“L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aronne, dicendo: ‘Fate il conto dei figli di Qehath, tra i figli di Levi, secondo le loro famiglie, secondo le case dei loro padri” (Numeri 4:1-2). Tra gli argomenti del brano iniziale del questo libro della Torah, che leggeremo il prossimo sabato, c’è quello del ruolo assegnato alla tribù di Levi di trasportare il Mishkan (Tabernacolo) durante il viaggio nel deserto. Erano i Kohanim ad avere la responsabilità di designare tutti i ruoli, in modo tale che ogni Levita sapesse esattamente quale oggetto doveva portare con sé durante il viaggio.
Il Midrash narra che ciò fu necessario perché i Leviti si contesero il privilegio di trasportare l’oggetto più sacro, l’Arca dell’Alleanza che conteneva le due tavole di pietra su cui risiedeva la Presenza Divina. Ci furono scontri violenti e persino fatali, per cui il Signore ordinò ai Kohanim di assegnare a ciascun Levi un ruolo preciso, in modo che ognuno conoscesse il proprio ruolo e affinché le contese finissero.
Il Ramchal (Rabbi Moshe Chayym Luzzatto 1706-1746) al capitolo 20 della sua opera Mesillat Yesharim, cita questo Midrash nella sua dissertazione sul “Mishkal Hachasidut”, che possiamo intendere che una sorta di scala di valori per misurare la devozione. Ramchal spiega che certamente c’è un grande valore nella “Chasidut”, nell’andare oltre i già rigidi requisiti dell’Halakha e nell’assumere ulteriori misure comportamentali di persona pia e devota. Un bambino che ama veramente suo padre non solo obbedirà ai suoi desideri, ma farà anche ciò che ritiene possa renderlo felice. Allo stesso modo, se siamo veramente devoti al Signore, non solo faremo ciò che Egli ci chiede, ma anche di più. Tuttavia, avverte il Ramchal, bisogna prestare estrema attenzione quando si accettano misure aggiuntive di “Chasidut”, per garantire che queste misure raggiungano effettivamente l’obiettivo desiderato.
Molto spesso, tali misure hanno degli “effetti collaterali” negativi e per questo si deve riflettere a lungo e intensamente, se l’atto pio in questione valga davvero le possibili indesiderabili conseguenze. Naturalmente, quando si tratta dei nostri rigorosi requisiti halakhici, dobbiamo adempiere ai nostri obblighi indipendentemente da ciò che comporta. Ma quando si tratta di “Chasidut”, dobbiamo ponderare le nostre azioni e dobbiamo soppesare il loro valore rispetto agli effetti negativi che potrebbero causare.
I Leviti, come raccontato dal Midrash, volevano sinceramente adempiere alla grande mitzwah di trasportare l’Arca, ma il loro desiderio per questo privilegio li portò a scontrarsi e a danneggiare altre persone. Se questo è il risultato dei loro tentativi di portare l’Arca, non ne vale più la pena. Non c’è dubbio che non dovremmo mai assumere comportamenti volontari di devozione aggiuntiva se ciò provoca litigi e discordie.
Sul grande Rav Israel Salanter (Yisrael ben Zeev Wolf Lipkin, 1809–1883), si racconta che fu visto usare una piccola quantità di acqua, quanto bastava per soddisfare i requisiti halakhici, per la Netilat Yadayim, il lavaggio delle mani prima dei pasti. Chi vide il Rav rimase molto perplesso, poiché nel Talmud si parla del valore dell’uso di abbondanti quantità di acqua e di come questa porti ricchezza (le lettere della parola “Mayim/acqua”, sono l’acronimo dell’auspicio “Maleh Yadenu Mibirkhotekha/riempi le nostre mani con le Tue benedizioni”). Quando chiesero al Rav perché usasse una quantità così piccola di acqua, prima spiegò che l’acqua veniva portata in tavola dall’anziana cameriera, poi che la portava con un pesante otre sulla schiena e alla fine domandò retoricamente ai presenti: “Secondo voi è giusto che io guadagni benedizioni sulla schiena di questa donna?”. Rav Yisrael volle far così capire che la preoccupazione di non gravare una cameriera laboriosa, era molto più importante che usare grandi quantità di acqua oltre quella strettamente richiesta dall’Halakha.
Un altro esempio lo troviamo in un racconto riguardo il Chafetz Chayym (Rav Israel Meir Kagan, 1839-1933). Una volta ospitò delle persone per la cena di Shabbat del venerdì sera. Tutti rimasero stupiti nel vedere il Chafetz Chayym iniziare il Kiddush appena tornato dal Bet Hakeneset, senza cantare il brano di “Shalom Alekhem”. Davanti a questo stupore il Chafetz Chayym spiegò ad uno degli ospiti in particolare: “So che non hai mangiato tutto il giorno e non è giusto farti aspettare quando hai fame. Gli angeli non hanno bisogno di mangiare e quindi possono aspettare per sentire il loro “Shalom Alekhem”.
Sono molte le situazioni in cui dobbiamo tenere presente questa prospettiva e garantire il mantenimento delle nostre priorità quando misure non strettamente necessarie possono danneggiare altre persone.
Per quanto sia prezioso “portare l’Arca dell’Alleanza”, per andare oltre i nostri già rigorosi obblighi per avvicinarsi al Signore, dobbiamo sempre valutare per bene se, per eseguire misure aggiuntive, ne valga davvero la pena e, soprattutto, che non causino più danni che benefici, Shabbat Shalom!