Lungo e agghiacciante. Se non volete leggerlo subito, mettetelo da parte.
Addio vecchia Inghilterra, dove oggi la sharia è ufficiale, migliaia di accademici boicottano Israele, a scuola si studia l’islam ma si bandisce l’Olocausto. Qui Wilders è indesiderato e l’imam Qaradawi è diventato una star.
Giulio Meotti
Migliaia di accademici boicottano le università israeliane, organizzazioni governative invitano a non comprare merci ebraiche, gli insegnanti hanno l’obbligo di insegnare l’islam, il primo parlamentare europeo viene bandito, una casa editrice ritira un libro su Maometto, apologeti della sharia “consigliano” Downing Street, alcuni storici vengono cacciati a pedate dalle università, artisti ritirano le opere per paura, la chiesa di stato apre alla legge islamica e boicotta Israele, il multiculturalismo si trasforma in fabbrica di kamikaze. Siamo nella nuova Inghilterra. E la lista della vergogna non si esaurisce qui. L’islamismo più violento domina nelle strade e nelle moschee, mentre nella politica e nella cultura è l’antisemitismo più sfacciato, nato spesso in seno alla sinistra progressista, a farla da padrone. Come quando il poeta di Oxford, Tom Pautin, dice che i coloni ebrei “dovrebbero essere fucilati”, o quando un filosofo dell’University college di Londra, Ted Honderich, sostiene che i palestinesi hanno “il diritto morale” di far saltare in aria gli ebrei
A febbraio c’è stato l’arresto il diplomatico Rowan Laxton, esperto di medio oriente, capo del South Asia Group al ministero degli Esteri e già vice ambasciatore in Afghanistan, Era in palestra e quando ha visto in tv le immagini di Gaza ha gridato: “Fottuti israeliani, fottuti ebrei”. Ha detto che i soldati di Tzahal “vanno spazzati via dalla faccia della terra”. Ieri l’ambasciata inglese a Tel Aviv ha annullato la costruzione del nuovo edificio, perché la ditta edile aveva partecipato alla realizzazione di insediamenti israeliani. E’ ripreso il boicottaggio delle università ebraiche, mentre organizzazioni umanitarie come “War on Want”, che riceve oltre un milione di sterline dal governo promuovono la criminalizzazione di Israele. L’unione delle università e dei college, che rappresenta oltre un milione di dipendenti pubblici nel Regno Unito, ha votato per rescindere ogni legame con Israele, l’unico stato del medio oriente dove vige completa libertà accademica.
Stando al rapporto “Teaching Emotive and Controversial History”, voluto dal ministero dell’Istruzione, in molte scuole inglesi la menzione dell’Olocausto è stata rimossa con la scusa che “insulta” la popolazione musulmana E’ in questo clima che da giorni 400 fra accademici, scienziati e premi Nobel chiedono al Museo della scienza, la più prestigiosa. istituzione scientifica britannica con tre milioni di visitatori ogni anno, di boicottare la giornata israeliana della scienza Un evento organizzato dalla, Federazione sionista a cui partecipano migliaia di studenti. I leader del boicottaggio si chiamano Jonathan Hosenhead della London School of Economics, Steven Rose della Open University, lo storico Charles Jenck, l’architetto Walter Rain elan Gibson, il massimo studioso di Federico Garcia Lorca già capo della commissione scientifica del: la Camera dei Comuni. Pezzi da novanta della cultura anglosassone.
Nella giornata della scienza israeliana si sarebbe parlato di cose come la donazione del gene p53 (uno dei più importanti geni oncosopressori), del trapianto di midollo osseo per la leucemia, dell’enzima coinvolto nell’Alzheimer, del farmaco Copaxone per la sclerosi multipla, di un apparecchio che aiuta a ‘ripristinare l’utilizzo di mani paralizzate, del programma di chirurgia neurologica dell’Israel Hadassah Medical Center che ha eliminato le manifestazioni fisiche del Parkinson con una tecnica di stimolazione del cervello: Di questo si doveva parlare nella giornata della scienza Ma in un paese dove il sindacato dei medici ha votato l’espulsione di Israele dalla World Medical Association. A nota il sindacato giornalisti, che rappresenta 40mila professionisti, ha aderito al boicottaggio. L’università israeliana Bar Ilan fa sapere che un boicottaggio “silenzioso” è in atto da tempo. B presidente dell’ateneo, Moshe Kaveh, lo chiama “terrorismo accademico”. Richard Seaford, classicista inglese della Ester University, rivela di aver praticato per anni “un boicottaggio informale”, rifiutando pubblicazioni israeliane.
