All’inizio della parashà è raccontato che l’Eterno diede ordine a Moshè di far sì che gli israeliti, appena usciti dall’Egitto, operassero una diversione, diretta a richiamare verso il Mar Rosso le forze del faraone: “L’Eterno disse a Moshè: «Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achirot, tra Migdol e il mare, davanti a Baal-Zefon; di fronte ad esso vi accamperete presso il mare. Il faraone penserà degli israeliti: Vanno errando per il paese; il deserto li ha bloccati! Io renderò ostinato il cuore del faraone ed egli li inseguirà; io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito, così gli Egiziani sapranno che io sono il Signore!». Essi fecero in tal modo” (Shemòt: 14:1-5). Il faraone andò alla carica con seicento carri scelti (ibid., 7).
Rashì (Troyes, 1040-1105) commenta: “Essi fecero in tal modo”. “Queste parole vengono a lode degli israeliti. Essi sentirono l’ordine di Moshè e non ebbero obiezioni al fatto che con questa manovra diversiva, invece di continuare ad allontanarsi, si avvicinavano agli egiziani che li inseguivano. Essi dissero invece che non avevano altro da fare che obbedire agli ordini del figlio di ‘Amram (cioè Moshè)”.
Riguardo alle parole “Così gli egiziani sapranno che Io sono il Signore”, R. Naftali Zvi Yehuda Berlin (Belarus, 1816-1893, Varsavia) detto il Natziv dalle sue iniziali, commenta: “Anche il popolo che è rimasto in Egitto vedendo con i loro occhi questo prodigio (l’annegamento dell’esercito egiziano nel Mar Rosso), si renderà conto che è stato l’Eterno a portare le piaghe nel paese. Finora le piaghe venivano annunciate da Moshè al faraone e cessavano quando Moshè pregava che cessassero. Il popolo egiziano non sapeva nulla (di quello che avveniva tra Moshè e il faraone alla corte reale) e vedeva solo le piaghe che venivano e cessavano, che peraltro erano più pesanti nei confronti del faraone e dei suoi servitori. Ora (con la distruzione dell’esercito egiziano) anche il popolo si sarebbe reso conto che tutto aveva avuto luogo a seguito dell’intervento dell’Eterno”.
R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (pp. 112-3) commenta che Dio disse che aveva reso ostinato il cuore del faraone “… affinché tu narri ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli quello che ho operato in Egitto e i miracoli che ho fatto in mezzo a loro, e sappiate che io sono l’Eterno” (Shemòt, 10:2). Ora davanti al Mar Rosso, l’Eterno disse che avrebbe reso ostinato il cuore del faraone e sarebbero stati gli egiziani a sapere che “Io sono l’Eterno”. I miracoli che gli israeliti videro in Egitto fecero sì che essi si resero conto che Dio è Onnipotente. Ora era necessario che se ne rendessero conto anche gli egiziani. R. Soloveitchik spiega che un principio fondamentale dell’ebraismo è quello di ricompensa e punizione. Anche se all’inizio sembra che il malfattore trionfi, alla fine verrà sconfitto. Non solo i beneficiari dei miracoli devono rendersi conto dell’intervento divino, ma anche i malfattori devono capire che vengono puniti. Prima dell’Esodo il faraone non ebbe la sfrontatezza di affermare di essere dalla parte della ragione. Gli ebrei era suoi schiavi perché aveva la forza di asservirli. Ora al Mar Rosso, il faraone voleva invece giustificare le sue azioni. Gli israeliti avevano detto che sarebbero usciti per tre giorni e invece erano in fuga. Il faraone ora sosteneva di essere nel giusto e accusava le vittime di essere nel torto. Con l’annegamento dell’esercito egiziano nel Mar Rosso, il Signore mostrò di punire i malvagi che si fanno passare per giusti. E la punizione per quest’ultimi fu più grave. In Egitto la popolazione fu punita per aver asservito gli ebrei. Non morirono tutti. Al Mar Rosso invece perì tutto l’esercito del faraone con i suoi seicento carri scelti.