ortodossa di Emanuel un caso di razzismo) data ad una lettera che inizia con “mi spiace che da questa newsletter si propaghino informazioni completamente distorte sugli ebrei ortodossi” dando ad intendere ai lettori che il caso sia risolto ed il primo articolo altro non era che propaganda a danno degli ebrei ortodossi.
Purtroppo le cose non stanno così, il caso è ancora ben lungi dall’essere risolto e non basta una lettera poco chiara, condita con qualche aneddoto ed un po’ di cinica retorica a chiarire la situazione al lettore italiano, poco informato e lontano dalle notizie e dal mondo israeliano. Le tesi che Michele avrebbe “smontato” con un colpo di penna non sono quelle propugnate da un gruppo di stupidotti o quelle propagandate da qualche fazione antisemita, ma quelle ingiunte in un’ordinanza della Corte Suprema di Israele nelle sue mansioni di Corte Costituzionale.
Non entrerò nella questione di per sé molto complessa e poco piacevole per ambedue le parti contendenti e che e’ oggetto di attenzione della Corte Suprema già da diversi mesi, di cui il fatto in discussione non è che l’ultimo atto, senza che si sia ancora riusciti a trovare una soluzione, ma mi limiterò a ricordare qualche altro fatto “sorvolato” nella newsletter in oggetto:
1. L’ordinanza della Corte Suprema è stata nella sua sostanza confermata dal Tribunale Rabbinico di Gerusalemme chiamato a far da paciere. Il Tribunale Rabbinico con seduta presieduta dal proprio Presidente (Av Beth HaDin) ingiungeva agli “ashkenaziti” (il gruppo di hasidim di Slonim) di mandare le figlie a scuola insieme alle ragazze “sefardite” fino alla fine dell’anno scolastico (circa 2 settimane aggiuntive prima delle ferie estive) per poi trovare una soluzione durante l’estate, e ai “sefarditi” di ritirare l’istanza presentata alla Corte Suprema. La pacificazione è saltata con le parti che si accusano a vicenda del fallimento (gli ashkenaziti non si sono dichiarati disponibili a mandare le figlie a scuola con le ragazze sefardite e i “sefarditi” non hanno ritirato l’istanza proprio perchè gli ashkenaziti non si sono impegnati a mandare le figlie a scuola come da ingiunzione). C’è da ricordare ai lettori che la Corte Suprema ha esaminato i fatti e sentito le parti per un periodo notevolmente lungo e non è stata solo foraggiata di propaganda come molti di quelli che trattano il problema con “competenza”. Immagino che altrettanto si possa dire del Tribunale Rabbinico che avrà sicuramente esaminato tutta la documentazione esistente.
2. Il non aver accettato le ragazze non è stato l’unico atto di discriminazione ma soltanto il principale. Si è tenuto a separare le due sezioni con un alto muro di protezione per evitare il contatto fra i gruppi anche solo visivo, conferendo alla parte adibita alle sefardite l’apparenza di un luogo di reclusione. Le ragazze sefardite hanno lamentato atti vari di discriminazione sia da parte delle ragazze, nelle poche occasioni di contatto, che da parte degli insegnanti che si sono ripetutamente rivolti a loro con termini dispregiativi e umilianti.
3. Sembra confermato che vi sia un certo numero di sefarditi nel gruppo discriminante. A quanto pare però si tratta di famiglie che hanno accettato di abbandonare le loro tradizioni sefardite originali abbandonando con queste anche i loro usi e costumi tradizionali e abbracciando lo shtreiml e tutti gli altri usi e costumi del gruppo di Slonim . Alcune famiglie sarebbero arrivate perfino alla trasformazione del loro cognome in un nome ashkenazita per farsi meglio accettare. Le notizie a tal proposito sono contrastanti, ma in questo tenderei a dar fiducia alla Corte Suprema che prima di arrivare ad un’ordinanza così grave abbia certamente preso atto di quanto denunciato e risposto dalle parti in proposito.
