Primo lume
Nel Talmud (Shabbat 22b) è scritto che la Menorah nel Santuario di Gerusalemme era il segno che testimoniava che la Shekhinah, la presenza Divina, dimorava in Israele. Ma qual era il segno della testimonianza? Rav rispose alla domanda e disse che era il lume occidentale del candelabro. Il lume occidentale aveva la stessa quantità d’olio degli altri, tuttavia, continuava a bruciare anche quando gli altri si erano spenti; e, ogni notte, il lume occidentale li riaccendeva. Questo evento miracoloso era il segno che su Israele dimorava la presenza divina. Da questo insegnamento talmudico nasce la tradizione di chiamare i maestri d’Israele “Menorah hatehorah/il candelabro puro”. La loro attività di studio e insegnamento della Torah, ma soprattutto il loro esempio di vita ebraica, costituisce la testimonianza che ancora oggi la Shekhinah dimora in Israele.
Secondo lume
Dal passo talmudico di ieri si può dedurre che i greci, quando resero impuro l’olio del Tempio, impedendo così l’accensione della Menorah, annullarono il segno della sua testimonianza, la presenza della Shekhinah in Israele. La vittoria militare contro gli oppressori ellenisti e la restaurazione del Tempio sono il fondamento della celebrazione della festa di Chanukkah. Gli otto giorni di lode e ringraziamento, sono il tempo stabilito per l’aumento della forza della Shekhinah in Israele che si realizza in virtù del miracolo che si diffonde con la riaccensione della Menorah e il ripristino della sua funzione di testimonianza.
Terzo lume
Il Rambam (Rabbì Moshe ben Maimon, 1138-1204) scrive che «la mitzvah di accendere i lumi di Chanukkah è molto cara». Rashy (Rabbì Shelomoh Ytzchaqy, 1040-1105), nel suo commento al Talmud (Shabbat 22b) dove si parla del segno della testimonianza della Menorah, afferma che «per tutto il tempo in cui Israele era amato, la Menorah bruciava tutto il giorno. E questa è la sua testimonianza». Rashy sostiene l’idea che la presenza della Shekhinah è collegata con la fedeltà di Israele alla Torah e alle mitzwoth. In questo senso, le parole del Rambam sono molto aderenti al concetto espresso da Rashy: per mezzo dei lumi di Chanukkah possiamo far scendere la Shekhinah su Israele ed è per questo che questa mitzwah è molto cara, perché ci fa essere chavivin/cari al Signore.
Quarto lume
Rav Alexander Susskind di Grodno (Lituania, 1738-1794) evidenzia, in base a un suo commento al testo mistico Tiqunè HaZohar, che i 24/כ״ד giorni che precedono Chanukkah sono in relazione con le 24 lettere della frase “barukh shem kevod malkhutò leolam vaed/benedetto sia il Nome del Suo glorioso regno per sempre eternamente” che recitiamo ogni giorno nello Shema‘. Arriva il 25° giorno/כ״ה, arriva la Shekhinah su Israele e si stabilisce così l’unità superna tra il Signore, il popolo e la terra. Il primo verso dello Shema‘, con il quale professiamo quotidianamente l’unità assoluta del Creatore, è composto proprio da 25 lettere e siccome la Shekhinah è chiamata Koh/כ״ה, il nome della festa è Chanukkah/חנו-כ״ה, racchiude in sé il messaggio che dal 25° giorno di Kislew la Shekhinah si posa nuovamente sul popolo d’Israele.
Quinto lume
Il sabato che cade negli otto giorni di Chanukkah si legge il brano profetico tratto dal libro di Zaccaria in cui è scritto “manda grida di gioia, rallegrati, o figlia di Sion, poiché eccomi, Io arrivo e abiterò in mezzo a te, dice l’Eterno” (Zaccaria 2:14). Questo verso allude al fatto che i giorni di Chanukkah sono il tempo dell’“eccomi, Io arrivo e abiterò/weshakhantì in mezzo a te”. Non solo, ma sono anche giorni di gioia e allegria, “manda grida di gioia, rallegrati, o figlia di Sion”. È per questo che il Rambam (Rabbì Moshe ben Maimon, 1138-1204), nel Mishneh Torah, riporta il detto talmudico secondo cui la Shekhinah non può stabilirsi se non dove c’è gioia (Shabbat 30a).
Sesto lume
La sillaba Koh/כ״ה, che indica il numero 25, data in cui inizia la festa di Chanukkah, è anche una parola di senso compiuto che si trova diverse volte nel testo biblico. Nel capitolo della Torah che parla del sacrifico di Isacco è scritto (Genesi 22:5): “Abramo disse ai suoi servitori: rimanete qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin là/’ad koh”. Koh/là indica il monte Moriah dove sarebbe dovuto avvenire il sacrificio, lo stesso luogo dove sarebbe stato costruito il Santuario dove sarebbe discesa la Shekhinah per dimorare in mezzo a Israele. L’espressione “arrivare fin là/‘ad koh”, rappresenta l’allusione al 25° giorno di Kislew del 165 a.E.V., quando dopo la riconsacrazione del Santuario la Shekhinah si ristabilisce su Israele.
Settimo lume
Nel luogo dove Isacco fu legato, Giacobbe, in viaggio verso Charan, trascorre la notte e sogna la famosa scala con gli angeli che salivano e scendevano. In quel sogno riceve la promessa divina che non avrebbe avuto alcun male in questo suo viaggio e che sarebbe tornato a casa sano e salvo. Al risveglio, Giacobbe prende la pietra su cui aveva adagiato la testa, la erige come stele e versa olio sulla sua sommità. Quel luogo viene così da lui santificato, lo chiama Bet El/casa di Dio e sarà il luogo destinato alla costruzione del Santuario. L’ampolla d’olio che si rivelò a Giacobbe, con la quale santificò la stele che aveva eretto, è la stessa che fu trovata dai Maccabei con cui avvenne il miracolo dell’olio alla loro epoca. La radice superna di quell’ampolla era collegata al monte Moriah, il monte che Abramo chiamò Koh/כ״ה/25, il luogo della dimora della Shekhinah.
Ottavo lume
Nelle Massime dei padri (Pirqè Avot 3:6) è riportato un insegnamento di Rabbì Chalaftà che afferma che, anche dove uno solo studia Torah, la Shekhinah è presente con lui. Questa massima insegna che laddove si studia con costanza Torah, si riceve il merito di avere la presenza della Shekhinah.
Non è forse così/koh/כ״ה, la Mia parola è come fuoco, detto dell’Eterno. Nel Talmud (Shabbat 138b) questo verso del profeta Geremia (23:29) è interpretato dai maestri come un riferimento alla Torah che è parola di Dio, che porta alla discesa della Shekhinah (così/koh/כ״ה).
Il Midrash sottolinea che nel pettorale del Sommo Sacerdote le pietre erano incastonate secondo l’ordine delle 12 tribù e la pietra di zaffiro (even sapir) corrispondeva a Issakhar. Lo Zohar insegna che il “ma‘aseh livnat hasapir/un lavorato in trasparente zaffiro” (Esodo 24:10) che Mosè vede ai piedi del Trono della Gloria è un’allusione alla Shekhinah. Siccome la tribù di Issakhar era il pilastro per lo studio della Torah, lo zaffiro è la pietra che la rappresentava nel pettorale del Sommo Sacerdote.
I giorni di Chanukkah sono per questo i più propizi per fare quelle azioni, ad esempio studiare di più i testi della Torah orale, che facciano posare la Shekhinah su Israele.
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