Tempio di via Eupili – Milano
Ognuno ha la propria voce. Alcuni la esprimono chiaramente, altri borbottano o sussurrano. C’è chi fa ascoltare la propria voce solo nella propria vita professionale e resta silenzioso e ritirato quando è a casa. Altri usano le loro voci solo all’interno delle loro famiglie e non fanno sentire la propria voce nel mondo esterno. Le nostre voci possono essere espresse in vari modi: Attraverso il parlato, attraverso la parola scritta o per mezzo delle nostre posture e gesti. Le nostre voci possono anche essere espresse attraverso la canzone.
Ognuno dei grandi leader del popolo ebraico, dai tempi biblici fino al presente, ha fatto sentire la propria voce in maniera distinta. La voce di Avraham fu ascoltata in tutto il suo mondo; La voce di Itzchak era quasi silenziosa in confronto. Moshè descrisse la propria voce come difettosa, balbuziente, eppure era capace di eloquenza suprema. La voce di Yehoshua non è mai descritta in alcun modo, abbiamo pochi esempi della sua voce unica personale.
Alcuni dei nostri grandi leader, tra cui Moshè, hanno espresso le loro voci tramite una shirà (canzone). Un esempio è la canzone del mare, la Shirat haYam in cui la voce di Moshè domina. Sua sorella Miriam risponde alla canzone di Moshè con la sua stessa voce. La Profetessa Devorah e il re David sono esemplari nella loro capacità di usare il mezzo della canzone per esprimere le loro voci uniche e distintive. Tutti gli esempi riportati mostrano come i vari leader del popolo ebraico nel tempo abbiano espresso le proprie voci.
La Parashà di questa settimana, Parashat Chukkat, fornisce un esempio di voce completamente diversa: Non si tratta della voce di una persona, ma della voce di un intero gruppo, anzi di un’intera nazione. È la canzone del pozzo, del Be’er: “… il pozzo presso il quale il Signore disse a Moshè:” Radunate le persone in modo che Io possa dare loro acqua “. Allora Israele cantò questa canzone: Sorgi, oh pozzo. Celebratelo! Il pozzo che scavarono i principi, che i nobili della gente iniziarono con lo scettro, e con il proprio bastone. Dal deserto selvaggio andarono a Mattanà e da Mattanà a Nachaliel e da Nachaliel a Bamot … “(Bamidbar 21: 16-19)
Questa è una canzone molto più breve rispetto alla canzone con la quale Moshè ha guidato il popolo di Israele all’uscita dall’Egitto. Parte di questo passaggio, in molti Bate haKennesset, è cantato melodicamente. C’è da sottolineare che questa Parashà, in cui appare la canzone del pozzo, descrive una transizione critica nella leadership del popolo ebraico. Dal tempo dell’Esodo dall’Egitto, il popolo ebraico ha essenzialmente avuto tre leader: Moshè, Aharon e Miriam. Nella Parashà di questa settimana, Miriam muore ed è sepolta. Anche Aharon è “raccolto presso il suo popolo” ed è pianto e Moshè scopre che il suo ruolo di leadership finirà prima di quanto avesse pensato, prima che il popolo ebraico entri nella terra promessa. Si tratta, quindi, di una storia di transizione, della fine di un’era, del passaggio di leadership ad una nuova generazione. Non c’è da stupirsi che la canzone cantata nella Parashà di questa settimana sia così diversa dalla canzone cantata da Moshè in quel momento trionfante che costituiva l’inizio della sua carriera di leader.
I Chachamim Nel trattato di Sotà riportano che la canzone del mare è stata cantata dal popolo in modo interattivo: Moshè pronunciava la prima frase e la gente la ripeteva dopo di lui, cantando poi tutta la canzone in questo modo, strofa dopo strofa. Moshè era un leader autorevole e il popolo era costituito da seguaci obbedienti. Moshè era il compositore della canzone e il popolo era il coro. Nella Parashà di Chukkat, due leader escono di scena e Moshè scopre che la sua autorità e la sua leaderhip stanno calando. La canzone del pozzo è una canzone di leadership completamente diversa dalla canzone del mare. Nella canzone di questa settimana, l’intero popolo canta come un sol uomo. La canzone non inizia con: “Allora Moshè ha cantato questa canzone”, ma piuttosto con: “Allora Israele ha cantato questa canzone”. La leadership passa da un leader carismatico divinamente scelto, al popolo nel suo insieme. Le persone trovano la loro voce ed è la voce di una canzone cantata tutti insieme all’unisono. Nel Midrash Yalkut Shimoni è scritto: … Dopo 40 anni, la gente è finalmente maturata e ha iniziato a cantare una canzone con una voce sola, dicendo: “Oh Signore, sii per me la salvezza, e i miei canti intoneremo tutti i giorni della nostra vita nella casa del Signore …’ ”(Isaia 38: 20).
La storia ebraica ha conosciuto epoche in cui era chiaro chi era un leader dotato di tutte le caratteristiche necessarie ad essere leader o individui carismatici che, in virtù della loro saggezza o eroismo, sembravano mandati dal Cielo a guidare il nostro popolo, ma abbiamo anche conosciuto tempi in cui non erano evidenti leader di spicco. In momenti come questi ognuno deve assumersi parte delle responsabilità di leadership mettendo a disposizione le proprie capacità uniche per il bene comune. Nei Pirkè Avot è scritto: “Egli (Hillel) soleva dire: ….là dove non ci sono uomini (che se ne occupino), procura tu di essere uomo”. La canzone del pozzo rappresenta una canzone di raggiungimento di maturità, dove ognuno con le proprie caratteristiche uniche mette a disposizione la propria voce (in senso lato) per comporre una sinfonia meravigliosa. Questo è uno dei segreti della sopravvivenza e della continuità che ci permette di continuare di continuare a cantare sempre insieme.