Concezioni a confronto
Il Messia ebraico, ossia il Messia così come è stato concepito dall’ebraismo biblico e talmudico, è un redentore potente, che manifesta la sua forza sia spiritualmente che materialmente, e che alla fine dei giorni procurerà la redenzione completa, politica, economica e spirituale per il popolo d’Israele, e contemporaneamente porterà la pace eterna, la felicità e la perfezione morale per tutta la specie umana.
Il Messia ebraico è un uomo figlio di uomini, di carne ed ossa come tutti i mortali. Giustino (nel Dialogus cum Tryphone Judeo, cap. 49) mette in bocca a Rabbì Tarfon le seguenti parole: “Noi ebrei tutti aspettiamo un messia uomo figlio di uomini”. Questo concetto di messia umano è rimasto nell’ebraismo fino ad oggi. È vero che nel Talmud si include il nome del Messia fra “le sette cose che furono create prima della creazione del mondo” (Pesachim 54b, Nedarim 39b), e un concetto simile si trova nel libro di Enoch l’etiope (48:3): ma certamente in questi passi ci si riferisce all’idea del Messia e della redenzione.
Il Messia è pervaso dallo spirito della saggezza e dell’intelligenza, dell’assennatezza e della forza, della conoscenza e del timore di Dio. Ha una sensibilità particolare per la giustizia. Egli “odora e giudica” (Sanhedrin 93b), “percuoterà la terra con le sue labbra, e con il suo fiato farà morire il malvagio” (Isaia il:4). Il Messia figlio di David è il Re della pace: “Quando il Messia si rivelerà a Israele, sarà tramite la pace, come è detto: ‘Quanto è bello vedere sui monti i passi dell’annunciatore che fa udire parole di pace…!’ (Isaia 52:7); e il suo nome è Shalom, come è detto (ibi. 9:5): ‘Padre eterno, principe della pace’ (Derech Eretz Zutà, cap. 11, Della pace)”.
L’azione del Messia
Qual è, principalmente, l’azione del Re-Messia? Egli verrà a redimere Israele dall’esilio e dall’oppressione, e libererà il mondo intero dalla povertà, dalla sofferenza, dalle guerre, e innanzitutto dall’idolatria e da tutto ciò che a questa è collegato: le colpe dell’uomo verso Dio e verso i suoi simili. Ai giorni del Messia la pace regnerà nel mondo, fra uomo e uomo, fra gli animali e l’uomo, e soprattutto fra popolo e popolo. Tutti i popoli infatti si convertiranno alla fede dell’Unico Dio: nell’Alenu, il brano conclusivo della preghiera recitato tre volte al giorno dai figli di Israele, si esprime la speranza che Dio affretti la costituzione di “un mondo sotto il dominio dell’Onnipotente, nel quale tutti gli uomini invocheranno il Suo nome, e a Lui torneranno tutti i malvagi della terra. In cui tutti gli abitanti del mondo riconosceranno e sapranno che davanti a Lui deve piegarsi ogni ginocchio… e tutti accetteranno il giogo nel suo regno”.
OItre alla liberazione dall’oppressione, dal male e dall’idolatria, cioè dal male che sta nell’uomo, il Messia libererà l’uomo dal male che è insito nella natura. Non ci saranno più serpenti velenosi e animali predatori, o meglio, ci saranno ma non recheranno danno. La terra produrrà un’abbondanza di prodotti e l’uomo ne godrà senza dover affaticarsi. Per quanto riguarda il popolo d’Israele, non solo esso risiederà libero nella sua terra, ma tutti gli ebrei dispersi verranno raccolti dai quattro angoli del mondo e ricondotti nella terra d’Israele. Tutti i popoli riconosceranno l’unità e la sovranità del Dio d’Israele e della Sua Torà, e il Re-Messia, Re di giustizia, sarà anche Re di tutti i popoli.
