“Poi prenderà i due capri e li presenterà davanti all’Eterno all’ingresso della Tenda della radunanza. E Aronne trarrà le sorti per vedere qual delle due debba essere dell’Eterno e quale di Azazel” (Levitico 16:7-8). La parashà di Acharè Mot parla del servizio speciale che il Sommo Sacerdote deve svolgere nel Santuario, ogni anno, durante il giorno di Kippur. Questo servizio includeva il sacrifico di due capri per espiare i peccati della nazione. Il Sommo Sacerdote doveva tirare a sorte per determinare il destino delle capre: una capra sarebbe stata offerta in sacrificio nel Santuario, il suo sangue spruzzato nel Kodesh Hakodashim (il Santissimo, la parte più interna del Santuario dove era custodita l’Arca dell’alleanza) mentre l’altra sarebbe stata inviata ad “Azazel”, gettata in un dirupo nel deserto fuori Gerusalemme, a simboleggiare l’esilio dei peccati del popolo ebraico.
Rav Moshe Alshikh (Safed, 1508-1593) solleva la questione del perché la Torah richieda che il Sommo Sacerdote tiri a sorte quale capra tenere per il sacrifico nel Santuario e quale mandare fuori nel deserto. Perché il Sommo Sacerdote non poteva scegliere di proprio arbitrio?
L’Alshikh risponde a questa domanda basandosi sui commenti del Midrash riguardo ad una storia raccontata nel Libro dei Re (I Re cap. 18). Il profeta Elia radunò il popolo d’Israele sul Monte Carmelo, dove lanciò una sfida ai profeti del dio pagano Baal. I profeti pagani avrebbero offerto un sacrificio alla loro divinità, mentre lui avrebbe offerto un sacrificio a Dio. Il sacrificio che avesse ricevuto risposta si sarebbe dimostrato il vero culto. Dio rispose al sacrificio di Elia con un fuoco celeste, dimostrando a tutto il popolo che Egli è il vero Creatore che governa l’universo. Il profeta Elia invitò i profeti di Baal a scegliere uno dei due tori per la loro offerta e ne selezionarono uno. Il Midrash racconta che il toro si rifiutò di seguire i profeti pagani, poiché non desiderava essere offerto in sacrificio a una falsa divinità. Elia si avvicinò quindi al toro e gli sussurrò all’orecchio, esortandolo a muoversi: “Dovresti sapere, disse Elia al toro, che anche attraverso te il Nome del cielo viene santificato, quando vedranno che per te non uscirà fuoco dal cielo, come accadrà per il Signore”. Il toro allora accompagnò i profeti di Baal.
L’Alshikh spiega che se il Sommo Sacerdote scegliesse arbitrariamente la capra da mandare nel deserto, questa invidierebbe l’altra capra che avrebbe il privilegio di essere sacrificata davanti al Signore nel Santuario. È proprio per evitare questa invidia, o risentimento, che la Torah ordina al Sommo Sacerdote di tirare a sorte. In questo modo, la capra destinata ad essere portata nel deserto non si sarebbe risentita del Sommo Sacerdote per averla designata a questo scopo.
L’Alshikh aggiunge, inoltre, che è per questo motivo che la Torah, dopo il sorteggio, sottolinea che il capro designato al deserto “rimarrà vivo davanti a Dio/yaomad chay lifneh Hashem” (Levitico 16:10). Anche la capra destinata al deserto è speciale perché è stata scelta per essere portata “davanti a Dio” per espiare le colpe di tutto il popolo.
L’Alshikh evidenzia alla fine una curiosità: l’interpretazione del Midrash sembra alludere al fatto che la Torah possa occuparsi dei sentimenti di una capra.
La capra, naturalmente, non può comprendere la differenza tra il suo destino e quello per l’altra capra, sia se determinato da un sorteggio sia dalla scelta arbitraria del Sommo Sacerdote. Tuttavia, spiega l’Alshikh, l’intento della Torah è quello di metterci in guardia sui pericoli della gelosia. La Torah richiede un sistema progettato per evitare l’invidia della capra – anche se la capra, ovviamente, non prova gelosia – per insegnarci che dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per far si che l’invidia non sia un sentimento che ci domini fino al punto di “portarci fuori dal mondo”.
L’invidia è un’emozione molto potente, che può distruggere le relazioni e infliggere gravi danni. La sorte lanciata dal Sommo Sacerdote durante il giorno di Kippur ci insegna fino a che punto dobbiamo spingerci per evitare di provare, e provocare, invidia, in modo da evitare le conseguenze catastrofiche di questa cattiva attitudine, Shabbat Shalom!”