Una ricerca fotografica
Il cimitero ebraico a Venezia
L’istituzione dei cimiteri come luoghi di sepoltura comune presso gli Ebrei risale al periodo post-biblico, essendo fino ai tempi della redazione del Talmud usanza generale la sepoltura in sepolcri di famiglia nei luoghi di proprietà dei defunti. Le tombe erano in genere contrassegnate solo da una pietra bianca senza iscrizioni (Ziyyun le nefesh) di monito contro i predatori.
Con l’istituzione dei ghetti, in periodo medievale, i cimiteri ebraici erano posti a un’estremità del ghetto stesso, in una parte di terreno che includeva anche lo speciale edificio in cui avveniva l’abluzione dei morti e nel quale venivano recitate anche le preghiere per i defunti. A causa dell’esiguità dello spazio dato in concessione per i cimiteri ebraici, i morti venivano spesso sepolti uno sull’altro sotto diversi strati di terreno.
A Venezia, l’antico cimitero ebraico è situato sulla strada che, lungo la laguna, va da S. Elisabetta al monastero di S. Nicolò di Lido. Gli odierni limiti dell’area del cimitero non coprono che una parte dell’originaria antica necropoli, che si espandeva sul lato nord verso S. Nicolò, nella zona attualmente occupata dal poligono di tiro.
Quando nel 1929 il Comune di Venezia decise di espropriare una striscia di terreno antistante la laguna, di proprietà del cimitero, per costruire una strada, circa 300 tombe dovettero essere rimosse. Durante gli scavi si scoprì che al di sotto di queste lapidi esisteva un secondo strato di tombe. Mentre le tombe in superficie erano disposte disordinatamente ed appartenevano a varie epoche, quelle dello strato sottostante erano invece ordinate cronologicamente. È pertanto assai probabile che questo secondo strato sia il più antico, ma sarebbero necessari sistematici lavori di sterro in tutta la zona per poter avere la conferma di tale intuizione.
Sino ad oggi sono state catalogate circa mille tra lapidi e frammenti, appartenenti in maggioranza ai secoli XVI e XVII, all’epoca in cui, cioè, molte famiglie ebraiche sfuggite all’Inquisizione e provenienti dalla Spagna e dal Portogallo, poterono stabilirsi a Venezia.
Malgrado le persecuzioni subite, molte di queste famiglie – alcune delle quali di origine nobiliare (hidalgos) – avevano potuto in parte mantenere le loro ricchezze; spesso le loro lapidi recano stemmi araldici e insegne nobiliari quali leoni, aquile, torri, corone ecc.
La maggioranza delle iscrizioni tombali è redatta in ebraico; soltanto alcune lapidi riportano iscrizioni bilingui (spagnolo o portoghese/ebraico oppure italiano/ebraico) e soltanto una, tra quelle riportate alla luce è interamente scritta in italiano. Per le iscrizioni sono impiegate tanto la prosa che la poesia, spesso frammiste tra di loro e la lingua ebraica usata è totalmente derivata dallo stile e dal linguaggio biblico.
Alcuni importanti personaggi furono sepolti nell’antico cimitero di Venezia; tra questi, famosi rabbini, il grammatico Elia Levita, la poetessa Sara Copia Sullam e Leon da Modena (poeta, letterato, poligrafo, filosofo e teologo – una delle più straordinarie figure dell’Ebraismo italiano del Rinascimento), autore tra l’altro di alcune tra le più belle e significative iscrizioni tombali.
Compaiono sulle lapidi i nomi i famiglia ancor oggi presenti a Venezia discendenti soprattutto dai Marrani spagnoli e portoghesi, che costituivano il ceppo più cospicuo tra gli Ebrei veneziani, quali gli Aboab, i Valensin, i Carvalho, i Pappo ecc.
B. Canarutto
La ricerca fotografica sul cimitero ebraico di S. Nicolò, curata da Canarutto, ha lo scopo di rendere attraverso l’immagine, la testimonianza della presenza ebraica in una delle città più importanti del mondo antico, a partire dagli ultimi decenni del Medio Evo fino alle soglie dell’epoca moderna; una città, Venezia, di particolare importanza in quanto «trait d’union» tra la civiltà occidentale e quella orientale, grazie ai suoi commerci, per la grandezza della quale anche i mercanti ebrei che vi giungevano da ogni angolo d’Europa e del bacino mediterraneo, sempre operarono, pur se limitati nelle loro azioni e confinati entro le mura del ghetto dalle autorità civili e religiose.
Il gruppo di fotografie presentate in questa mostra non è che una piccola parte della ricerca eseguita recentemente, che fa parte di una ben più vasta e completa monografia, attualmente in fase di avanzata redazione, che verrà prossimamente pubblicata.
La parte fotografica verrà inoltre presentata nei prossimi mesi nell’ambito di una mostra organizzata dal Museo della Diaspora di Tel Aviv.