Non per tutti il Messia è un uomo
Non in tutti i libri dei Profeti viene ricordato un messia umano. Nei libri di Nachum, Zefanià, Chabbaquq, Malachì, Yoel, e Daniel l’unico redentore è Dio stesso. Nei libri di Amos, Yechezqel e Ovadià e nel libro dei Salmi si parla di un Messia collettivo: i “salvatori”, i “giusti” che redimono il mondo in virtù della loro giustizia e della loro bontà. Nei libri di Chaggai e Zecharià il Messia non è altri che Zerubavel, un discendente, realmente esistito, della casa di David. E in Isaia (cap. 40 e ss.) il Messia è il popolo di Israele stesso. Nel Talmud Rabbì Hillel (da non confondersi con Hillel il Vecchio (arriva a dire: “Non ci sarà più un messia per Israele, dopo i tempi del Chizkià”. A questa opinione si oppone duramente Rav Yosef; “Il Signore lo perdoni (per aver detto cose senza senso)” (Sanhedrin 98b e 99a). Rimane il fatto, tuttavia, che un ebreo, fedele alla sua religione e al suo popolo, poteva raffigurarsi la redenzione svincolata da un redentore umano: il Santo, Benedetto Egli sia, sarà il Redentore.
Comunque, quest’ultima concezione non ebbe successo nell’ebraismo. La fede nella venuta del Messia è invece divenuta il dodicesimo dei “Tredici articoli di fede” formulati dal Maimonide. Non c’è però da meravigliarsi che fosse sorta, in un certo periodo, la visione della redenzione senza un messia: la salvezza infatti, viene da Dio e per tramite di Dio. Il Messia è solo uno strumento nelle mani di Dio. Il Messia è un uomo, simile a tutti gli altri uomini mortali, che ha il pregio di possedere le migliori qualità che un uomo possa avere. Un uomo caratterizzato dalla perfezione insieme fisica e spirituale.
Persino Filone Alessandrino vede nel Messia non solo l’aspetto spirituale e morale, ma anche una “forza fisica” invincibile”, che si erge a “combattere e sconfiggere popoli grandi e numerosi”, e insieme a ciò caratterizzato dalla “santità e il bene agire” (De praemiis et poenis, 16: 95-97).
Il progresso verso la “fine dei giorni”
Infine, il regno messianico verrà alla “fine dei giorni”. La differenza fondamentale fra la cultura ebraica e quella greca, sta nel fatto che i greci (e i romani) vedevano “l’epoca d’oro” antecedente a loro, all’inizio della storia, mentre gli ebrei la vedevano alla fine di essa. L’umanità è intrisa di malvagità e iniquità e per questo è imperfetta. La perfezione verrà solo alla “fine dei giorni”, quando il male e la guerra saranno eliminati, e “il lupo dimorerà con l’agnello” e “la terra si riempirà della conoscenza di Dio com e il mare dell’acqua”.
L’idea della perfezione è anche la grande idea del progresso che sta alla base dell’ebraismo. Il popolo ebraico e tutta l’umanità di oggi hanno bisogno di un continuo progresso per giungere alla perfezione, che si può ottenere tramite il ritorno alla retta via e alle buone azioni, e questo porterà ai “giorni del Messia”. È sì vero che il Messia è incluso fra le “tre cose che capitano senza accorgersene” (Sanhedrin 97a): ma è anche detto che il giorno in cui il Messia verrà è fra le “sette cose nascoste alla conoscenza dell’uomo” (Pesachim 54b; Mechiltà, Be–shallach, 5). Il “venire senza accorgersene” non va inteso dunque nel senso che il Messia verrà senza preparazione, ma che è impossibile prevedere quando tale preparazione da parte degli uomini sarà ultimata.
Il Messia nel cristianesimo
Il cristianesimo è tutto basato sulla persona del Messia. Questo è un fatto evidente. Quando gli abitanti di Antiochia iniziarono a separare da una parte i fedeli a Gesù, e dall’altra gli ebrei che ancora aspettavano il Messia e i greci idolatri, non trovarono per i seguaci di Gesù un nome più adatto di “cristiani”, che deriva appunto dalla parola greca “Cristo” (“Messia”) (Atti degli apost. 11:26). All’inizio, l’unica differenza fra ebrei e cristiani era che gli uni credevano che il Messia sarebbe venuto in futuro, e per gli altri, invece, era già venuto.
