E furono le vite di Sarah cento anni, venti anni, sette anni”
Rash”ì, nel chiedersi perché la Torà ripeta ogni volta la parola shanà-anni, dà due risposte riguardo al fatto che la vita di Sarah venga divisa dalla Torà in tre periodi.
E cioè: a cento anni era pura dal peccato, come una ragazza di venti anni (fino a venti anni si ha la certezza di non essere puniti per il peccato); a venti anni era naturalmente bella come una bimba di sette.
Un famoso rabbino spiega che, come la vecchiaia ha le sue qualità, saggezza, ponderatezza e controllo del desiderio, così pure la giovinezza; esse sono: l’entusiasmo, l’energia e la rapidità.
Sarah nel corso della sua vita, queste qualità le ha sempre avute tutte contemporaneamente, sia quelle afferenti la giovinezza che la vecchiaia.
La seconda spiegazione alla ripetizione del termine “anni” è che, quando uno non ha figli, per alcuni versi può essere considerato come uno che non ha seguito. Nella parashà di va-jezzé (Genesi 30) si legge che Rachele, rivolgendosi a suo marito Giacobbe dice: “dammi dei figli se no muoio“.
Sarah, nonostante la sua sterilità ha sempre dimostrato entusiasmo per la vita.
Il valore numerico di “vahijù” (scritto in ebraico) corrispondente a 37.
Nel talmud di Nedarim (64b) è scritto che: “Sarah, dalla nascita di Isacco visse ancora trentasette anni; furono quelli gli anni più belli e più vissuti della sua vita”.
Shabbat shalom