Punizione, disperazione e speranza
Traduzione di G. Limentani
E la Gloria del Signore Si dipartì dalla soglia del Tempio (1). Rabbi Achah ha detto: «Si può paragonare a un re che ha abbandonato il suo palazzo in un momento d’ira. Dopo averlo abbandonato torna indietro, bacia piangendo le sue mura e le sue colonne e dice: «Addio, addio mio palazzo! Addio dimora del mio regno! Addio mia preziosa casa!”».
E il Signore delle Schiere chiamò in quel giorno al pianto e al lutto (2). Quando decise di distruggere il Santuario, Dio disse: «Finché Io vi sarò dentro le nazioni del mondo non riusciranno a toccarlo, devo quindi costringere i Miei occhi a stornarsi da esso. Giurerò di non lasciarmene coinvolgere fino alla fine dei tempi (3), e lascerò che i nemici vi entrino e lo distruggano». Dio giurò con la mano destra e la nascose dietro di Sé.
Di questo è detto: Ritrasse la Sua destra di fronte al nemico (4). Nello stesso istante i nostri nemici entrarono nel Santuario e lo distrussero. Quando fu distrutto, Dio disse: «Non ho più una dimora sulla terra. Ritrarrò quindi la Mia presenza e salirò alla Mia dimora originale». In quell’ora Dio pianse e disse: «Aimeh, che cosa ho fatto? Ho lasciato che la Mia presenza dimorasse in basso per amore d’Israele, e ora che Israele ha peccato sono tornato al Mio luogo d’origine».
* * *
Quindi Dio disse agli angeli addetti al Suo servizio: «Venite e andiamo, voi e Io, alla Mia casa, per vedere quel che i nemici vi hanno fatto». Immediatamente Dio andò con gli angeli addetti al Suo servizio, e Geremia li precedeva. Quando Dio vide il Santuario, disse: «Certo questa è la Mia casa, la Mia dimora, dove i nemici sono entrati e hanno fatto tutto quello che hanno voluto». In quell’ora Dio pianse e gridò dicendo: «Aimeh, per la Mia casa! Figli Miei, dove siete? Dove siete Miei Cohanim e Miei Leviti? Che cosa devo fare per voi? Troppe volte vi ho ammoniti e voi non vi siete pentiti». E Dio disse a Geremia: «Oggi sono come uno che ha preparato la chuppah (5) per il suo unico figlio, e cui il figlio è morto sotto la chuppah. E voi non vi angosciate per Me e per Mio figlio? Andate a chiamare Abramo, Isacco, Giacobbe e Mosè, traeteli dalle loro tombe, perché loro sanno piangere». Ed egli (6) disse al Suo cospetto: «Signore dell’Universo, non so dov’è sepolto Mosè». E Dio gli disse: «Vatti a mettere sulla riva del Giordano e leva la tua voce: «Figlio di Amram, levati e vieni a vedere come il tuo gregge è stato inghiottito dai nemici!”».
Immediatamente Geremia andò alla grotta di Makhpelah e disse ai Patriarchi: «Levatevi! È venuto per voi il tempo di essere chiamati al cospetto di Dio». Gli dissero: «In che cosa questo giorno è diverso da ogni altro giorno, che è richiesta la nostra presenza al cospetto di Dio?». Disse loro: «Non lo so», perché aveva paura che gli dicessero: «Nei tuoi giorni è accaduto questo ai nostri figli!». Geremia li lasciò, andò a mettersi sulla riva del Giordano e gridò: «Levati, figlio di Amram, è venuto il tempo in cui la tua presenza è richiesta al cospetto di Dio». Disse (7): «In che cosa questo giorno è diverso da ogni altro giorno, che è richiesta la mia presenza al cospetto di Dio?». E Geremia gli disse: «Non lo so». Mosè lo lasciò e si recò dagli angeli addetti al servizio divino, che conosceva dai tempi in cui fu data la Torah: «Servitori eccelsi, sapete perché la mia presenza è richiesta al cospetto di Dio?». Gli dissero: «Non sai, figlio di Amram, che il Santuario è stato distrutto e che Israele è andato in esilio?».