All’inizio, l’unica differenza tra ebrei e cristiani era che gli uni credevano che il Messia sarebbe venuto in futuro…
Ma i fatto che il Messia sia già venuto, sia stato crocifisso come un semplice ribelle dopo essere stato colpito e disprezzato, e dunque non sia riuscito nell’intento di redimere politicamente il popolo d’Israele dalla condizione degradata in cui questo si trovava in quell’epoca, ha causato l’origine di una serie di opinioni, che si sono formate nel cristianesimo dopo secoli di discussioni:
a) il Messia non è venuto per liberare dall’oppressione politica e dalla depressione economica, ma solo per redimere dal male spirituale.
b) l’oppressione politica è particolare del popolo d’Israele, ma il male spirituale è universale, e quindi Gesù è venuto a redimere il mondo intero.
c) Gesù fu disprezzato e crocifisso come un semplice ribelle: ma tale non era. Come è stato possibile che il Signore abbia permesso che il Suo eletto, il Messia, sopportasse tali terribili sofferenze e venisse sottoposto alla crocifissione la più innaturale delle morti, secondo Cicerone (In Verrem, V, 64) e Tacito (Hist. IV, 3, 11,) — senza salvarlo? Si è costretti a concludere che questa doveva essere la bontà di Dio e del Messia stesso. Le sofferenze e la morte vengono a espiare le colpe di tutta l’umanità. Con il suo sangue il Messia ha redento l’umanità. Con il suo sangue il Messia ha redento l’umanità dal peccato originale del primo uomo: una colpa che ha causato la morte a tutta la sua discendenza. Il Messia è morto di una morte atroce affinché l’umanità venga salvata dal male, dal peccato, dalla sofferenza, dalla morte e dalle forze del Satana che dominano nel mondo — il Satana che tramite le sue opere di seduzione portò la morte nel mondo. L’idea che il Messia espii le colpe degli altri si appoggia su Isaia (cap. 53), facendo riferimento non al popolo d’Israele perseguitato, ma al Messia sofferente: “e sopporterà le colpe dei molti” (verso 12).
d) le sofferenze del Messia non possono però concludersi con una morte infame. E quindi così come, per la credenza ebraica, dopo i giorni del Messia vi sarà la resurrezione dei morti, il Messia è il primo degli uomini a risorgere. Dunque Gesù non è mortale come tutti gli altri: un’affinità particolare lo avvicina a Dio.
e) Dio chiama il Messia: “Tu sei mio figlio, Io ti ho generato” (Salmi 2:7). Gesù durante la sua vita, parlava spesso del “Padre mio che sei nei cieli”. Per gli ebrei, questa era una comune espressione allegorica. Ma i non-ebrei, che per alcuni dei loro grandi uomini, come Alessandro Magno, Platone e Pitagora, dissero che erano nati dagli dei, accoppiatisi con donne mortali, videro in queste espressioni un legame di parentela diretto fra Gesù e Dio. Paolo di Tarso, ebreo di cultura greca, usò l’espressione “figlio di Dio” con un senso vicino a quello pagano, seppur non identico: Gesù e, in quanto Messia, “figlio di Dio” nel senso di essere “uomo celeste”, che non può peccare né morire realmente. Con la sua morte temporanea egli espiò il peccato del primo uomo, e con la sua resurrezione salì in cielo e sedette alla destra del trono celeste, più vicino a Dio di quanto lo fossero gli angeli. Questo fu il primo passo verso la divinizzazione di Gesù. L’ebreo Paolo, ancora non chiama Gesù “Dio”. Il secondo passo fu l’identificazione di Gesù con la “parola”, il “logos”, con il quale fu creato il mondo secondo la concezione ebraica (Pirkè Avoth 5:1). Questa identificazione si trova nel Vangelo di Giovanni (1/1-14).