Dalle élite inglesi in questi anni non è stato mai promosso un boicottaggio del Sudan stragista di Bashir, dello Zimbabwe di Mugabe, del Myanmar che uccide i monaci, della Corea del Nord da cui svaniscono gli handicappati, dell’Iran negazionista e omofobico o dell’Arabia Saudita che esporta odio. Fu invece con una procedura lampo alla vigilia della pasqua ebraica, allo scopo di escludere dal voto i membri ebrei, che l’esecutivo della Associazione inglese degli insegnanti (40 mila soci) ha approvato il boicottaggio di due università israeliane: Haifa e Bar Man. Nessuno stato aveva mai, subito un simile odio ideologico. Neppure nel periodo più cupo della Guerra fredda si era mal pensato di interrompere le relazioni scientifiche con l’Urss.
A Manchester la professoressa Mona Baker, firmataria dell’appello contro l’appuntamento israeliano al Museo della scienza, ha licenziato Miriam Schlesinger della Bar Ilan University; dimessa a forza dalla direzione di The Translator, e Gideon Toury della Tel Aviv University; cacciato dalla direzione dei Translation Studies Abstracts. Due studiosi ebrei costretti alla disoccupazione in quanto cittadini d’Israele. Accade in Inghilterra. Accade oggi. Il boicottaggio ha una centrale nell’università di Leeds. Da lì provenivano gli attentatori del 7 luglio che fecero cinquanta morti a Londra. E lì si è consumato uno dei casi più clamorosi di soppressione della libertà d’espressione. Matthias Kuntzel, grande esperto di antisemitismo iraniano, doveva tenere una lezione. Ma l’ateneo si arrese alle minacce islamiche e al boicottaggio che aveva chiamato Kuntzel “schiavo di Israele”. Anziché aumentare la protezione del professore, è stato cancellato l’evento. “Ho sempre pensato all’Inghilterra come a un paese meraviglioso, l’unico ad aver resistito all’invasione nazista”, ha detto Kuntzel.
Le università inglesi sembrano essersi arrese da tempo nella battaglia fra civiltà e barbarie. Mentre le scuole confessionali islamiche sono industrie d’intolleranza. La King Fahd Academy di Londra, con i suoi 520 allievi e una retta annuale di 1.500 sterline, è la più prestigiosa accademia islamica del Regno Unito. La sua direttrice, Suinaya Alyusuf, ha confermato che nella scuola si usano manuali in cui gli ebrei vengono definiti “figli di maiali e scimmie” e s’insegna ai giovani che ucciderli è lecito. Quando Cohn Cook; insegnante musulmano della King Fatal, ha protestate per il tipo di lezioni, un dirigente della scuola gli ha risposto: “Questa non è l’Inghilterra, è l’Arabia Saudita”. Recita il libro di testo: “Gli ebrei sono scimmie, il popolo del Sabato; i cristiani sono maiali, gli infedeli della comunione di Gesù”. Alla King Fahd andavano anche i figli di Abu Qatada, predicatore islamico che nel ’99 lanciò una fatwa per uccidere gli ebrei.
Le accademie inglesi sono anche fabbriche di kamikaze. Il Centro per la coesione sociale, specializzato in sondaggi. riporta che dei novantamila studenti musulmani che frequentano le università, un terzo giustifica l’omicidio in nome della religione. Il medico Bilal Ahdulla, nato in Gran Bretagna, era la mente della cellula che oltre a sfondare un vetro dell’aeroporto di Glasgow con un fuoristrada carico di esplosivo, il 30 giugno 2007, tentò, fallendo, di far esplodere due autobombe davanti a una discoteca di Londra. Un perfetto cittadino britannico, da una famiglia fra le più laiche di Baghdad e con una florida carriera in medicina a Londra. La sua storia è un epitaffio sull’integrazione anglosassone.