Immediatamente (8) lacerò il manto di gloria con cui il Signore lo aveva vestito, si portò le mani alla testa e gridò e pianse finché non ebbe raggiunto i Patriarchi. I Patriarchi gli dissero: «Mosè, pastore d’Israele, in che cosa è diverso questo giorno da ogni altro giorno?». Ed egli disse loro: «Padri dei miei padri! Non sapete che il Santuario è stato distrutto e che Israele è andato in esilio fra le nazioni del mondo?». Immediatamente anch’essi si lacerarono gli abiti, si portarono le mani alla testa e camminarono gridando e piangendo finché non ebbero raggiunto il Santuario. Quando li vide… Il Signore delle schiere chiamò in quel giorno al pianto e al lutto, alle flagellazioni e a cingere il sacco (9), e se queste parole non fossero un verso della Scrittura, sarebbe impossibile dirle. E piansero, e andarono da una porta all’altra come un uomo davanti ai suoi morti. E Dio gemette: «Infelice il re che prospera in gioventù, ma non nella vecchiaia!»
Quando il Santuario fu distrutto, Abramo si esentò a Dio strappandosi la barba e i capelli. Si colpì il viso, si lacerò le vesti e si cosparse il capo di cenere. Si aggirò per il Santuario piangendo e gridando e disse al cospetto del Signore: «In che cosa sono diverso da tutti gli altri uomini, che mi è toccata questa vergogna?». E quando gli angeli addetti al servizio divino lo videro, anch’essi si unirono ai suoi lamenti, una fila dopo l’altra, e dissero: «Divengono desolati i sentieri. È cessato il passaggio nelle vie (10). Come sono desolati i sentieri che Tu hai costruito per Gerusalemme, perché il passaggio non vi cessasse mai e dove Israele passeggiava avanti e indietro nei giorni di festa!».
In quell’ora Dio si avvicinò agli angeli addetti al Suo servizio e disse loro: «Perché vi lamentate?». Risposero: «Per via di Abramo che Ti ha amato, ed è venuto alla Tua casa e si è lamentato e ha pianto. Perché non l’hai ascoltato?». Disse loro: «Dal giorno in cui si è staccato da Me per recarsi alla sua dimora eterna, il Mio diletto non si è mai recato alla Mia casa. Che cosa fa nella mia casa adesso? (11)». E Abramo disse al cospetto di Dio: «Signore dell’Universo! Perché hai esiliato i miei figli e li hai consegnati alle nazioni che li hanno uccisi nei modi più terribili? Perché hai distrutto il Santuario nel luogo dove portai mio figlio Isacco come un’offerta a Te?». E Dio disse ad Abramo: «I tuoi figli hanno peccato e hanno violato l’intera Torah, comprese le sue ventidue lettere». E Abramo disse al cospetto di Dio: «Signore dell’Universo! Chi può testimoniare che Israele ha violato la Tua Torah?». E Dio rispose: «Che la Torah venga a deporre contro Israele».
Immediatamente la Torah venne per deporre contro Israele e Abramo le disse: «Figlia mia, vieni per deporre contro Israele che ha violato i tuoi precetti, e non provi vergogna davanti a me? Non ricordi quando Dio ti ha offerta a una nazione dopo l’altra, e tutte ti hanno rifiutata finché i miei figli non sono arrivati al monte Sinai, e lì ti hanno accettata e onorata? E tu vieni a deporre contro di loro nel giorno della loro sventura?». Quando la Torah udì ciò, si fece da parte e non depose contro di loro.
E Dio disse ad Abramo: «Le ventidue lettere deporranno contro Israele». Immediatamente le ventidue lettere vennero. La Alef venne e testimoniò che Israele aveva violato la Torah, ma Abramo disse: «Alef! Tu, che sei la prima lettera, sei venuta a deporre contro Israele nel giorno della sua sventura? Non ricordi il giorno in cui Dio si rivelò sul monte Sinai e cominciò a parlare per tuo mezzo dicendo: Anokhi ha-Shem Eloekha (12), e nessuno ti aveva voluta prima dei miei figli? E ora vieni a deporre contro i mei figli?». Immediatamente l’Alef si fece da parte e non depose contro di loro.