In seguito fu del tutto naturale che i non-ebrei che Paolo convertì al cristianesimo compissero il terzo ed ultimo passo, identificando in Gesù il “Dio-uomo”, la “persona dotata di due aspetti”, Dio e uomo ad un tempo. Il Messia Gesù lascia il posto al “Gesù Dio-uomo”, al “Gesù Dio” fino a che Cristo diventa l’aggettivo principale di Gesù (“Gesù Cristo” — “Gesù Messia”, e non “Gesù il Cristo”, “Gesù il Messia”). L’essere il Messia, per Gesù, diventa un accessorio della sua divinità.
e) anche dopo essere assurto al livello pari a quello del “Dio-Padre”, Gesù rimane il “Redentore”: e poiché già una volta è apparso sotto le sembianze di un uomo, e già ha salvato il mondo dal peccato e dal male, dalla morte e da Satana, e poiché tutto ciò è ancora nel mondo, c’è da aspettarsi una sua seconda apparizione, la “Parusìa”: in quel giorno egli giudicherà alla destra del Padre tutti gli uomini e salverà i credenti. Così sarà sconfitto Satana e verrà eliminato il male; il peccato, la morte e le forze dell’oscurità scompariranno e il regno dei cieli durerà in eterno.
f) per ora, in “questo mondo”, bisogna rivolgersi a Gesù come a Dio suo padre, e al posto di suo padre. In questo senso egli funge da “intermediario” fra Dio e l’uomo, nonostante che egli stesso sia Dio, e la vera intermediaria sia soltanto Maria sua madre.
Le differenze
Questo è ciò che è diventato nel CristiAnesimo il concetto ebraico del Messia. Il Messia cristiano ha cessato di essere soltanto un uomo, ed ha superato il confine dell’essere mortale.
Il Messia cristiano non è che una ramificazione del Messia ebraico. Dall’ebraismo è derivato al cristianesimo il concetto di redenzione e di Messia-redentore, del “Giorno del Giudizio” e del “regno dei cieli”.
Molto di ciò che è comune fra Ebraismo e Cristianesimo è rimasto nel concetto di Messia anche dopo la separazione fra le due religioni: ma d’altra parte le differenze fra il Messia ebraico e quello cristiano sono grandi e importanti.
Prima di tutto, secondo la concezione ebraica, la redenzione può avvenire anche senza un messia umano. Dio stesso può essere il Redentore. Nel Cristianesimo ciò non è possibile, il Messia è solo Gesù. Senza il Messia ebraico si ha un Ebraismo incompleto; senza il Messia cristiano non si ha affatto il Cristianesimo.
Secondo, per quanto ogni fede comporti un aspetto irrazionale, l’irrazionale che è nel concetto di messia ebraico è soltanto “non-naturale”, in quello cristiano è “anti-naturale”. L’unità di Dio non è affatto intaccata dalla presenza di un messia ebraico. Il Messia ebraico è, come detto, soltanto uno strumento nelle mani di Dio. Nel cristianesimo, il monoteismo viene offuscato dalla presenza del Messia, che è contemporaneamente “figlio di Dio”, “logos”, “Signore”, “Dio-uomo”, “persona dalle due qualità”. Da tutto ciò derivano le altre differenze importanti che ci sono fra il Messia ebraico e quello cristiano: è impossibile pregare al Messia ebraico, perché egli non è intermediario fra Dio e l’uomo, né può intercedere per l’uomo.
Terzo, il Messia ebraico redime il suo popolo e l’umanità intera. Ma non li redime con il suo sangue. L’ebraismo conosce il concetto di “peccato del primo uomo” ma il Messia ebraico non salva con il suo sangue dal “peccato ereditario”, così come non salva dalla morte e da Satana, i quali in effetti scompariranno all’epoca del Messia, ma non per mezzo del Messia, bensì di Dio. L’uomo deve redimere se stesso dal peccato non tramite la fede soltanto, ma anche con il ritorno alla retta via e alle buone azioni, ed allora Dio lo libererà dalla morte e da Satana (che del resto non occupa affatto nell’ebraismo un posto centrale — una sorta di Dio del male dei persiani — come lo occupa nel Cristianesimo).
Infine il progresso dell’umanità non dipende tanto dal Messia ma dall’umanità stessa. Infinite volte nel Talmus si ripete che la salvezza dipende dal pentimento e dal bene agire (Sanhedrin 98a). “L’unica differenza fra questo mondo e l’era messianica è la scomparsa dell’oppressione dei popoli” (Berachoth 34b e altrove).
