“Grimsby”, il suo ultimo film, sta andando piuttosto male: un giornalista del Guardian ha provato a capire perché
Dal 7 aprile è uscito in Italia Grimsby – Attenti a quell’altro, il quinto film del comico e attore britannico Sacha Baron Cohen. Grimsby è una specie di parodia dei film d’azione (anche se alla fine ci sono pure delle vere scene d’azione) e Baron Cohen interpreta Nobby Butcher, il fratello tonto di una spia britannica. Nobby è grasso, ignorante, ha le basette alla Liam Gallagher, molti figli avuti da molte donne e una vita piuttosto banale. Ha però una venerazione per il fratello, che fa un lavoro alla James Bond ed è interpretato da Mark Strong: i due si ritrovano coinvolti in una serie di pericolose missioni in cui devono affrontare più o meno direttamente il cattivo del film, che è Penelope Cruz.
Grimsby arriva in Italia piuttosto tardi: nel Regno Unito è uscito a febbraio, negli Stati Uniti a marzo. In entrambi i paesi ha incassato poco, le reazioni del pubblico sono state tiepide e le recensioni in genere negative. Grimsby non ha nemmeno fatto parlare per le polemiche che di solito arrivano insieme ai nuovi film di Baron Cohen, un personaggio politicamente scorretto, le cui battute sono state spesso accusate di essere offensive ed esagerate. I precedenti film di Baron Cohen facevano parlare e facevano soldi: Grimsby è costato circa 35 milioni di dollari; per ora ne ha incassati meno di 30 e considerando che il suo ciclo nei principali mercati cinematografici del mondo è praticamente finito, vuol dire che non ne incasserà molti di più.
Danny Leigh, che scrive di cinema per il Guardian, ha provato a spiegare cosa è successo a Baron Cohen – che secondo lui era diventato “il re della shock comedy” – e com’è che Grimsby è invece stato un flop. L’articolo è intitolato “ascesa e caduta di Sacha Baron Cohen“. Prima della caduta, un paio di cose sull’ascesa.
L’ascesa
Baron Cohen è nato nel 1971 in una famiglia di ebrei ortodossi. Suo padre è gallese ma discendente di ebrei lituani, la madre è israeliana. “Baron”, la prima parte del suo cognome, è la versione inglese del nome Baruch, un nome proprio diffuso tra gli ebrei. Cohen è diventato famoso grazie al personaggio di Ali G, un rapper che scimmiotta i grandi e famosi rapper americani ma in realtà vive in un paesello di provincia e ha una vita molto poco gangsta, nonostante lui si impegni per far sembrare che invece lo sia. Ali G esiste dalla fine degli anni Novanta: prima come ospite di un altro programma, poi, dal 2000, come conduttore del programma tv Da Ali G Show. Nei panni di Ali G Baron Cohen intervistava importanti personalità britanniche e non: Buzz Aldrin, David Beckham, Donald Trump e Noam Chomsky, per dirne quattro.
Ali G è anche comparso in Music, un video musicale di Madonna, ed ha anche fatto delle vere canzoni, per esempio una con Shaggy: Me Julie, contenuta nel film Ali G, del 2002.
Negli anni Cohen ha recitato anche in molti film, sono però cinque quelli che si ritengono suoi, perché ne ha scritto la sceneggiatura e perché ne è l’attore protagonista. Prima di Grimsby sono usciti, dal 2002 al 2012: Ali G, Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan, Brüno e Il dittatore. Sono tutti film comici e in ognuno Baron Cohen ha fatto la caricatura di qualcuno: di un rapper bianco che vuole fare cose-di-strada come i rapper neri, di un giornalista kazako in visita negli Stati Uniti, di un giornalista di moda gay e austriaco e di un dittatore che ricorda molto Saddam Hussein.