Architetti, urbanisti e ingegneri che lavorano in progetti israeliani sono bollati come “complici dell’oppressione”. La chiesa anglicana ha deciso di ritirare i propri investimenti da quelle aziende che traggono profitti dalla presenza israeliana nei Territori. Il patologo di Oxford Andrei Wilkie ha rifiutato ogni richiesta di dottorato proveniente da Israele. Il boicottaggio non è virtuale. Paul Zinger dell’Associazione scientifica d’Israele ha rivelato che più di settemila ricerche scientifiche vengono mandate da Israele all’estero ogni armo. La maggior parte delle quali oggi torna indietro con la motivazione: “Ci rifiutiamo di esaminare i documenti”. Citandone solo uno, Oren Yiftachel dell’università Ben Gurion s’è visto rifiutare una ricerca con una nota che lo informava che il giornale destinatario, Political Geography; non accetta niente dallo stato degli ebrei.
Da Londra il boicottaggio si è esteso a tutta Europa. Ingrid Harbitz, ricercatrice della Scuola di veterinaria di Oslo, si è rifiutata di spedire un campione di sangue al Goldyne Savad Institute di Gerusalemme. Professori di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology firmano appelli per disinvestire da Israele e una settimana fa Hermann Dierkes, il candidato di sinistra alla guida di Duisburg, città tedesca di 500mila abitanti, ha promosso il boicottaggio delle merci israeliane.
L’inquisizione accademica fa pendant con la capitolazione all’invasività della cultura islamica. E’ di mercoledì la notizia, riportata dal Daily Mail, che il nuovo codice per i professori prevede l’insegnamento dell’islam. Poiché la direttiva del General Teaching Council si applicherà anche alle 2.200 scuole cattoliche e alle 4.660 anglicane, la chiesa romana è sul piede di guerra. Nel frattempo il governo di Gordon Brown si è dovuto scusare per aver introdotto nelle scuole una lezione di educazione civica dal titolo: “A brief presentation on the 7/7 bombings from the perspective of the bombers”: simulazione scolastica dai punto di vista di un kamikaze islamico.
Un funzionario pubblico di fede musulmana, Azad Ali, presidente della Civil Service Islamic Society; è appena finito nello scandalo per aver diffuso email in cui incitava a uccidere soldati inglesi in Afghanistan e accusava Brown di collusione con “lo stato terrorista israeliano”. Anche Asghar Bukhari, presidente del Muslim Public Affairs Committee, organo di consulenza del governo inglese definito “egregio” dall’ex ministro Jack Straw, è al centro di una inchiesta per aver detto che “ogni musulmano che combatte Israele si guadagna il paradiso, perché non c’è oppressore più grande sulla terra dei sionisti”.
Mentre i ricchi inglesi vanno al Royal Court di Londra a vedere lo spettacolo antisemita di Caryl Churchill, l’Observer, settimanale di sinistra, denuncia che mai c’erano stati tanti attentati antisemiti. 270 casi nei primi due mesi dell’anno, contro i 27 nello stesso periodo nel 2008: luoghi ebraici vandalizzati, graffiti pro jihad che invitano a “uccidere gli ebrei”, attacchi fisici per strada. A Birmingham venti studenti hanno aggredito l’unica alunna ebrea della scuola, gridando “morte agli ebrei”. Mentre venti giorni fa Michael Bookatz stava tornando nella sua casa a Londra quando è stato pestato a sangue. “Questo è per Gaza”, gli hanno gridato. Stando all’inchiesta di Melanie Phillips, la giornalista corsara di “Londonistan”, il 37 per cento dei musulmani considera gli ebrei inglesi come “legittimi bersagli della lotta in medio oriente”.
Mentre l’imam Omar Bakri prometteva kamikaze contro Paul McCartney, colpevole di voler suonare in Israele, una nota casa editrice inglese doveva ritirare “The Jewel of Medina”, il libro dell’americana Sherry Jones sulla terza moglie di Maometto. Per sottolineare la nuova voga, poi, una bomba molotov è stata lanciata contro il proprietario della casa editrice Gibson Square. L’imam Anjem Choudhary ha anche lanciato una fatwa: il libro è “un insulto al Profeta” e chi lo farà circolare sarà passibile di morte. L’artista inglese Grayson Pens che ha fama di dissacratore, aveva recentemente confessato di essersi autocensurato per non fare la fine di Theo van Gogh, il regista olandese assassinato per aver girato un film sulla donna nell’islam. Anche la Tate Gallery ha ritirato l’opera “God is great” di John Latham. Motivo: mostrava Bibbia, Corano e Talmud tranciati in due.
