Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari Amici, quest’anno avevo deciso di non occuparmi della “Giornata della memoria”, che mi sembra diventato ormai un’occasione di rimozione e non di memoria, in cui hanno la parola tutti i “benaltristi” coloro che vogliono ricordare anche il genocidio degli Armeni (il che è certamente giusto, io personalmente ho curato un libro su questo terribile crimine: http://guerini.it/index.php/il-genocidio-infinito.html ), ma anche la distruzione degli indiani d’America, il trattamento degli animali nei macelli, e mille altre cause più o meno giuste – compresa quella ingiusta e insensata, che vorrebbe associare al ricordo della Shoah il fallimeto degli arabi di completarla sterminando tutti gli ebrei di Israele, come si proponevano nel ‘47-’49 e ancora dicono di proporsi (quando parlano in arabo).
Loro chiamano Nakbah, cioè “disastro” questo fallito genocidio con la conseguente sopravvivenza di Israele contro l’assedio degli eserciti di tutto il mondo arabo.
C’è più d’uno che nelle celebrazioni televisive e nelle cerimonie ufficiali ha la faccia tosta di sostenere questo accostamento, cui manca solo il lutto per la triste sorte dei dirigenti nazisti, chi suicida nel bunker, chi impiccato a Norimberga, chi a Gerusalemme.
Ma forse la follia criminale di chi sostiene queste cose non è neanche la colpa principale della giornata, che in fondo ha perso individualità fin dal suo stabilimento in Italia, quando per volontà o passività di Furio Colombo, che promosse la legge, quella che a livello internazionale si chiama esattamente “International Holocaust Remembrance Day” cioè giornata della memoria dell’”Olocausto” o come si dice oggi molto meglio, della Shoah (https://en.wikipedia.org/wiki/International_Holocaust_Remembrance_Day ), è diventata “Giornata della memoria” e basta (https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_della_Memoria ), cioè potenzialmente del ricordo di qualunque cosa.
Certamente l’intenzione non era quella, ma il risultato è stata un’ambiguità che oggi è ampiamente praticata. Il peccato peggiore, dicevo, è un altro: è la perdita del senso storico di quel che è accaduto in Europa fra il 1938 (data della “notte dei cristalli”, inizio degli omicidi di massa in Germania ma anche data delle leggi razziste in Italia) e il 1945. Lo Shoah in questi sette anni non “avvenne” spontaneamente” e neppure fu condotta dalla “mente di un pazzo” o dalla “banalità del male” dei burocrati tedeschi, due tesi convergenti sostenute dagli ipocriti, Hannah Arendt in testa ma con infiniti seguaci), ma invece “fu attuata” da masse di milioni di “volonterosi carnefici” ( http://www.librimondadori.it/libri/i-volenterosi-carnefici-di-hitler-daniel-jonah-goldhagen ) in tutt’Europa, Italia compresa.
Volonterosi carnefici mossi non da generico razzismo, ma da un preciso fanatismo antisemita, che era stato diffuso non solo dai nazisti, ma da molti altri, con in testa le Chiese esperte di roghi di massa, ma anche i movimenti socialisti e illustri intellettuali, da Kant a Voltaire, da Wagner a Fichte, fino ai “grandi” del Novecento, oggi da molti rimpianti e idolatrati, Heidegger, Schmitt, Céline, Pound, Evola e tanti altri.
C’è una responsabilità della cultura e della politica, in definitiva della popolazione europea nell’antisemitismo fino alla Shoah, che si prolunga nella responsabilità attuale nella collaborazione al tentativo arabo di distruzione di Israele.
Perché l’Unione Europea e tanti governi pagano le organizzazioni che promuovono il terrorismo (dall’Autorità Palestinese ad Hamas e a tutti gli altri) se non perché ammazzano gli ebrei? La scusa del rimediare “l’occupazione” o “l’ingiustizia” subita dai “palestinesi” è risibile: perché non dedicano un centesimo dei fondi e delle energie di sostegno alla causa della “Palestina” a quella dei curdi, che quanto meno sono un popolo vero, testimoniato nei secoli, cui già alla fine della prima guerra mondiale era stato promesso uno stato, e che sono occupati, oppressi, oggetti di ingiustizia e di terrorismo di stato? Forse perché non si propongono di compiere una seconda Shoah, come vogliono Hamas e soci.
Mi ero proposto di non parlarne, condividendo il sentimento di stanchezza e di disgusto espresso su Informazione Corretta ieri da Deborah Fait (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=65186). Ma poi ho letto le cronache del dibattito processuale subito a Parigi due giorni prima del 27 gennaio da Georges Bensoussan (ne trovate qui un riassunto: https://www.europe-israel.org/2017/01/proces-de-georges-bensoussan-leur-objectif-est-dinterdire-de-penser/ ) e ho capito che quella era la vera giornata della memoria.