(trad. e adat. dall’ebraico da Ha–Ra’Aion Ha Meshikhi’ Be Israel di Y. Klausner, Hoz. Massada, Tel Aviv 1950)
Riproduciamo il testo di un manifesto distribuito a Roma il giorno della visita del Papa in Sinagoga, da manifestanti cattolici oltranzisti, probabilmente seguaci del vescovo “dissidente’ Lefebvre. Caifa, secondo il racconto evangelico, era il nome del sacerdote presidente del Sinedrio che condannò Gesù. Il testo del volantino è una sintesi eloquente della tradizione cattolica più radicalmente antiebraica, che si spera venga cancellata dalla Chiesa attuale.
“Papa fermati non andare con Caifa”
12 Aprile 1986
“Ho posto un’inimicizia tra la Donna e il Serpente e i figli della Donna e i figli del Serpente” (Gn. 3,15).L’uomo non deve unire ciò che Dio ha diviso, l’inimicizia fra il Bene e il male. Neanche il Papa può farlo: è solo Vicario di Dio, ma non è Dio.
Chi è il Papa?:
è il Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, Dio fatto uomo e rifiutato dai Giudei: “non cognoverunt, non compraenderunt” (Prologo di San Giovanni).Il Papa è colui che più di tutti deve gridare che solo Gesù Cristo è Dio (con il Padre con lo Spirito Santo); Giovanni Paolo II va alla Sinagoga a dire questo?Dice il Concilio Vaticano I: “Lo Spirito Santo non è stato promesso a Pietro e ai suoi Successori perché esponessero nuove dottrine, ma perché per la Sua assistenza espongano fedelmente e custodiscano il deposito della Fede trasmesso dagli Apostoli”.
Chi sono gli Ebrei?
L’ebreo, non è una questione economica, nazionale, razziale, ma religiosa e teologica. Occorre distinguere fra un Israele spirituale (la Chiesa) e uno secondo la carne: il giudaismo attuale.Già nell’Antico Testamento è visibile l’infedeltà dei Giudei alla Grazia, infedeltà che culmina con il deicidio.I Giudei si definiscono in quanto rifiutano la divinità di N.S. Gesù Cristo, il cattolico è giusto il contrario. Fra i due esiste il massimo di opposizione e di inconciliabilità non possono avvicinarsi senza smettere di essere o giudei o cattolici.
La Sacra Scrittura:
Caifa e il popolo ebreo sono gli autori del deicidio: “il Suo Sangue ricada su di noi e sui nostri figli” (Mt 27,25).”Voi uccideste l’Autore della Vita” (Atti 3,14).I Padri della Chiesa:
San Giustino “Voi avete ucciso il Giusto”.Origine: “Il più grande dei delitti”.Sant’Ambrogio: “Il popolo parricida”.San Gregorio Nazianzeno. “Mani deicide”.San Cirillo d’Alessandria: “Dominicidi”.Secondo i Padri l’attuale popolo ebreo è colpevole della morte di nostro Signore nel senso che rifiutano la divinità di Gesù Cristo attualizzano con ciò il peccato dei loro padri.San Gregorio di Nissa: “Assassini del Signore”.
I teologi:
San Tommaso (III, q. 4) a. 5-6) li accusa di deicidio: “la loro ignoranza non li scusava del delitto… perché era affettata. Essi infatti vedevano i segni evidenti della Sua divinità”. Non è una responsabilità che deriva dalla razza, ma dal professare una religione secondo cui nostro Signore Gesù Cristo, la Seconda Persona della SS. Trinità fatta uomo, deve morire. In ciò sono “giudei” quanti, anche non per razza, rifiutano la divinità di Gesù Cristo, per esempio i massoni. Da allora la lotta fra cattolici ed ebrei non ha cessato e il mondo deve scegliere fra la cristianizzazione (cioè la dottrina, la cultura e la civiltà cattolica) o la giudaizzazione cioè la sostituzione del cristianesimo con qualsiasi altra cosa. “So che sei calunniato da parte di coloro che dicono di essere giudei e non lo sono, ma sono invece la Sinagoga di Satana” (Apoc. 2,9).
