Tempio di via Eupili – Milano
Un malinteso comune è che nei tempi antichi, le persone non sapevano tanto quanto sappiamo noi oggi dei cicli dei corpi celesti, quindi c’era bisogno di testimoni oculari per riferire il sorgere della luna nuova per sapere quando sarebbe stato Rosh Chodesh. Oggi, con conoscenze avanzate di astronomia e matematica e con i computer, non abbiamo bisogno di testimoni. In realtà nei tempi antichi, i cicli celesti erano ben studiati e conosciuti e la posizione della luna era nota in ogni momento. Il Rambam afferma che una delle mitzvot del Sanhedrin consiste nel fare i calcoli necessari per poter dire se i testimoni hanno effettivamente visto ciò che affermano di aver visto. Ciò significa che quando i testimoni si recavano a Yerushalayim per riferire del sorgere della luna nuova, il Sanhedrin già era a conoscenza di quanto veniva riferito. Se il Sanhedrin attraverso i suoi calcoli stabiliva che la luna nuova non sarebbe stata visibile in una certa sera, la testimonianza ricevuta non sarebbe stata considerata valida, a prescindere da quanti testimoni si sarebbero presentati.
A differenza di altri tipi di testimonianza, in cui i testimoni riferivano una verità sconosciuta ai giudici, qui abbiamo il contrario: Il testimone pensa di aver visto la luna nuova, ma in realtà non può averla vista. La luna in quel periodo del mese mostra un piccolissimo frammento di luce – troppo piccolo per essere ancora chiamato falce – molto basso sull’orizzonte dove la visibilità è più scarsa, poco dopo il tramonto quando il cielo non è ancora veramente scuro, per un breve periodo di tempo prima del tramonto. Agenti esterni come nuvole, foschia, inquinamento, nebbia, alberi, edifici e altri ostacoli avrebbero bloccato la visione della luna nuova. Eppure, per tutto questo tempo, il Sanhedrin sapeva esattamente dove si trovava la luna. Se il Sanhedrin sapeva quando aspettarsi testimoni, perché ne aveva bisogno? Perché richiedere dei testimoni quando sappiamo già cosa diranno, e sono meno affidabili dei nostri calcoli? C’è da considerare inoltre che se avessimo un Sanhedrin ai giorni nostri, dovremmo utilizzare comunque questo metodo per stabilire i giorni di Rosh Chodesh, nonostante tutte le conoscenze che abbiamo.
Un midrash che apparentemente non è correlato con questa testimonianza descrive la piaga delle rane: In origine, c’era solo una grande “grande rana”. Pensando che avrebbero stroncato le cose sul nascere, gli egiziani iniziarono a colpire la rana con i loro bastoni nel tentativo di ucciderla. Eppure ogni volta che la colpivano, invece di morire, la rana gigante si moltiplicava. All’inizio, questa deve essere stata per loro una vera sorpresa, ma col passare del tempo si sarebbe potuto pensare che gli egiziani avessero visto emergere uno schema e avessero smesso di colpire la rana, in modo da non aumentare ulteriormente la peste. Eppure non l’hanno fatto. Anche se questo sembra essere illogico, questo è quello che a volte capita anche a noi: Abbiamo un problema da gestire ma capita che invece di affrontarlo, consapevoli o meno, aggiungiamo difficoltà attraverso azioni sconsiderate. Quella che potrebbe essere iniziata come una sfida relativamente piccola e gestibile cresce e si trasforma in un problema molto più grande. La teshuva, il pentimento, non è semplicemente “sapere cosa fare”. È la decisione consapevole di apportare un cambiamento in meglio e di intraprendere le azioni necessarie per farlo, per impedire che le cose vadano fuori controllo, preferibilmente prima che il problema diventi più grande. I Chachamim nei Pirkè Avot sostengono: “Lo hamidrash hu haikkar, ela hama’ase, Sapere cosa fare non è il punto principale – il punto principale è farlo! (Avot 1:17)”
I Chachamim sostengono che la mitzva di santificare la luna nuova è un’allusione alla teshuva. Ci rallegriamo dell’emergere di una luce rinnovata, per quanto piccola, da ciò che poco prima era stato buio totale. Anche se all’inizio piccola, quella luce è destinata, in un tempo relativamente breve, a svilupparsi in una luna a tutti gli effetti, che illuminerà il cielo notturno. Niente può trattenere una persona dal fare teshuva – né la sua infanzia, né la sua famiglia, la sua posizione finanziaria, la sua storia di vita. Dall’oscurità emerge una nuova luce.
Forse è per questo che, nonostante il Sanhedrin sapesse già, attraverso i propri calcoli, quando sarebbe stato Rosh Chodesh, non era possibile dichiarare il sorgere della luna nuova senza che i testimoni venissero a riferire quello che avevano visto. Quando si tratta di teshuva, la sola conoscenza non sarà sufficiente a portarla a termine. Ci deve essere la decisione consapevole di alzarsi e fare qualcosa. Per abbandonare i comportamenti sbagliati che sembrano aver avuto la meglio su di noi e rimetterci in marcia sulla strada giusta, è necessario agire e non stuzzicare la rana moltiplicando i problemi. Sì ci sono i momenti bui, i momenti di difficoltà e di sonno della ragione in cui sembra non esserci luce, in cui sembra che la luce non tornerà, momenti in cui potremmo sentirci come schiavi di noi stessi, dei nostri atteggiamenti, momenti in cui non vediamo come potremmo uscire da una situazione che ci sembra non potersi risolvere. La luna che si rinnova, la testimonianza di questo rinnovo che avviene ogni mese, rappresenta la promessa e la certezza che il buio non durerà per sempre, alla fine la luce prevarrà e tornerà. Il nostro compito è testimoniare il ritorno di questa luce, prendere quella decisione e fare i primi seri passi. Questi atteggiamenti rappresentano la parte più difficile del cammino. Intrapresi questi primi passi, il seguito diventerà più facile.