Aspetti meno noti della poesia ebraica
di Elio Piattelli
Molto è stato scritto sulle parti poetiche della Bibbia; un po’ meno sulla poesia medioevale e moderna; meno ancora sulla poesia profana. Pur non ripromettendoci di “colmare questa lacuna”, dato che non è nostra intenzione di redigere una storia di questa parte della letteratura, vogliamo presentare ai lettori di Alef-Dac qualcuna delle poesie appartenenti ai generi più diversi: poesie d’amore, lodi della natura, poesie umoristiche e satiriche, lodi del vino, ecc.
Come primo saggio di questi argomenti abbiamo scelto la “Partita a scacchi” attribuita ad Avrahàm ibn Ezrà, l’ultimo, in ordine di tempo, dei grandi poeti del glorioso periodo spagnolo. (1)
Due parole soltanto sulle strutture di queste poesie; esse sono caratterizzate:
1) dall’uso della rima, che è sempre ricca, e cioè formata da una sillaba completa, comprendente l’ultima consonante e l’ultima vocale;
2) dalla metrica quantitativa, e cioè dall’alternarsi delle lunghe e delle brevi, con schemi diversissimi; va osservato che sono considerati brevi solo lo sheva na’ e i chatufim; tutte le altre vocali sono considerate lunghe;
3) talvolta, da strutture strofiche precise; ma questa non è una regola assoluta; molto spesso una sola rima vale per tutta la composizione, senza che vi sia un numero di versi determinato, né un raggruppamento di versi determinato;
4) dal fatto che in molte di queste poesie, come nella poesia biblica, vale il principio del parallelismo, e cioè la seconda metà del verso può:
a) ripetere il concetto della prima parte con altre parole;
b) completare il concetto della prima parte;
c) esprimere un contrasto con l’idea espressa nella prima parte;
5) è inoltre abbastanza frequente l’uso dell’acrostico: in alcuni casi conosciamo il nome dell’autore solo perché ogni strofa comincia con una lettera del suo nome.
Il gioco degli scacchi
Canterò un canto su una battaglia / progettata fin dai giorni lontani e passati / Uomini abili e saggi l’hanno organizzata / su una pianura divisa in otto parti / e ripartita in tanti riquadri. / Due accampamenti si fronteggiano, / ed i re stanno in battaglia / e la lotta è fra loro due. / Rivolta alla guerra è la faccia di ciascuno, / ed ognuno è accampato o si muove. / Tuttavia non si sfoderano spade, / perché la loro è una guerra di pensieri. / (I guerrieri) si riconoscono dai segni / che son sigillati e scritti sui loro corpi; / e colui che li vede, pensa / che siano edomiti ed etiopici / coloro che si combattono. / Le forze etiopiche / invadono il campo di battaglia / e gli edomiti le inseguono. Primo in battaglia, il pedone / viene a combattere sulla strada, / camminando sempre dritto innanzi a sé; / ma se fa un prigioniero, si muove di lato. / Non si allontana della sua strada / e non può mai tornare indietro; / al principio può avanzare / all’interno di tre riquadri. / Se avanzando in battaglia / raggiunge l’ottava fila, / diventa a tutti gli effetti una regina, / e combatte come lei. / La regina volge i suoi passi / dove vuole in ogni senso. / L’elefante (alfiere) avanza o retrocede; / sta di lato, come in agguato; / il suo modo di procedere è simile a quello della regina; / ma essa ha vantaggio su di lui, / perché esso può fare solo tre passi. / Il cavallo è veloce in battaglia, / muovendo su una via contorta; / sui riquadri, tre è il suo limite. / Il vento (torre) muove dritto sul sentiero di guerra/ nel campo, in lungo e in largo, / ma non ricerca vie traverse: / (segue) solo vie dritte, senza perversità. / Il re si muove da ogni parte, / dando aiuto ai suoi sudditi; / è cauto nelle sue azioni, / sia che combatta o che si accampi. / Se il nemico viene a spaventarlo / fugge dal suo posto con terrore, / o il vento (torre) gli dà rifugio. / Talvolta deve fuggire davanti al nemico; / talvolta delle moltitudini l’aiutano; / tutti si uccidono l’un l’altro, / distruggendosi con grande ira. / Uomini forti di entrambi i sovrani / cadono uccisi, ma senza spargimento di sangue. / L’Etiopia talvolta trionfa, / Edom fugge davanti a lei; / talvolta è vittorioso Edom: / L’Etiopia e il suo sovrano / sono sconfitti in battaglia. / Se il re, una volta sconfitto, / cade in potere del nemico, / non gli si fa mai grazia, / non può esser liberato, / né fuggire in una città di rifugio. / Giudicato dai nemici, senza ricatto, / per quanto non ucciso, è perduto. / Le schiere sono distrutte intorno a lui, / Dànno la vita per la sua liberazione. / Schiacciata e svanita è la loro gloria; / tuttavia combattono di nuovo la battaglia, / perché dopo la morte vi è la resurrezione.
Metro: merubbé (arabo wafil)
schema: breve, lunga, lunga, lunga/ breve, lunga, lunga, lunga / breve, lunga, lunga.
Rima: ogni coppia di versi ha la sua rima.
Esempio:
ashorer shir bemilchama / arukha keduma min / yeme kedem / nesukha.
(1) Poeta, grammatico, commentatore della Bibbia, filosofo, astronomo e medico, Ibn Ezrà nacque a Tudela, e visse in Ispagna fino al 1140. Passò poi in Italia (Roma e Lucca), in Provenza (Narbonne e Béziers) e nella Francia del Nord (Rouen, Dreux). Si crede che in vecchiaia sia emigrato in Eretz Israel (1089-1164).