Il Magistero (Papi e Concili):
la pratica della Chiesa, le misure di difesa.787 Il Concilio di Nicea: denunzia la falsa conversione degli Ebrei.1179 Concilio Laterano III: proibisce agli Ebrei di tenere servitori cristiani.1217 Concilio Laterano IV: condanna gli usurai ebrei, li obbliga alla restituzione, a portare un abito speciale, proibisce loro i pubblici uffici.1434 Concilio di Basilea: impone agli Ebrei di ascoltare i predicatori cristiani per favorire la loro conversione, impone ai cattolici di non partecipare alle feste ebree.1560 San Pio V “Haebraeorum gens”.”… l’empietà ebraica… si dedicano a sortilegi incitamenti magici, superstizioni, malefizi”… e così di seguito circa una quarantina di Papi.
Con il Concilio Vaticano II gli uomini che occupano i vertici della Chiesa stanno insegnando il contrario e oggi Giovanni Paolo II compie il gesto inaudito di andare con i discendenti di Caifa.Giovanni Paolo II sta facendo per la prima volta tutto quello che gli altri Papi non hanno mai voluto fare.Signore, il Papa sta cambiando la religione!Signore, cambiateci il Papa, dateci un altro San Pio X.
Fraternità Sacerdotale San Pio XVia Trilussa 35 – 00041 Albano Laziale
Per saperne di più
La bibliografia sul tema qui affrontato è enorme. Segnaliamo solo dei testi di particolare rilievo per l’approfondimento di alcuni aspetti.
— Di Cesare Mannucci un’efficace sintesi sul tema Antisemitismo e ideologia cristiana sugli ebrei, Unicopli, Milano 1982; cfr. anche la voce “Antisemitismo” in Enciclopedia delle Religioni, Vallecchi, Firenze 1970.
— Nello stesso testo si segnala per la posizione ebraica sul cristianesimo, la voce di Ariel Toaff, su “Giudaismo e messaggio cristiano”, vol. III, col. 395.
— Sul rapporto ideologico generale tra ebraismo e cristianesimo è dal 1977 disponibile in lingua italiana il classico di Elia Benamozegh, Morale ebraica e morale cristiana, tradotto da E. Piattelli, ed. Carucci.
— I nuovi orientamenti della teologia cristiana sull’ebraismo sono accessibili nelle due opere: Clemens Thoma, Teologia cristiana dell’ebraismo, Marietti, Casale Monferrato, 1983 e Franz Mussner, Il popolo della promessa, Città Nuova, Roma 1982. Importante — ormai anche come documento storico — è di Jules Isaac Gesù e Israele, Nardini, Firenze 1976. Una raccolta di documenti e interventi di entrambe le parti (dove però l’esiguità da parte ebraica è indicativa), è in L. Sestieri — G. Cereti Le chiese cristiane e l’ebraismo — 1947–1982 Marietti, Casale Monferrato, 1983. sulla posizione di un rabbino (riformato, americano) vista da un sacerdote gesuita italiano, cfr. Sergio M. Katunarich Lo spirito del dialogo ebraico–cristiano in Samuel Sandmel, Marzorati, Milano 1982.
— Note e commenti all’articolo di Soloveitchik sono pubblicate in lingua ebraica dal dr. Arieh Strikovski, in appendice alla traduzione ebraica del suo articolo (“‘Imut”, pubbl. dal Misrad haChinuykh wehaTarbut, haMachlaqaà le Tarbut Toranit, Jerushalaim 5738-1978).
— Espressioni di un serio e rispettoso interesse per la realtà ebraica sono due riviste italiane trimestrali: il Bollettino dell‘‘“Amicizia ebraico–cristiana” di Firenze (CP 282-50100), e il periodico Sefer — Studi Fatti Ricerche (Milano, Via Boccaccio 27, 20123). Nell’ultimo numero di Sefer (n. 33, Gennaio-Marzo 1986, p. 13-17) si segnala un’importante messa a punto sul problema dello Stato d’Israele di Renzo Fabris: “Lo Stato d’Israele nelle relazioni ebraico-cristiane”.
Un’importante valutazione contrapposta sul significato della visita del Papa comparirà nel prossimo numero di Torath Chayyim.
Inserto a cura di Shalom Bahbout, Gianfranco Di Segni, Riccardo Di Segni.