Questa parashà prende il nome da Balàk, re dei moabiti che, spaventato dalla presenza degli israeliti ai suoi confini dopo che avevano conquistato i territori adiacenti dei re Emorei, Og e Sichòn, decise di ingaggiare il mago-profeta Bil’am per mettere su di loro una maledizione e poi cacciarli combattendo. Per prima cosa Balàk si alleò con il vicino popolo di Midiàn al quale i dignitari moabiti dissero: “Ora questa moltitudine divorerà tutti i nostri dintorni come i bovini divorano l’erba dei campi” (Bemidbàr, 22:4).
R. Naftali Tzvi Yehuda Berlin, detto Natziv (Belarus, 1816-1893, Varsavia) nel suo commento Ha’amèk Davàr a questo versetto, osserva che i moabiti non volevano dire cosa veramente pensavano e cioè che erano invidiosi degli israeliti. Pertanto dissero che temevano che gli israeliti venissero a impossessarsi di quello che apparteneva a loro. Tutto questo era una invenzione perché gli israeliti si erano comportati con loro con la massima correttezza e onestà, acquistando a prezzo pieno dai moabiti cibo e acqua, come scritto in modo esplicito in Devarìm (2:29). R. Berlin osserva che questo è un primo esempio di come si comportano gli antisemiti: inventano una narrativa per non confessare di invidiare Israele per il loro successo.
Balàk tramite dei messaggeri offrì a Bil’am tutto l’oro del mondo se fosse riuscito a maledire il popolo d’Israele. Bil’am ebbe una visione profetica nella quale Iddio gli apparve dicendogli: “Non andare con loro, non maledire quel popolo perché è benedetto” (Bemidbàr, 22:12).
Rashì (Troyes, 1040-1105) citando il Midràsh Tanchumà, scrive: “Non andare con loro”. Bil’am disse a Dio: se così li maledirò da qui. Dio gli rispose: non maledirai il popolo. Bil’am disse: se è così li benedirò. Dio gli rispose: non hanno bisogno della tua benedizione “Perché [il popolo d’Israele] è benedetto”.
R. David Meldola (Livorno, 1714-1818?, Amsterdam) nel suo commento Darkè David alla Torà, fa notare che la proposta di Bil’am di benedire il popolo d’Israele non appare nella Torà. R. Meldola vuole spiegare per quale motivo i Maestri del Midràsh affermano che Bil’am aveva proposto di benedire il popolo d’Israele se gli era proibito maledirlo. Cosa poteva importare all’Eterno se Bil’am voleva benedire il popolo d’Israele? Non è forse una cosa positiva quando perfino i nemici ti benedicono?
Al fine di rispondere a questa sua domanda r. Meldola spiega che i falsi profeti e gli astrologi, sono dei ciarlatani e per darsi importanza fanno delle grandi messe in scena con atti e parole incomprensibili al popolo che crede che si tratti di cose miracolose. Nei loro oracoli le risposte potevano essere interpretate in due modi contrari. Come per esempio: “ibis redibis non morieris in bello”(«andrai, ritornerai, non morirai in guerra», oppure «andrai, non ritornerai, morirai in guerra»). Così non potevano mai essere colti in fallo. Tutto questo è il contrario dei veri profeti che quando parlano si esprimono in termini molto chiari.
R. Meldola afferma che i Maestri del Midràsh affermano che l’Eterno non voleva che Bil’am benedisse il popolo d’Israele di sua iniziativa, affinché Bil’am non facesse credere alla gente che tutto il bene che sarebbe venuto a Israele era merito suo. Quando Bil’am diede le sue famose benedizioni a Israele alla presenza di Balàk, lo fece perché l’Eterno mise quelle parole nella sua bocca. R. ‘Ovadià Sforno (Cesena, 1475-1550, Bologna) commenta che Bil’am sapeva maledire ma non era in grado di dare benedizioni. Quando Balàk disse a Bil’am “Chi benedici è benedetto” (ibid., 22:6) lo fece solo per adularlo.