La Bet venne a deporre contro Israele e Abramo le disse: «Figlia mia, sei venuta a deporre contro i miei figli che hanno studiato con diligenza i cinque libri della Torah, della quale tu sei la prima lettera?». Immediatamente la Bet si fece da parte e non depose.
Quando le altre lettere capirono che Abramo le aveva ridotte al silenzio, provarono vergogna, si fecero da parte e non deposero contro Israele.
Immediatamente Abramo prese a parlare al cospetto di Dio: «Signore dell’Universo! Quando avevo cento anni Tu mi hai dato un figlio, e quando fu in grado di capire, a trentasei anni, mi dicesti: “Portamelo come un’offerta”. Fui rude con lui, non mi mossi a compassione e lo legai io stesso. Non vuoi ricordare questo per amor mio e avere pietà dei miei figli?».
Isacco cominciò a parlare e disse: «Signore dell’Universo! Quando mio padre mi disse: “Dio provvederà all’agnello per l’offerta, figlio mio (13)”, io non opposi resistenza alle Tue parole e di buon grado mi lasciai legare all’altre. Tesi anzi il collo al coltello. Non vuoi ricordare questo per amor mio e avere pietà dei miei figli?».
Giacobbe prese a parlare e disse: «Signore dell’Universo! Non sono rimasto in casa di Labano per venti anni? Quando poi uscii dalla sua casa l’iniquo Esaù mi venne contro e voleva uccidere i mei figli, ma io offrii la mia vita per la loro. E adesso sono stati consegnati ai loro nemici come un gregge destinato al macello, dopo che li ho allevati come uccelli nel nido e ho sofferto le ansie dell’allevar figli. Non vuoi ricordare questo per amor mio e avere pietà dei miei figli?».
Mosè prese a parlare e disse: «Signore dell’Universo! Non sono forse stato il fedele pastore d’Israele per quarant’anni, e nel deserto non l’ho forse preceduto come un cavallo? Quando è venuto per lui il momento di entrare nella Terra, hai decretato che le mie ossa rimanessero nel deserto, e ora che sono andati in esilio mi fai chiamare perché mi lamenti e pianga su di loro? Non somiglia tutto questo al proverbio che dice: La bontà del mio Signore non è un bene per me, e la sua severità è per me un male?».
* * *
In quel momento la nostra madre Rachele si gettò ai piedi di Dio e disse: «Signore dell’Universo! Ti è noto che Giacobbe mi amava teneramente e che per avermi servì mio padre sette anni. Quando venne per me il momento di sposare mio marito, mio padre mi sostituì con mia sorella, maio di mia sorella non ho provato gelosia e non l’ho esposta alla vergogna. E se io, che sono di carne e di sangue, polvere e cenere, non sono stata gelosa di colei che mi dava dolore, perché Tu, il Dio vivente, eterno e misericordioso, sei stato tanto geloso degli idoli nei quali non c’è nulla di reale, da esiliare i miei figli?» Immediatamente Dio si mosse a pietà e disse: «Per amor tuo, Rachele, farò tornare Israele nel luogo e gli appartiene». E di questo è detto: Così disse il Signore: S’ode una voce in alto, un lamento, un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata (14). Ed è anche detto: Trattieni la tua voce dal pianto e i tuoi occhi dal versar lacrime, perché le tue pene verranno ricompensate… c’è speranza per il tuo avvenire… e i tuoi figli torneranno nei loro confini (15).
(Tradotto da «The book of hour heritage» di Eliahu Kitov).
(1) Ezechiele X – 18.
(2) Isaia XXII – 12.
(3) Il tempo della redenzione.
(4) Lamentazioni II – 2.
(5) Il baldacchino nuziale.
(6) Geremia.
(7) Mosè.
(8) Mosè.
(9) Isaia XXII – 12.
(10) Isaia XXXIII – 7.
(11) Geremia XI – 15.
(12) «Io sono il Signore Dio tuo» – La prima lettera del primo Comandamento è un’Alef.
(13) Genesi XXII – 8.
(14) Geremia XXXI – 14.
(15) ibid. 15-16.