In nome di un approccio religiosamente corretto, Brown ha proibito ai ministri di utilizzare il vocabolo musulmano per il terrorismo. I funzionari pubblici non potranno dire “terrorismo islamico”, giacché l’espressione presupporrebbe un offensivo legame fra la violenza e la fede musulmana. Nel frattempo le corti della sharia lavorano a pieno ritmo su divorzi e dispute finanziarie. A Nuneaton l’eredità di un padre non è stata divisa equamente fra le tre figlie femmine e i due maschi, perché così vuole la sharia. Come in Arabia Saudita.
Era stato Rowan Williams, capo della chiesa anglicana, a dire che l’introduzione della sharia era inevitabile e desiderabile. Anche il presidente della Corte Suprema, Lord Phillips, ha espresso un parere simile. Quattro dipartimenti governativi (Lavoro e Pensioni, Tesoro, Fisco e Dogane, Interni) hanno poi riconosciuto la poligamia.
Intanto, per ammansire la tigre, la polizia inglese sta arruolando donne poliziotto di fede islamica nel Leicestershire. Andranno in giro con il velo integrale. Poco potranno fare per i tanti Nissar Hussein, 43 anni di Bradford, che i fratelli musulmani hanno minacciato di bruciare vivo poiché ha osato convertirsi al cristianesimo. L’aggressione avveniva mentre il deputato olandese del Partito per la Libertà, Geert Wilders, all’aeroporto di Heathrow veniva costretto a tornarsene a casa. E’ bastata la minaccia di Lord Nazir Abnied, parlamentare britannico di fede musulmana che aveva promesso di portare “diecimila fedeli” davanti al Parlamento. In Gran Bretagna non era mai successo che si chiudesse la frontiera a un parlamentare europeo. E tutto questo avveniva negli stessi giorni in cui Yusuf al Qaradawi, apologeta degli uomini bomba bandito dagli Stati Uniti, otteneva il permesso di sbarcare. All’inizio delle operazioni a Gaza, proprio quel Qaradawi benvenuto in Gran Bretagna aveva esclamato: “Oh Allah, colpisci gli ebrei, i nemici dell’islam. Oh Allah, non sprecarne neppure uno, uccidili fino all’ultimo”.
E’ vero che Israele non sarebbe mai sorto se non fosse stato per uomini come Winston Churchill e David Lloyd George. E’ vero che il cancelliere Lord Ashley, un devoto evangelico che riformò il lavoro in fabbrica, la schiavitù e gli orfanotrofi, sosteneva di essersi ispirato all’Antico Testamento e che per questo doveva servire la causa sionista. E’ vero che il ministro delle colonie, Joseph Chamberlain, diceva che “l’antica città del popolo di Dio sta per riprendere un posto fra le nazioni”. Ma quell’Inghilterra non esiste più. A mostrificare Israele sono stati il sindacato giornalisti che influenza ciò che gli inglesi apprendono dai media, la chiesa che stabilisce quel che ascoltano dal pulpito ogni domenica, il sindacato dei docenti che controlla ciò che ogni mattina i ragazzi imparano nelle scuole e il sindacato dei dipendenti pubblici che influenza le decisioni dell’apparato politico-burocratico. Cos’altro resta? “Gli ebrei hanno creato un monopolio accademico”, recita una lettera del premio Nobel per la fisica Johannes Stark. Per questo andava boicottata l’intellighenzia ebraica. La lettera fu pubblicata nel 1934 da Nature, la principale rivista scientifica britannica. Quattro anni dopo Stark pubblicò un altro articolo in cui attaccava la fisica ebraica Il direttore di Nature, Richard Gregory, si disse “felice” di poter dare a Stark l’opportunità di “rendere note ai mondo queste teorie scientifiche”. Anche qui nasce la vergogna della cultura inglese.
Il Foglio – 6 marzo 2009