“Questo è lo statuto della Torah che l’Eterno ha comandato, dicendo: Di’ ai figli d’Israele che ti portino una vacca rossa, senza macchia, senza difetti e su cui non è mai stato posto alcun giogo“. (Numeri 19:2) Nella prima parte del brano della Torah di questa settimana, si parla del precetto della “Parah Adumah”, la mucca rossa, il cui sacrificio è necessario per il processo di purificazione di persone o utensili divenuti impuri attraverso il contatto con un cadavere umano.
La mucca sacrificata, sarebbe stata poi bruciata e le sue ceneri sarebbero state mescolate con acqua. Quest’acqua doveva essere spruzzata sulle persone e sugli oggetti impuri che poi sarebbero diventati di nuovo puri. Sorprendentemente, lo Shulchan Arukh (Orach Chayym 685:7) sostiene che la lettura annuale di questa sezione costituisce un obbligo della Torah. In effetti, noi leggiamo questa sezione ogni anno non solo durante questo Shabbat come parte del ciclo annuale di lettura della Torah, ma anche in uno Shabbat speciale, tra Purim e Pesach, chiamato “Shabbat Parah”. Secondo lo Shulchan Arukh, leggere ogni anno questa sezione è elevato al livello di norma della Torah (Mideoraità), al contrario di tutte le altre letture della Torah che sono di ordine rabbinico (Miderabbanan).
Sorge naturalmente la questione della fonte e del motivo di tale decisione. Non vi è alcun obbligo della Torah di leggere di in modo speciale altri precetti e perché, allora, e soprattutto dove la Torah richiede la lettura del precetto della Parah Adumah?
Rav Yaakov Kamenetsky (1891-1986), sostiene che la fonte di questo obbligo è un versetto che si trova nel libro del Deuteronomio (Eqev, 9:7), dove la Torah prescrive di ricordare “come il Signore Tuo Dio si è adirato nel deserto”.
Il Malbim (Rav Meir Leibush Weiser, 1809-1879), afferma che questo versetto si riferisce al peccato del vitello d’oro, ma Rav Kamenetsky non è d’accordo, notando che il vitello d’oro è menzionato separatamente nel verso successivo (“a Chorev avete fatto adirare il Signore”). Pertanto, Rav Kamenetsky suggerisce che questo verso si riferisce agli eventi accaduti a Mara, poco dopo che i figli d’Israele avevano attraversato il Mar Rosso.
Nel libro dell’Esodo (15:22-26), si racconta che i figli d’Israele viaggiarono nel deserto senza acqua per tre giorni fino ad arrivare finalmente all’oasi di Mara. Li trovarono una fonte d’acqua che purtroppo era amara e di cattivo sapore e si lamentarono allora con rabbia con Mosè chiedendo acqua bevibile. Dio rispose comandando a Mosè di gettare un pezzo di legno nell’acqua che la trasformò miracolosamente in acqua dolce e bevibile. Dopo questo miracolo, Dio disse a Mosè di presentare al popolo “Chok umishpat / uno statuto e una legge” che Rash”y (Rabbì Shelomò Ytzchaqy, 1040-1105) spiega come l’insegnamento anticipato di alcuni precetti della Torah, tra cui quello della Parah Adumah.
Pertanto, scrive Rav Kamenetsky, quando leggiamo il brano della Parah Adumah, che fu presentata per la prima volta a Mara, adempiamo anche al precetto di ricordare le lamentele dei figli d’Israele a Mara, dove sfidarono Mosè piuttosto che riporre la loro fiducia nel Signore.
Rav Kamenetsky spiega inoltre la connessione tra Parah Adumah e il peccato dei figli d’Israele a Mara. La Parah Adumah mostra che seguendo le regole il Signore ci comanda, una persona impura può riacquistare la sua purità. Questa prescrizione nella modalità del Choq, il decreto del Re che si esegue e non si discute, proprio perché esprime un senso del limite, il nostro limite che non ci permette di capire a pieno come l’aspersione delle acque della Parah Adumah ristabilisca la purità di una persona. Ma il Signore ha detto che è così che si riconquista la purità.
Allo stesso modo, a Mara, il Signore stabilì che un pezzo di legno poteva trasformare l’acqua amara in acqua dolce. Secondo la legge naturale, non vi è alcuna ragione per cui ciò dovrebbe accadere. Il legno non trasforma l’acqua dal sapore sgradevole in acqua fresca buona da bere.
Questo è stato l’errore a Mara, non riconoscere che l’acqua amara può essere resa dolce e per questo la Torah ci comanda di ricordare questo incidente per rafforzare la nostra fiducia nella capacità illimitata di Dio di “addolcire” qualsiasi forma di “amarezza”, in modo che invece di lamentarci, come facevano i nostri antenati, ci rivolgiamo al Signore e chiediamo aiuto.
Questo Shabbat cerchiamo di mettere in pratica questo insegnamento, andiamo a sentire la lettura della Torah al tempio e concentriamoci sul fatto che il Signore può portare purità agli impuri e addolcire le acque amare, anche se opera in modi che non comprendiamo fino in fondo. Perché di amarezze, negli ultimi due anni, ne abbiamo mandate giù abbastanza e sarebbe ora che invece di affidarci a chissà chi, tentiamo di farlo con chi ha davvero il potere di trasformare ogni situazione “amara” in una situazione di “dolcezza”, Shabbat Shalom!