Cerco di spiegarmi. Bensoussan è uno dei più importanti storici della Shoah (https://it.wikipedia.org/wiki/Georges_Bensoussan ; ma la versione francese per chi conosce la lingua è molto più completa: https://fr.wikipedia.org/wiki/Georges_Bensoussan_(historien ) ). In italiano sono stati tradotti fra gkli altri, alcuni suoi libri fondamentali: “L’eredità di Auschwitz. Come ricordare?”, Einaudi 2002; “Genocidio. Una passione europea”, Marsilio 2009; “Storia della Shoah”, Giuntina 2013. Negli ultimi anni si è occupato anche dei rischi dell’invasione musulmana con due libri importanti: “Les Territoires perdus de la République: antisémitisme, racisme et sexisme en milieu scolaire”, Pluriel, 2015; Une “France soumise – Les voix du refus”, Albin Michel, 2017. Il suo processo deriva proprio da questa attività. In una trasmissione televisiva moderata da Finkelkraut, Bensoussan si è trovato a commentare l’affermazione di un sociologo algerino, Smaïn Laacher, per cui L’“antisemitismo [degli immigrati arabi], è già archiviato nello spazio domestico[…] ed è quasi naturalmente depositato nella lingua. Uno degli insulti da parte dei genitori ai loro figli quando li vogliono rimproverare, consiste nel chiamarli ebrei. Questo tutte le famiglie arabe lo sanno”. (http://www.marianne.net/proces-georges-bensoussan-leur-objectif-est-interdire-penser-100249457.html ).
Bensoussan aveva commentato dicendo che in queste famiglie “l’antisemitismo si succhia con il latte materno” (https://www.europe-israel.org/2017/01/proces-de-georges-bensoussan-leur-objectif-est-dinterdire-de-penser/ ). Per questa frase Bensoussan è stato accusato di “incitamento all’odio razziale” da una serie di organizzazioni che si dicono antirazziste e dallo stesso sociologo. Il processo è stato dominato da attacchi durissimi allo storico della Shoah (http://jssnews.com/2017/01/26/proces-bensoussoun-ccif-voici-ce-quil-sest-dit-a-la-barre/ ), che in sostanza hanno lo scopo di interdire la discussione pubblica dei legami fra Islam, immigrazione e terrorismo (http://www.lefigaro.fr/vox/societe/2017/01/27/31003-20170127ARTFIG00152-le-proces-bensoussanou-l-indignation-a-geometrie-variable-des-pseudo-antiracistes.php ), che pure in Francia è evidente e sanguinosissimo: basta pensare all’assassinio a sangue freddo dei bambini della scuola ebraica di Tolosa (https://it.wikipedia.org/wiki/Attentati_di_Tolosa_e_Montauban_del_2012 ), all’omicidio di Ilan Halimi (https://it.wikipedia.org/wiki/Ilan_Halimi ), all’assalto all’Hypermaché Cacher (https://fr.wikipedia.org/wiki/Prise_d’otages_du_magasin_Hyper_Cacher_de_la_porte_de_Vincennes ) e ai mille attacchi subiti negli ultimi annidalla comunità ebraica francese, sempre a opera di islamisti, che hanno provocato una fuga di massa degli ebrei dalla Francia. Ma di questo non si può parlare (http://www.liguedefensejuive.com/nouveau-proces-contre-georges-bensoussan-2016-12-13.html ).
E’ proibito dire che 72 anni dopo la chiusura di Auschwitz e 118 dopo il processo Dreyfus, in una certa Francia, innanzitutto quella degli immigrati musulmani (come del resto in quegli ambienti dappertutto in Europa), l’antisemitismo è corrente, praticamente obbligatorio. Ed è ancora più proibito collegare questa situazione all’azione d’avanguardia dello stato francese contro Israele, in cui il presidente Hollande (per fortuna in scadenza e incapace anche di tentare una rielezione) ha impegnato le migliori energie diplomatiche della vecchia potenza coloniale francese.
Bensoussan è colpevole in molte sue opere di avere mostrato che la Shoah, per quanto riguarda gli europei, non sarebbe affatto finita e si prolunga oggi nell’odio verso Israele e nella complicità ufficiale con l’antisemitismo musulmano, in particolare da parte di organizzazioni che si definiscono “antirazziste”.
La memoria vera, quella che non si nasconde dietro l’oleografia o il buonismo moraleggiante consiste esattamente nel dire questa verità: l’Europa attuale, volonterosa importatrice di terroristi e di antisemiti, non è la negazione assoluta di quella che ottant’anni fa costellava il suo territorio di campi di sterminio e di concentramento e dava la caccia all’ebreo dovunque si nascondesse.
Al di là delle dichiarazioni di principio, e fatta la tara dell’ipocrisia politica che la caratterizza, per molti versi ne è la continuazione. Celebrare la memoria oggi è stare con Bensoussan, e non condividere cerimonie con i suoi persecutori giudiziari o coi loro amici.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=65202