Questa parashà racconta di Bil’am, un profeta non ebreo con un potente potere che, per due volte, cerca di maledire il popolo di Israele ma per due volte D-o mette nella sua bocca parole di benedizione. Anche un terzo tentativo si conclude però con un repentino cambio di atteggiamento da parte sua: egli sta in cima alla collina e, ammirando l’accampamento dei figli di Israele, pronuncia una famosa benedizione: “Come sono belle le tende di Giacobbe… sono come dei giardini sulle rive di un fiume, come erba fragrante piantata da D-o”. Rashì spiega che Bil’am fu colpito dal vedere come erano disposte le tende all’interno del campo, poiché da ciò si percepiva un’atmosfera di modestia e rara privacy. Gli ingressi delle tende erano disposti in modo che nessuno potesse vedere nella tenda del vicino. Le parole di Bil’am da secoli fanno parte della liturgia quotidiana e rappresentano una delle basi dell’ebraismo: la modestia. La modestia coinvolge uomini e donne, cose e vestiti e perfino i comportamenti e il modo di parlare. Oggi viviamo nell’era della comunicazione, che di per sé è una cosa positiva: ma dobbiamo porci dei limiti. Dobbiamo ricordarci di applicare delle regole, tenendo conto che ciò che noi diciamo può arrivare molto lontano. Le tende rappresentano la precarietà ed è ciò che colpì Bil’am, ossia il fatto che pure in quelle condizioni di scarsa stabilità, la modestia aveva assunto un ruolo fondamentale.
Dalla newsletter Hashavua del Rabbinato Centrale Milano