4. Si prospetta con questo una situazione intollerabile per uno stato di diritto: un gruppo decide di ricevere contribuzioni dallo stato per le proprie necessità, ma al momento di rispettare le norme e le autorità di quello stesso stato, dichiara di non riconoscerli e di dover obbedienza solo alle proprie dirigenze interne.
Questo si pone come un pericolosissimo precedente in uno stato composto di una miriade di comunità e di popolazioni etniche diverse.
Cosa succederà se gli arabi dichiareranno di non rispettare le decisioni del tribunale perchè contrarie alla sharia, i cattolici faranno lo stesso per rispetto al diritto canonico e gli ebrei italiani, residenti in Israele, vorranno rispettare solo le decisioni di rav Di Segni?
I punti di cui sopra sono solo un assaggio delle notizie che girano e delle problematiche che solleva questa vicenda qui in Israele.
Per quanto riguarda la newsletter in oggetto, non si capisce cosa possa aggiungere a quanto sopra il caso del sig. Jonas Yoder del Wisconsin che non voleva mandare il figlio alla scuola dell’obbligo. Qui i signori di Slonim non vogliono che siano i figli degli altri ad andarci e come tali stanno ledendo i diritti altrui.
E’ vero che nella composizione della Corte Suprema israeliana ci sia un solo sefardita, ma questo cosa c’entra col nostro caso? La Corte è un organismo eletto da diverse componenti, ma non vi è nessuna legge o statuto che vieti l’ingresso di alcuni o di altri, come invece vorrebbero nella scuola di Emanuel. L’analisi della composizione della Corte Suprema di un paese è un problema complesso. E’ possibile che sia frutto di una passata discriminazione, all’epoca della formazione studentesca dei giudici di oggi, che rispecchi una discriminazione attuale, ma anche che non rappresenti la composizione etnica del paese per via una deviazione dalle leggi della statistica e in questi casi è l’eccezione che conferma la regola. La Corte non dovrà trattare per questo casi di discriminazione?
La Corte Suprema americana è composta di solo ebrei e cattolici e manca TOTALMENTE della rappresentanza protestante che rappresenta la maggioranza del paese, e allora?
Si sentono oggi molte voci di gruppi tirati in ballo da questa triste storia che invece di rispondere a tono e adoperarsi per trovare soluzioni si ergono ad accusare altri pur di non dare atto delle proprie azioni (perchè guardano la discriminazione qui da me quando quegli altri discriminano più di me? – perchè noi Slonim quando c’è più discriminazione nella Corte Suprema ecc.). Si aprono così di giorno in giorno altre storie di discriminazione. Ci vorrà molto tempo e molto buon senso, che è un ingrediente molto raro qui ma non soltanto qui, per trovare una soluzione alle ragazze di Emanuel, ma chissà che alla fine non si riesca ad assestare un colpo decisivo a queste discriminazioni striscianti che ancora infettano il paese.
Un cordiale Shalom,
Alberto Lattes – Tel Aviv
Non sono affatto d’accordo con Michele. Fino al (tardivo) intervento della Corte Suprema c’erano grate e muri per separare bambine di un tipo e bambine di un altro.
Magari c’erano sefardite anche dalla parte delle askenazite, ma resta il fatto che le bambine erano separate in categorie diverse: questo si chiama razzismo e c’è solo da meravigliarsi che le autorità scolastiche di tutti i tipi non siano in galera prima ancora dei genitori.
In secondo luogo occorre sottolineare che non si tratta di diversi programmi di studio: è la presenza di bambine del tipo sbagliato ad essere intollerabile per i Hasidim.
Infine, e ben più gravi dello stesso razzismo, sono le reiterate affermazioni dei Haredim, anche di altre sette, anche di personaggi con responsabilità politiche: “I rabbini non sono soggetti alla legge civile, sono i tribunali a doversi assoggettare alle decisioni dei rabbini”.
Siccome qui non siamo ancora stati occupati dall’Iran, trovo che un po’ di meditazione in carcere per oltraggio al tribunale sia quanto mai necessaria.
David Pacifici – Yerushalayim