La parashà di be haalotekhà è una delle pochissime parashot della Torà piene di contenuti per eccellenza; contenuti che vanno dal compito di Aaron di preparare tutti i giorni, la menorà del Tempio, fino alle maldicenze di costui insieme a Miriam, sua sorella, contro Mosè.
Uno dei passi più commoventi però è la preghiera che Mosè rivolge al Signore, per guarire Miriam, colpita dalla lebbra a
causa della sua maldicenza contro Mosè.
Nonostante fosse stato l’oggetto della maldicenza, Mosè concentra tutte le sue forze nella preghiera, affinché sua
sorella guarisca.
Una preghiera accorata ma assai breve, formata da soli cinque monosillabi:
“El na rfà na la – Dé oh Signore guariscila!”.
Questo ci insegna che una preghiera può essere sentita ed efficace, anche se molto breve.
Mosè è l’Uomo che ha avuto una forza straordinaria nel formulare preghiere: la prima, durata quaranta giorni e quaranta notti, per far perdonare il popolo ebraico dalla grave colpa dell’idolatria al vitello d’oro; la seconda, quella che abbiamo appena descritto, per far perdonare sua sorella, durata solo cinque parole.
Il fatto è che non conta la lunghezza di una preghiera; conta chi la pronuncia.
Il Signore ascolta ed accoglie le preghiere di uno zaddik.
Moscè è lo zaddik per eccellenza.
Shabbat shalom