David Nizza
Rosh Ha-Shanà significa letteralmente Capo d’anno. Nella tradizione ebraica vi sono quattro capi d’anno. Il Talmùd li elenca così: “Questi sono i quattro capi d’anno: il primo del mese di nissàn (che cade in primavera) è il capodanno dei Re e delle Feste (cioè segna il conto degli anni di regno del Re, al tempo della monarchia ebraica, e delle Feste, cioè il susseguirsi delle tre feste di pellegrinaggio a Gerusalemme: Pésah, Sciavuòt e Succòt). Il primo del mese di Elùl (che cade in estate) è il capodanno per la decima del bestiame. Il primo del mese di Tishré (che è questo che cade all’inizio dell’autunno) è il capodanno degli anni e dei prodotti agricoli. Il capodanno degli alberi è il quindici del mese di Scevàt (che cade d’inverno)”.
Che significato ha in particolare questo capodanno?
Questo Rosh Ha-Shanà ha vari significati. Il primo consiste nell’anniversario della Creazione del mondo (per inciso, secondo una tradizione ebraica, il prossimo anno sarà il 5760). Già da questo si può capire che Rosh Ha-Shanà non è una festa in senso proprio, cioè una ricorrenza di gioia, bensì piuttosto una festa di riflessione e di ravvedimento.
Il secondo significato è detto espressamente nella seconda mishnà o paragrafo del trattato talmudico citato: “A Rosh Ha-Shanà tutte le Creature passano in rassegna davanti al Creatore”, che vede il cuore e conosce le azioni di ogni singolo. Infatti Rosh Ha-Shanà si chiama anche Giorno del Giudizio, perché in questo giorno (che veramente dura due giorni, ma su questo aspetto non ci possiamo qui soffermare) noi ci presentiamo davanti al giudizio divino. Non che il temente cerchi il pentimento una volta all’anno: tutt’altro! Il vero temente e osservante dei precetti si auto giudica, si pente e cerca di migliorare se stesso ogni giorno, sia verso il prossimo, sia verso la Divinità. Ma Rosh Ha-Shanà riveste un’importanza particolare, in quanto è un avvenimento pubblico, in cui la società si raccoglie per fare un bilancio dell’anno trascorso, cerca di pentirsi sinceramente e di ottenere il perdono sia dei propri singoli errori sia della collettività; ci si impegna così a cominciare con rettitudine l’anno nuovo. Il valore collettivo della ricorrenza è molto importante e sentito, e deriva dal concetto che nello stesso giorno, in cui Dio ha creato il mondo, Dio giudica il Suo mondo ogni anno.
Ma non vi è nessuna manifestazione di gioia in questo Capodanno?
Sì, ve ne sono. Possiamo limitarci a un paio di esempi. Il primo è che comunque, laici o religiosi, la gente in genere si tende a celebrare un capodanno come un passaggio verso il nuovo; il temente ha forse una ragione in più: la fiducia di ottenere il perdono e quindi di impegnarsi per la costruzione di un anno migliore.
Uno dei momenti tipicamente lieti di Rosh Ha-Shanà si celebra la sera. Quando tutta la famiglia, parenti e amici, è riunita a tavola per la cena (che naturalmente sarà una cena importante anche per la qualità dei cibi), subito dopo la consacrazione della festa sul vino e la benedizione del pane, prima di cominciare, a seconda degli usi, si intinge la mela nel miele, e il pane della festa nel miele, altri assaggiano i cosiddetti “bocconcini” simbolici: fichi, datteri, zucca, bietola, porri, melagrana, pesce, ecc. Su ognuno di questi il capofamiglia recita gli iehì razzòn, formule di buon augurio,in parte evidenti: sia volontà davanti al Signore che l’anno nuovo possa essere dolce come il fico; oppure: sia volontà davanti al Signore che i nostri meriti possano moltiplicarsi come i chicchi della melagrana; oppure sono basate su allusioni di parole intraducibili in italiano.
L’inizio di qualsiasi cosa, che sia connotato da un buon segno, induce la speranza di continuare con successo. Perciò tutto il comportamento dell’individuo a Rosh Ha-Shanà deve esprimere il buon segno.
Shanà tovà! Buon anno!
Davide Nizza
Rosh Ha-Shanà 5760, Discorso su RAI Radio 1, ve. 10.9.99, h. 7.33