Tratto principalmente dagli scritti di Rav Sacks
VI sera Chanukkah – Cuneo – 17/12
Fra le feste ebraiche Chanukkah è probabilmente la più semplice. La sua celebrazione non richiede un particolare equipaggiamento, se non una chanukiah, il candelabro a otto braccia che ricorda la menorah, il candelabro a sette braccia che sorgeva nel tempio di Gerusalemme. La chanukiah viene accesa per otto sere. Ogni sera viene acceso un lume in più della precedente.
Molto semplice, ma cosa ha da dirci Chanukkah oggi? Non dobbiamo stupirci di questa domanda perché gli stessi chakhamim nelle poche pagine che il Talmud dedica a Chanukkah nel trattato di Shabbat, pongono la stessa domanda, che non troviamo per altre festività – maì Chanukkah? Cos’è Chanukkah? In fondo la vittoria militare dei Maccabei si rivelò effimera, perché le cose da allora certo non migliorarono. I re Asmonei, saliti al potere, sono diventati ellenizzati loro stessi, rinnegando uno dei principi fondamentali dell’ebraismo, la separazione fra potere politico e potere religioso. Questi re infatti furono al contempo Sommi sacerdoti, un esperimento mai provato precedentemente, che si rivelò fallimentare. Forse per questo i libri dei Maccabei non furono accolti all’interno del canone biblico ebraico. In breve tempo Israele cadde sotto la dominazione romana, e la ribellione ebraica portò alla disfatta e alla distruzione del Tempio di Gerusalemme. Vista la situazione, alcuni rabbini volevano persino abolire la festa.
Che senso ha celebrare una libertà irrimediabilmente perduta? Altri tuttavia erano di un avviso differente, ed ebbero la meglio. La narrazione del ritrovamento dell’ampolla d’olio che doveva durare solo un giorno e ne durò otto prese il sopravvento su quella della vittoria militare, che ormai aveva perso di senso. Il nuovo messaggio venne rappresentato da un’espressione del profeta Zaccaria (4,6), nel brano che viene letto come haftarah nello Shabbat di Chanukkah: “Non con la prodezza e non con la forza, ma con il Mio spirito, ha detto il Signore Tzevahot”. L’arco di Tito, che raffigura il bottino del Tempio di Gerusalemme, che comprendeva la Menorah, commemora una vittoria militare, ma la civiltà vittoriosa è scomparsa, mentre gli ebrei, sconfitti, sono sopravvissuti sino ad oggi. Probabilmente il senso di Chanukkah è estremamente attuale, dal momento che ricorda una battaglia per la libertà religiosa, che risale a 22 secoli fa, fra gli ebrei ed i greci, che allora li dominavano. I greci erano molto diversi dagli altri nemici che il popolo ebraico aveva affrontato in precedenza. Non erano come Amaleq, che bramava di eliminare fisicamente gli ebrei; non erano come il Faraone, che voleva schiavizzarli. Non avevano nulla contro Israele in quanto popolo, ma quello che volevano fare era assimilarlo alla propria cultura, facendogli dimenticare la sua ragione d’essere.
Si tratta di uno degli scontri di civiltà, concetto salito alla ribalta negli ultimi anni per via del famosissimo libro di Samuel Huntintgton, maggiormente significativi, quello fra la civiltà greca antica, nella forma dell’impero alessandrino, e l’antico Israele. Sembra difficile pensare che si tratti di civiltà opposte fra di loro, dal momento che dalla loro sintesi è nato il cristianesimo. I primi cristiani erano ebrei, ma i loro testi erano scritti in greco. Questa sintesi era presente anche nel mondo ebraico, rappresentata da Filone Alessandrino, ma non godette mai di particolare successo. Queste due visioni del mondo si presentano come contrarie. Rappresentavano due modi differenti, opposti, di comprendere l’universo, costruire una società, e concepire la vita. Molto si è parlato e si parla tuttora dello scontro fa l’Occidente e le altre culture, molto meno dello scontro all’interno dell’Occidente stesso, che sostanzialmente è ciò che Chanukkah commemora. Matthew Arnold in Cultura e anarchia, distingueva fra due mondi, quello ellenistico e quello ebraico. L’uno riguardava l’arte e l’immaginazione, ed il suo ideale supremo era la bellezza; l’altro invece si interessava dell’etica e dei doveri, e il suo ideale era la giustizia. Arnold si lamentava del fatto che l’Inghilterra vittoriana avesse un’impostazione eccessivamente ebraica. Oggi il quadro è totalmente opposto. La nostra cultura laica, con il suo culto del corpo, la sua deificazione della scienza, e lo scetticismo in ambito religioso, è profondamente ellenistica. I valori maggiormente caratterizzanti della cultura ebraica, la santificazione della vita, la consacrazione del matrimonio, la fedeltà, la modestia, l’attenzione ai valori interiori piuttosto che la concentrazione sulla ricchezza e il potere, sono sempre meno seguiti e praticati.
Non è casuale che i maggiori filosofi del nostro tempo abbiano trovato ispirazione nei giganti del pensiero greco piuttosto che nei profeti di Israele. La nostra epoca è quella più profondamente ellenistica nei propri principi dai tempi della conversione di Costantino nel IV secolo. La Grecia antica ha donato al mondo il concetto di tragedia, Israele ha insegnato la speranza. Questi due concetti, anche se non sembrerebbe in base al loro uso comune, sono profondamente incompatibili. Bertrand Russell attribuisce l’imprevedibile declino della civiltà alessandrina alla scomparsa dei vincoli morali e al trionfo dell’individualismo. Il genio fiorì come in pochi altri periodi nella storia, ma per via di questo decadimento morale i greci vennero assoggettati da popolazioni sì meno civilizzate, ma molto più coese. Le culture tragiche si disintegrano e muoiono. Non vedendo un senso ultimo, sacrificano la felicità per il piacere, il futuro per il presente. I tassi di natalità dell’occidente odierno e la sua irresponsabilità ecologica sono solo due esempi fra tanti del fatto che abbiamo assunto lo stesso atteggiamento. La Grecia antica e la sua cultura tragica sono morte, mentre l’ebraismo è sopravvissuto. I lumi di Chanukkah sono il simbolo del rifiuto di sacrificare i propri valori per il fascino e il prestigio dell’ellenismo. Un barlume di speranza può sembrare una cosa da poco, ma da esso può dipendere la sopravvivenza di una civiltà. Il riunirsi in casa intorno ad una luce per raccontare una storia e cantare assieme si rivela più forte degli eserciti e più longevo degli imperi. La storia ebraica è stata segnata da tanti momenti di disperazione, con sconfitte, espulsioni, persecuzioni, i pogrom, la Shoah, ma gli ebrei hanno superato queste tragedie, perché non hanno mai rinunciato alla fede che un giorno sarebbero stati liberi di vivere da ebrei senza alcuna paura.