“E tutti questi tuoi servi scenderanno da me e diranno: Vattene, tu e tutto il popolo sotto la tua responsabilità! E poi me ne andrò…” (Esodo 11,8). Prima della decima e ultima piaga, Makat Bechorot (piaga dei primogeniti), Mosè si presentò al Faraone e lo avvertì dell’imminente calamità che Dio avrebbe portato sull’Egitto. Mosè predisse poi che questa piaga avrebbe indotto il Faraone a cedere e a permettere agli ebrei di lasciare l’Egitto.
Perché Mosè ha avuto bisogno di dire “Veacharè chen etzè/e poi me ne andrò”?
Gli ebrei, aspettavano da secoli di lasciare l’Egitto e Mosè aveva trascorso un anno ad esortare il Faraone a lasciarli andare mentre lui si rifiutava continuamente.
Non sarebbe stato naturale per gli ebrei lasciare l’Egitto subito dopo la piaga dei primogeniti, quando il Faraone disse loro di partire?
Il romagnolo Rabbì Ovadia Sforno (1475-1549), spiega che Mosè intendeva dire che gli ebrei avrebbero lasciato l’Egitto “acharè chen” in un momento successivo e non nel momento in cui il Faraone avrebbe ordinato loro di andarsene.
Il Faraone comandò ai figli d’Israele di partire nel cuore della notte, subito dopo che la piaga dei primogeniti aveva colpito, ma loro non se ne andarono fino al mattino. Questo, spiega Rabbì Ovadia Sforno, è il significato di questa precisazione che poteva apparire superflua: gli ebrei non se ne sarebbero andati subito, ma solo più tardi.
Dobbiamo allora chiederci il perché i figli d’Israele ritardarono la partenza dall’Egitto fino al mattino. Quando finalmente era arrivato l’ordine del Faraone, ci saremmo forse aspettati una partenza immediata. Perché attendere fino al mattino?
Rav Shalom Schwadron, il “Magghid di Gerusalemme” (1912-1997), spiega in un suo commento che ciò era stato fatto per dimostrare al Faraone che era Dio ad avere il controllo assoluto e illimitato in questa storia.
Il Faraone, nonostante tutto, riteneva sempre di godere del pieno controllo sui figli d’Israele, come dimostrato dal suo continuo rifiutò di permettere loro di andarsene. E anche quando alla fine fu costretto a cedere, il Faraone pensò di poter ancora esercitare il suo controllo su di loro e cacciarli con la forza dal paese.
Dio voleva invece mostrare al Faraone che non aveva affatto alcun controllo sui figli d’Israele, né per tenerli in Egitto e né per mandarli fuori dall’Egitto. E così, anche quando il Faraone alla fine cedette, Dio non permise ai figli d’Israele di partire quando il Faraone voleva, la loro partenza avvenne al mattino, alle condizioni di Dio e non alle condizioni del Faraone.
Sviluppando ulteriormente questo punto, Rav Schwadron spiega inoltre che la schiavitù dei figli d’Israele da parte del Faraone, fu commissionata da Dio e che aveva decretato questo affinché i figli d’Israele fossero purificati per ricevere la Torà al Sinai, liberi nel corpo e nello spirito. Il Faraone non era altro che una pedina, il mezzo attraverso il quale Dio compì il Suo decreto. Lasciare l’Egitto quando Dio lo decideva, voleva dire soprattutto mostrare al Faraone che non ha mai avuto il controllo sui figli d’Israele e che è sempre stato Dio a orchestrare gli eventi.
Naturalmente, questo messaggio non era destinato solo al Faraone, o agli ebrei che vissero quella liberazione, è un messaggio valido anche per noi oggi.
Dobbiamo ricordare in ogni momento che Dio esercita un controllo completo e illimitato sull’universo e che non c’è nessuno al mondo che agisca indipendentemente dal Suo volere.
Tutto ciò che accade è deciso da Dio e questa consapevolezza ci porta conforto soprattutto durante i periodi di difficoltà e angoscia, assicurandoci che che Egli si prende sempre cura di noi, anche nelle circostanze più difficili, Shabbat Shalom!