Dinim in pillole
Digiuno del 17 Tammuz
1) Fin dall’epoca dell’esilio babilonese il popolo d’Israele adottò l’uso di ricordare con digiuni le date in cui erano accadute gravi sventure.
2) Il digiuno, oltre che ad esprimere il dolore, serve a far meditare l’uomo sulle proprie azioni, e quindi a condurlo alla Teshuvà (pentimento, ritorno a Dio e alla Torà).
3) Il digiuno del 3° mese (shiv’à’asàr be-tammùz = 17 di Tammuz, quest’anno il 1° luglio) ricorda varie sventure: la rottura delle tavole da parte di Mosè, l’interruzione della presentazione del sacrificio quotidiano nel 1° Tempio (586 a.e.v.), la breccia fatta dai Romani nelle mura di Gerusalemme (70 e.v.) ecc.
4) Il digiuno consiste nell’astensione completa da ogni cibo e bevanda dall’alba allo spuntare delle stelle.
5) Nelle preghiere del mattino e del pomeriggio si inserisce l’‘Anenu (nella 16a benedizione della ‘amidà), e si aggiungono preghiere speciali, selichot, in ricordo degli avvenimenti che, nel corso della storia, accaddero in quello stesso giorno.
6) Durante la preghiera del mattino e del pomeriggio vengono letti sul Sefer Torà i passi relativi al perdono accordato da Dio al popolo d’Israele dopo il peccato del vitello d’oro (Esodo 32°, 11-1′; 34°, 1-10). Alcuni usano leggere tutto il passo (Esodo 32°, 11; 34°, 10), in quanto vi sono narrate la punizione inflitta agli adoratori del vitello d’oro e la rottura delle tavole della legge.
7) A minchà si legge una haftarà (brano protetico) in cui l’uomo viene invitato a rivolgersi a Dio e a ritornare a Lui ‘Isaia 55°, 6; 56°, 8). La lettura della haftarà è preceduta e seguita dalle consuete benedizioni: si omette solo l’ultima.
8) In Italia e in alcune altre Comunità, chi fa il digiuno usa indossare i tefillin anche durante la preghiera di minchà.
Ben Ha-Metzarim
1) Le tre settimane che vanno dal 17 di Tammuz al 9 di Av (1°-22 luglio, quest’anno) si considerano periodo di lutto e vengono chiamate «Ben ha–mezarim» (tra le distrette). Infatti quando il nemico attaccò Israele, nessuno trovò scampo, come se la battaglia, anziché in campo aperto, fosse stata combattuta fra le gole di una montagna.
2) in questo periodo non si celebrano matrimoni, ci si astiene dall’indossare abiti nuovi, dal mangiare primizie e, se è possibile un rinvio, ci si astiene, in genere, da tutti quegli atti che vanno preceduti dalla benedizione di Shehechejanu.
3) Nei tre sabati compresi in questo periodo (secondo il rito italiano solo nel terzo sabato), si leggono come haftarot dei giorni speciali in cui Israele viene ammonito dai profeti per le sue colpe e avvisato delle punizioni che lo colpiranno. Questi sabati sono chiamati: telatà de–fur ‘anutà, i tre sabati del castigo. Ciascuno di essi rende il nome dalla prima parola della haftarà, e cioè: Divrè, Shim’ù, Chazhòn.
4) I segni di lutto si fanno più severi con l’inizio del mese di Av e soprattutto nella settimana in cui cade Tish’à be-Av (= T.B., 9 di Av). In questi giorni non si mangia carne e non si beve vino, non ci si tagliano la barba e i capelli e non si fanno bagni di immersione completa.
5) Gli ebrei ashkenazhiti e quelli di alcune comunità sefardite usano anticipare le suddette manifestazioni di lutto all’inizio del mese di Av. Non tutti concordano sull’uso di astenersi dal bere vino.
6) Chiunque partecipi a una se’udàt mizwà (pasto che segue a una milà, a un pidjon ecc.) può bere vino e mangiare carne.
7) La carne rimasta dal pasto sabbatico può essere consumata anche nella settimana in cui cade T.B.
8) Se per motivi di salute (non gravi) si deve mangiare carne, è consigliabile consumare carne di pollo, perché non veniva presentata sull’altare.
9) Dal 1° di Av secondo i più rigorosi, e solo nella settimana in cui cade T.B. secondo altri, non si usa fare il bagno completo. È tuttavia permesso un bagno per scopi igienici, e preferibilmente in acqua fredda o appena tiepida.
10) Nella Se’udà ha–mafseqet (S.H. = pasto dopo il quale, in generale, è proibito mangiare) non si possono mangiare due pietanze diverse.
11) Nella S.H. si usa mangiare uova sode e lenticchie (simboli di lutto).
12) È permesso mangiare frutta e verdura fresca, formaggi, burro, ecc. nella quantità desiderata.
13) Alcuni usano mangiare seduti per terra. Non si deve mangiare in gruppi di tre o più persone perché non si sia poi obbligati a fare lo zimmun (invito alla benedizione dopo il pasto).
14) Quanto sopra vale solo se è passato mezzogiorno e se non si ha intenzione di fare un altro pasto regolare (se‘udat qeva‘) prima del digiuno.
15) Se la vigilia di T.B. cade di shabbat, si può mangiare carne e bere vino anche nella S.H. Si deve terminare la S.H. mentre è ancora giorno.