La comicità di Baron Cohen è sempre stata provocatoria. È facile immaginare perché questa comicità piacesse al pubblico; è forse più significativo il fatto che Baron Cohen sia finito a piacere anche ad alcuni critici, che gli hanno riconosciuto la capacità di non far solo ridere, ma di fare anche delle più profonde critiche sociali, degli Stati Uniti e dei suoi preconcetti (in Borat) o del mondo della moda (in Brüno). Due film in cui ci sono scene oggettivamente particolari: in Borat c’è il protagonista nudo che fa la lotta in una stanza con un altro uomo, anche lui nudo; in Brüno c’è il protagonista gay che a Tel Aviv, in Israele, viene inseguito da ebrei ortodossi.
La caduta
Parlando di Grimsby Leigh ha scritto sul Guardian: «Ci sono state alcune risate sparpagliate qua e là, e il fulcro comico – una scena la cui più giusta descrizione è “bukkake di elefanti” – ha generato strilla isteriche. Ma per la maggior parte del tempo c’è stato silenzio. Poco prima della fine un cellulare si è messo a suonare. Il proprietario ha risposto e gli ho sentito dire, mentre usciva, “non preoccuparti, tanto fa cagare”». La sintetica recensione dell’anonimo spettatore britannico citato da Leigh sembra essere in linea con la maggior parte delle critiche fatte dai professionisti. Il flop di Grimsby potrebbe avere tre motivi: il primo ha a che fare con Sony, che ha prodotto il film; il secondo con la concorrenza che Grimsby ha avuto nei cinema in molte parti del mondo; il terzo con una parte della trama, che parla del calcio.
Primo: Grimsby è stato girato nell’estate 2014, pochi mesi prima che venissero diffusi i documenti e le mail interne di Sony Pictures e pochi mesi prima di tutti quei problemi che ebbe The Interview, un altro film comico e politicamente scorretto. È possibile, scrive Leigh, che nei mesi in cui Grimsby è stato montato per gli uffici della Sony Pictures non ci fosse molta voglia di far uscire un altro film controverso e che avrebbe potuto portare guai. Quella che vediamo è quindi, secondo Leigh, una versione ripulita ed epurata di tutte le cose più estreme: pare per esempio che ci fosse una scena, poi tagliata, in cui la regina Elisabetta trasmetteva il virus dell’HIV al papa.
Secondo: Grimsby in molte parti del mondo si è trovato a uscire insieme, poco prima o poco dopo Deadpool, un altro film con scene d’azione e battute comiche, spesso scorrette e piuttosto estreme considerando gli standard di altri film.
Terzo: non è il vero centro della trama, ma Grimsby parla anche di calcio. E il calcio non piace negli Stati Uniti, il paese in cui si decide gran parte del successo di un film: specie se è un film come Grimsby, che per ovvi motivi non è uno di quei pochi film che la Cina decide di trasmettere nei suoi cinema. «È la regola numero uno», ha scritto Hollywood Reporter, facendo riferimento a una sorta di regola non scritta di Hollywood: «non fare mai – mai – un film in cui il calcio sia parte della trama».
Leigh prova a spiegare cos’è successo a Baron Cohen anche guardando ai suoi personaggi: Ali G funzionava perché molti degli intervistati non sapevano che era una parodia, lo credevano uno vero e da lì nasceva gran parte della comicità. Più Ali G è diventato famoso, più quella finzione è diventata difficile. E allora è arrivato Borat, che è andato a fare negli Stati Uniti quello che Ali G faceva soprattutto nel Regno Unito: far credere di essere vero. Borat piacque: Baron Cohen vinse il Golden Globe come attore e il film fu candidato all’Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale.
Il problema di Borat diventò però quello di Ali G: era un personaggio troppo famoso per continuare a esistere. Baron Cohen creò allora Brüno, per provare a usare meccanismi simili in un contesto diverso. Andò bene, ma non bene come con Borat. Leigh scrive che con Il dittatore e ancora di più con Grimsby Baron Cohen si è normalizzato, togliendo la critica sociale e l’ironia dovuta al mettere un personaggio finto in un contesto vero e lasciando le cose che fanno ridere-e-basta. Cose che però, a quanto pare, non fanno ridere abbastanza.