16) Dopo la S.H. è ancora permesso mangiare o bere, a meno che non si sia già stabilito esplicitamente il contrario.
17) È comunque proibito mangiare da 20 minuti prima del tramonto del sole.
18) La vigilia di T.B., durante la preghiera di Minchà non si dice Tachannun (implorazioni di perdono).
Tish’à Be-Av – Il digiuno
1) T.B. ricorda la distruzione del 1° e del 2° tempio di Gerusalemme e altre gravi sventure. In questo giorno è proibito:
a) lavarsi, se non le dita e la faccia. Chi, però, ha le mani sporche se le può lavare. È proibito lavarsi i denti e la bocca, a meno che non comporti dolore o fastidio eccessivo. In tal caso si deve comunque tener la testa all’ingiù;
b) ungersi con creme, olii (a meno che non sia per fini sanitari);
c) calzare scarpe di cuoio. Sono permesse scarpe di gomma, pezza, ecc.;
d) avere rapporti sessuali;
e) mangiare e bere da 20 minuti prima del tramonto dell’8 al comparire di tre stelle il 9 di Av.
2) Le donne in stato di gravidanza o di allattamento fanno il digiuno, tuttavia è bene che prima consultino un medico.
3) Un malato non grave e una partoriente (fino a trenta giorni dopo il parto) fanno il digiuno se non ne provano gran disagio. È bene comunque che consultino un medico).
4) Le persone troppo deboli, alle quali il digiuno potrebbe provocare dei gravi disturbi, sono esonerate dal digiuno. È bene comunque consultare un medico e un Rav.
5) Il giorno di T.B. non si saluta, ma se si viene salutatisi può rispondere a bassa voce.
6) È permesso lavorare, ma è preferibile astenersi dal lavoro a meno che non si debba fare qualcosa di urgente.
7) È proibito studiare la Bibbia, il Talmud, la Halachà ecc., perché lo studio rallegra lo spirito.
8) Si possono leggere Giobbe, i capitoli di Geremia che annunciano disgrazie, le lamentazioni e i commenti relativi.
Le preghiere
1) La sera della vigilia e il giorno di T.B. fino a minchà, al Tempio, si siede in terra.
2) Si accende solo un lume per leggere alla sua luce il libro delle Lamentazioni ed altre elegie.
3) La preghiera della sera varia da rito a rito, anche se alcuni elementi sono costanti, es.: si leggono il libro delle Lamentazioni ed altre elegie, si omette la prima parte di «U–và le–Zion» che contiene brani di consolazione, ecc.
4) Nella ‘amidà, nella benedizione per Gerusalemme, si inserisce «Rachem» o «Nachem» (a seconda delle usanze: il rito italiano usa la prima formula per le preghiere di ‘arvith di shachrith, la secondo per minchà) e «’anenu» nella benedizione «shomea‘ tefillà».
5) Se il giorno di T.B. cade di sabato sera, nella ‘amidà si dice «Attà hivdalta» e non si fa la havdalà, ma si recita solo la benedizione sui lumi (borè meorè ha–esh). All’uscita di T.B. si fa la havdalà omettendo però le benedizioni sui profumi e sui lumi.
6) Nelle benedizioni del mattino si omette la benedizione «she–asà li kol zorchai» (che mi ha fatto tutto ciò di cui ho bisogno) perché non si possono calzare scarpe di cuoio.
7) È obbligo mettere i tefillin anche il giorno di T.B.: in Italia si usa mettere i tefillin a minchà, in altre comunità invece si mettono a shachrith e poi si tolgono prima di recitare le Lamentazioni e le elegie.
8) Non si dice «Tachannun» (preghiere di supplica per le colpe commesse), perché T.B. è chiamato mo‘ed (e di mo‘ed non si dice Tachannun).
9) Siccome il 9 di Av viene considerato mo‘ed, è proibito sedere per terra a minchà, proprio per inserire un elemento di consolazione nel lutto della giornata).
10) Si usa chiamare alla lettura del sefer Torà di minchà le stesse persone che sono state chiamate al mattino.
11) Dopo minchà si usa leggere brani di consolazione (anche se non tutti sono concordi in proposito).
In Italia e in molti altri paesi le donne usano lavare e mettere in ordine la casa dopo minchà.
12) Dopo ‘arvith, all’uscita di T.B., si di ce la «birkàt ha–levanà» la benedizione per la luna nuova.
13) È usanza comunemente accettata di non mangiare carne fino al giorno seguente (anche se T.B. è stato rinviato al 10° di Av), in ricordo del fatto che il Tempio continuò a bruciare anche durante parte di quel giorno.
Shiv’à de-nechamatà
1) Dal sabato seguente il 9 di Av si leggono haftarot (brani profetici) di consolazione: secondo il rito sefardita e ashkenazita i sabati sono sette, secondo quello italiano solo tre.
2) Se il Capo mese di Elul cade di sabato, i sefarditi leggono la haftarà di consolazione che si dice quel sabato (Ronnì ‘aqarà), mentre gli ashkenazim dicono la haftarà di shabbat rosh chodesh (perché contiene anche brani di consolazione), e rimandano al sabato seguente la haftarà di consolazione.
3) Se Rosh chodesh Elul cade di domenica, ashkenazim e sefardim non dicono la haftarà di machar chodesh (haftarà che si dice quando shabbat è vigilia di Rosh chodesh).
a cura di s.b.